Sdegno

Omicidio Savona, Non Una Di Meno e altri firmatari a IVG: “Narrazione tossica, giustificato l’assassino e colpevolizzata la vittima”

Il comunicato di alcune associazioni e singoli cittadini dopo la tragedia di piazza delle Nazioni e la replica del direttore responsabile

Piazza Nazioni Savona

Savona. Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato stampa e richiesta di rettifica a firma di “Non Una Di Meno Savona”, “Unione Donne Italiane”, “Il Collettivo SE”, “Savona Disarmo”, “Teatro 21” e 103 singoli/e cittadini/e in merito a un articolo di IVG sull’omicidio di Danjela Neza. Segue in calce replica del direttore responsabile.

Il comunicato

In seguito all’articolo relativo al femminicidio di Danjela Neza da voi pubblicato il 6/05/2023, NonUnaDiMenoSavona e molti altri gruppi e soggettività locali non possono esimersi dall’esprimere il proprio sdegno e la propria rabbia per il modo in cui è stato riferito quanto è accaduto a Savona la notte del 5 maggio.

Vogliamo sottolineare come la narrazione tossica pervada l’intero articolo, infatti tiene al sicuro l’omicida già a partire dal titolo: “Spara alla testa della ex che lo ha lasciato, l’ultimo incontro diventa una trappola mortale”. Non compare alcun soggetto responsabile dell’omicidio, solo una ex, non si sa bene di chi, che è stata tanto imprudente da accettare un ultimo incontro, un comodo stratagemma narrativo per permettere all’opinione pubblica di dire che queste tragedie non accadrebbero se solo le donne non accettassero di presentarsi a questi “ultimi incontri”.

Compaiono inoltre le nazionalità di entrambi, come se fosse un aspetto che possa in qualche modo giustificare la vicenda: “un uomo di 27 anni originario della Guinea, Safayou Sow, ha ucciso, sparandole alla testa, Danjela Neza, 29 anni, di origini albanesi.” Invece i dati dimostrano che la maggior parte degli autori di femminicidio in Italia sono italiani e che di conseguenza il fenomeno ci riguarda direttamente, come donne a prescindere dalla provenienza nostra o del nostro partner.

Viene poi scritto che la donna uccisa aveva qualche precedente penale, mentre l’omicida era incensurato: “Danjela aveva qualche piccolo precedente e un ammonimento della questura, ma per una vicenda che non riguarda i rapporti con Sow.”; ancora una volta ci si potrebbe chiedere in che modo questa informazione sia utile ai fini della comprensione dell’evento. Aggiungere un’informazione di questo genere significa sottintendere che in fondo Danjela è stata una persona che si è andata a cercare situazioni pericolose, che se fosse stata più attenta non sarebbe successo niente, che alla fine dei conti è lei la responsabile della sua morte

Come se non fosse abbastanza, viene aggiunto che lei avrebbe scatenato la furia omicida insultando l’aggressore. Oltre ad aver giustificato il gesto dell’uomo IVG ha costruito un articolo con lo scopo di incolpare Danjela della sua stessa morte, imputandola come responsabile delle azioni del femminicida “lo aveva anche insultato, facendogli scattare la furia omicida.”. Invece di raccontare di un femminicidio e della violenza di genere che sta alla base di questo atto, IVG ha pubblicato una storia in cui la vittima, a causa dei suoi comportamenti, sarebbe responsabile della propria morte; mentre il femminicida viene descritto come incensurato lavoratore provocato dagli insulti della ex, eppure è stato lui a decidere di presentarsi all’incontro con Danjela con un’arma da fuoco.

Oggi più di ieri abbiamo la prova che il vostro tipo di giornalismo è complice della cultura della violenza sulle donne perché si ostina a dare giustificazioni a tutti gli uomini che massacrano, stuprano e uccidono, definendoli come brave persone colti da raptus, “troppo innamorati” o pazzi, mentre la vita privata delle donne è oggetto del vostro giudizio e la loro memoria è oltraggiata ogni volta che nei vostri articoli mettete l’accento sulla vittima solo ed esclusivamente per colpevolizzarla.

Nel 2017, nel nostro Piano Femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere abbiamo denunciato il ruolo strategico che i mezzi d’informazione svolgono nell’alimentare o contrastare la violenza maschile contro le donne. Esistono carte deontologiche che dovrebbero essere rispettate (Manifesto di Venezia 2017), Convenzioni Internazionali che dovrebbero essere attuate (Istanbul 2011), Commissioni per le pari opportunità (FNSI) che dovrebbero essere ascoltate, incontri di formazione che dovrebbero essere chiarificatori della funzione del linguaggio anche in materia di violenza.

Ci rifiutiamo di accettare ancora articoli come questo che giustificano, comprendono e accettano condotte violente e patriarcali e chiediamo pubblicamente una vostra rettifica ufficiale e le scuse alla vittima, ai suoi cari e all’intera cittadinanza, insultata dalla superficialità da voi dimostrata.

La replica del direttore responsabile Andrea Chiovelli

Innanzitutto sentite condoglianze alla famiglia di Danjela, colpita da un dolore indicibile. Abbiamo atteso il giorno dopo il funerale per dare visibilità alla vostra richiesta (arrivata nei giorni scorsi) perché quello era il momento del dolore, e non mi sembrava il caso di esporre la famiglia a una polemica simile.

Venendo al comunicato, spiace innanzitutto un attacco simile da parte di associazioni che dovrebbero ben conoscere l’attenzione di IVG sul tema della violenza sulle donne, sia per la visibilità data regolarmente alle loro iniziative e battaglie, sia per la ripetuta collaborazione con lo Sportello Antiviolenza Artemisia Gentileschi, sia per iniziative concrete a cui collaboriamo (l’ultima due settimane fa, una raccolta fondi per le donne ucraine violentate durante la guerra).

Entrando nel merito, pur comprendendo l’amarezza delle associazioni per alcuni elementi dell’articolo, ritengo che una simile contestazione denoti una totale mancanza di conoscenza dei meccanismi della comunicazione giornalistica. Vengono contestati 4 punti che però sono presenti in modo identico in tutti gli articoli di tutte le testate giornalistiche, cartacee e digitali, locali e nazionali, e persino nelle agenzie di stampa: un particolare che sarebbe immediatamente emerso se le associazioni avessero fatto anche solo una rapidissima verifica, e che già da subito avrebbe dovuto far riflettere sul fatto che forse l’inclusione di quelle informazioni non era così insolita o fuori luogo. Analizziamo nel dettaglio.

1) Il tema del cosiddetto “ultimo incontro“: è un dato chiave della notizia, e non contiene alcun elemento di critica verso la vittima. L’articolo si limita a riferire la circostanza dell’omicidio, e davvero non comprendo come questo possa in qualsiasi modo connotare negativamente il comportamento della povera Danjela. Per inciso, il dettaglio è stato incluso da tutti i giornali.

2) Le nazionalità: tre osservazioni. La prima: è un dato anagrafico, viene incluso in ogni articolo di cronaca in cui compaiono le generalità dei protagonisti. Non contiene alcuna critica, è un semplice dato di fatto. Perché non contestare allora l’inserimento dell’età? Seconda osservazione: se qualcuno leggendo “di nazionalità albanese” pensa che questo possa in qualche modo sminuire la vittima, forse il pregiudizio razziale è negli occhi di chi legge… Terza e ultima: non comprendo in che modo il fatto che si tratti di stranieri possa minare il dato che “invece di solito gli autori di femminicidio sono italiani”. Abbiamo scritto – purtroppo – molti articoli su femminicidi italiani. Non “scegliamo” noi la nazionalità delle persone coinvolte, noi ci limitiamo a riferire dati oggettivi. E naturalmente anche le nazionalità erano su tutti i quotidiani, di qualsiasi genere e diffusione.

3) L’insulto come causa scatenante. Anche qui, è una circostanza essenziale del delitto: questa è la ragione per cui Sow sostiene di aver sparato. E’ stata riferita dalle forze dell’ordine in un punto stampa e quindi – ancora una volta – riportata da tutti i giornali, spesso anche nel titolo. Non capisco come questo possa “giustificare” Sow. Se Sow avesse riferito di aver ucciso per gelosia, o per una minigonna, o per un furto, avremmo riportato questo. Il nostro compito è riferire le informazioni, non inventarle o modificarle solo perché possono amareggiare il lettore. Sow ha sostenuto chiaramente di aver ucciso per l’insulto, gli inquirenti hanno specificato questo punto più volte, e quindi questa è l’informazione in tutti gli articoli di tutti i media. Davvero non capisco in che modo questo possa rappresentare una giustificazione per l’assassino: dove è scritto che se uno mi insulta posso sparargli?. Credo che tutto dipenda da chi legge e dal tipo di reato. Se invece di un femminicidio avessimo raccontato che “Commesso insulta cliente, lui prende la pistola e spara”, oppure “Tifoso avversario lo insulta, lui lo picchia con la spranga” ci avreste ugualmente visto una “giustificazione”?

4) I precedenti della vittima. Questo è l’unico punto in cui comprendo le perplessità delle associazioni firmatarie: perché inserire questa informazione, che a prima vista appare irrilevante? E’ la stessa domanda che mi sono fatto quando le forze dell’ordine hanno diffuso ufficialmente questo dettaglio, a poche ore dal femminicidio. Se ci stava riferire che Sow era incensurato e integrato, dato che ne definiva la pericolosità pregressa (so che tutti in questi frangenti vorrebbero “il mostro”, ma le cose vanno raccontate per quello che sono), perché raccontare di lei? In simili frangenti, non avendo il quadro completo della vicenda, a noi giornalisti non rimane che fidarci della valutazione delle forze dell’ordine che scelgono di diffondere l’informazione. A poche ore dal delitto, non sappiamo (ancora) se sia rilevante: potrebbe in seguito emergere che quei precedenti siano in qualche modo concausa dell’omicidio. Per inciso, la Questura di Savona è particolarmente attenta al tema della violenza sulle donne dato che attualmente ha a capo Alessandra Simone, ossia proprio colei che ha ideato il Protocollo Zeus (quello con cui la Polizia di Stato punta a prevenire la violenza di genere, qui un lungo approfondimento di IVG) e che da anni promuove iniziative concrete sul tema (l’ultima pochi mesi fa, “We Run For Women”, qui lo speciale di IVG). In quel contesto, quindi, abbiamo ritenuto che che chi indagava avesse una ragione per diffondere quel dettaglio nelle proprie dichiarazioni ufficiali, e lo abbiamo incluso. La stessa scelta è stata fatta, ancora una volta, da tutti i media che hanno scritto del delitto, senza eccezioni.

Concludo invitando le associazioni firmatarie a un incontro dal vivo per confrontarsi in modo più diretto e proficuo (i miei contatti sono tutti pubblici): da un lato siamo i primi a voler raccontare ciò che accade “in modo corretto” e il confronto ci sarebbe utile per migliorarci, dall’altro è anche importante che chi gestisce una associazione – e per questo si confronta regolarmente con il mondo dell’informazione – abbia chiare alcune dinamiche che a un non addetto ai lavori possono comprensibilmente sfuggire nella sofferenza del momento. Sostenere che un giornale ha “costruito volontariamente un articolo per giustificare un omicida” è una accusa gravissima – della quale, se lo volessimo, potremmo chiamare a rispondere ognuno dei singoli firmatari in altre sedi – e prima di lanciarla con leggerezza si dovrebbero almeno avere minime basi su cui sostenerlo.

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