Varazze. Si è infiammata in questi giorni la protesta contro il permesso rilasciato a C.E.T. (Compagnia Europea per il Titanio, codice Ateco che prevede “Produzione di metalli di base preziosi e altri metalli non ferrosi”) da Regione Liguria per realizzare una ricerca mineraria, in parte nel territorio del Parco regionale del Beigua. Ma le origini della vicenda risalgono al 2015 quando l’azienda ha presentato la prima istanza a Regione Liguria, respinta, per ottenere l’autorizzazione per poter effettuare una ricerca mineraria.
Infatti, nell’aprile 2015 C.E.T. avanza la domanda per ottenere “il permesso – si legge nella successiva risposta di Regione Liguria – di ricerca mineraria per minerali di titanio, granato e minerali associati nei comuni di Sassello e Urbe” in provincia di Savona”. La Regione, nel luglio del 2015, nega l’autorizzazione dopo aver preso atto dei pareri contrari dei Comuni interessati, dell’Ente Parco Naturale Regionale del Beigua che aveva sottolineato che sarebbe stato possibile “asportare rocce, minerali e fossili” solo previa autorizzazione dell’Ente ed esclusivamente per “ricerche scientifiche o per gli accertamenti geognostici necessari ad eseguire interventi ammissibili”.
Nel frattempo la società impugna tre provvedimenti: il decreto di Regione Liguria, il parere del Direttore dell’Ente parco del Beigua con il quale si opponeva e la deliberazione del Consiglio regionale della Liguria con il quale di fatto si negava la possibilità senza autorizzazione dell’Ente. Così presentano ricorso al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) e nel marzo 2020 viene emessa la sentenza che respinge il ricorso “perché – come è stato riportato nelle motivazione della sentenza – risulta infondato nel merito“.
Allora C.E.T. chiede la procedura di Valutazione di impatto ambientale all’autorità competente, il Ministero dell’Ambiente. La Via è l’applicazione del principio di precauzione, una dei cardini dell’ordinamento comunitario. E’ quindi un documento necessario al fine di assicurare, come riconosciuto nel Decreto Legislativo 186 del 2010, che “l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile nel rispetto dell’uomo, della flora, della fauna, del suolo, delle acque, del clima, dei beni materiali e del patrimonio culturale”.
Interviene il Ministero dell’ambiente che risponde con l’archiviazione dell’istanza giustificando l’inutilità di avviare la procedura per “l’assenza di interventi che possano, anche potenzialmente, apportare modifiche all’ambiente naturale o al paesaggio” e quindi “si ritiene che le attività di ricerca previste dal progetto” presentato dalla società “non possano costituire di per sé oggetto di valutazione”.
La Compagnia Europea per il Titanio nell’agosto 2020 ha riformulato istanza alla Regione per il “conferimento, per anni tre, del permesso di ricerca, per minerali solidi (titanio, granato e minerali associati) sul monte Antenna, nei Comuni di Urbe e Sassello (Savona), volto ad effettuare indagini preliminari finalizzate a valutare la distribuzione (areale e superficiale), cioè a definire le concentrazioni delle mineralizzazioni di rutilo presenti nell’area in esame, in modo da implementare ed aggiornare i dati esistenti”.
Nel febbraio 2021 la Regione ha autorizzato la ricerca mineraria da parte della società dopo aver raccolto il parere favorevole di Arpal, Asl2 e Provincia di Savona. Rimangono contrari l’Ente Parco del Beigua e i Comuni di Sassello e Urbe. “L’area di ricerca proposta – così la Regione giustifica la sua decisione -, dell’estensione complessiva di 458 ha, ricade per circa 229 ha nel territorio del Parco Naturale regionale del Beigua”. Può essere condotta “l’attività di ricerca mineraria con modalità che non alterano lo stato dei luoghi, come già osservato dal Ministero dell’Ambiente”, ma non è possibile “l’estrazione mineraria non essendo ammissibile nell’ambito di tale territorio”.
La decisione ha scatenato sia i rappresentanti del mondo politico che dell’associazionismo. Le associazioni ambientaliste hanno proposto una petizione online con l’obiettivo di raccogliere 15mila firme. In consiglio regionale si sono opposti i consiglieri di minoranza Pastorino (Linea Condivisa) e Candia (Lista Sansa) mettendo sotto accusa l’assessore Scajola per aver autorizzato l’estrazione del titanio. Scajola ha risposto respingendo queste accuse sostenendo che “non vi sarà alcuna attività di cava: lo studio verrà condotto senza alcun prelievo né alcun intervento sul territorio“.