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In Liguria il progetto apripista: il Coronavirus si cerca nelle fogne “per anticipare i picchi di 2 settimane”

Il sistema è già attivo anche a Savona: 27 depuratori di tutta la regione monitorati da Arpal e Università di Genova. Risultati analisi entro 24-48 ore dal prelievo

scarico fogna

Liguria. Farà da apripista a livello nazionale il progetto presentato oggi da Regione, Arpal e Università di Genova che prevede il monitoraggio periodico sulle acque fognarie di 27 depuratori della Liguria, corrispondenti alla maggior parte degli abitanti, per individuare tracce di coronavirus con due settimane di anticipo rispetto allo screening coi tamponi e intervenire subito con misure mirate.

“Il sistema ci consente di ottenere risultati in 24-48 ore andando a individuare anche tutti gli asintomatici con 15 giorni di anticipo rispetto alla campagna di tamponi – spiega Elena Nicosia, biologa di Arpal -. In questo modo è possibile riuscire a tenere sotto controllo ambiti molto piccoli e possiamo monitorare anche le stazioni turistiche in vista della riapertura delle attività. Se ci dovessero essere allarmi potremo intervenire puntualmente e non su tutta la Regione”.

“Il processo si compone di quattro step – specifica Mauro Mariotti, docente del dipartimento di scienze naturali dell’Università di Genova -. Anzitutto il campionamento sulle acque reflue, poi la concentrazione, l’estrazione del materiale genico e infine l’analisi dei dati. È stata molto importante la condivisione del metodo, che in futuro potrà essere utile anche per rilevare la presenza di altri virus, sperando che non ce ne sia bisogno”.

“È un metodo che ci consentirà di monitorare in maniera ancora più tempestiva il diffondersi del Covid nella nostra regione e in particolare nei quartieri della città metropolitana di Genova – ha commentato il presidente ligure Giovanni Toti -. Il tracciamento effettuato soprattutto dalla seconda ondata in poi con grande velocità è stato uno dei fattori che ci ha consentito di gestire al meglio l’epidemia e intervenire con misure di chiusura a Imperia e Savona. Questo è un ulteriore mezzo di controllo e un passo in più verso la rilevazione dell’incidenza senza aspettare il cruscotto di comando dell’Iss che resta la barra di comando di tutta l’epidemia ma spinge ad agire talvolta con alcune giornate di ritardo”.

In Liguria il sistema è già attivo a Savona, a Genova e negli altri due capoluoghi di provincia oltre che nei comuni sopra i 10mila abitanti. I primi campionamenti sono iniziati a luglio 2020 in forma sperimentale, ma fino a gennaio Arpal e Università hanno lavorato per mettere a punto il metodo visto che i campioni congelati non restituivano risultati soddisfacenti. Attualmente i campionamenti vengono eseguiti una volta alla settimana nei 7 depuratori principali nelle quattro province liguri e con minore frequenza sugli altri 20, ma l’obiettivo è quello di tenere sotto controllo anche i centri più piccoli arrivando a un livello di analisi sempre più capillare.

I risultati si misurano in copie geniche per litro e i risultati finora ottenuti variano da 1.000 a 10mila, con tracce di virus in tutti i depuratori. Il numero non corrisponde alla quantità di abitanti infetti nell’area servita dall’impianto, ma permette di valutare le variazioni nel tempo. Un eventuale picco nei campioni analizzati potrà suggerire un improvviso aumento dell’incidenza ancora prima rispetto all’analisi dei tamponi.

Nell’arco di pochi mesi, grazie a un finanziamento di 160mila euro complessivi da parte della Regione, Arpal ha provveduto ad allestire e rendere operativa una nuova linea analitica nella sede centrale: attrezzatura di ultima generazione per l’estrazione del materiale genico e virale, supercentrifughe refrigerate e due differenti Pcr (macchine per la reazione a catena della polimerasi, una tecnica di biologia molecolare utilizzata per individuare le tipologie virali analizzate) permettono ora di analizzare in autonomia campioni ambientali, prelevati sia nelle acque reflue, sia su altre superfici o matrici.

“Il ruolo del nostro Ateneo – afferma Federico Delfino, rettore di Unige – è non solo formare le giovani generazioni ma anche sviluppare attività di ricerca applicata che oggi, in diversi settori dell’Ateneo, è focalizzata sul contrasto al Covid-19. Questo risultato decisamente importante è frutto della proficua collaborazione tra Regione e Università, tra enti che sviluppano attività di ricerca come Arpal e i nostri dipartimenti e mette insieme sinergie che provengono da diversi ambiti di sapere del nostro Ateneo generalista. È un bel risultato per la nostra Università”.

Rispetto ad altri metodi con una tempistica molto più lunga di rilevazione e analisi, questa versione ottimizzata ‘made in Liguria’ riconosciuta dall’Iss – spiega il direttore generale di Arpal Carlo Emanuele Pepe – è adesso utilizzata come metodo ufficiale in tutta Italia e soddisfa la richiesta della Commissione Europea relativa alla sorveglianza sistematica del Sars-CoV-2 e delle sue varianti nelle acque reflue. In sostanza, abbiamo garantito una migliore efficacia ed efficienza della rilevazione, con risultati delle analisi su campioni freschi entro 24-48 ore dal prelievo“.

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