Savona. E’ sempre più al centro della bufera l’indagine commissionata dal “Comitato Giovanni Toti Liguria” ed effettuata da Ipsos in cui, tra le altre, venivano poste due domande sul rigassificatore. La prima: “Nel 2026 è previsto lo spostamento del rigassificatore galleggiante (nave rigassificatore) dal Porto di Piombino a Vado Ligure, Lei ne era a conoscenza?“. La seconda: “Secondo Lei, la presenza del rigassificatore a Vado Ligure è… (le quattro risposte possibili erano “indispensabile”, “necessaria”, “inutile”, “dannosa”).
Da subito contestata per la scelta di svolgere la ricerca sull’intera regione (per i comitati contrari all’opera il campione, per essere significativo, avrebbe dovuto essere molto più ristretto), ora l’indagine finisce anche nel “mirino” dell’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
La contestazione: “Manca nota informativa, quindi non è un sondaggio”
Sollecitata dalla “Rete savonese Fermiamo le fonti fossili“, Agcom ha ribadito le regole di base per poter definire una simile indagine “sondaggio”. Tra questi obblighi (che – spiega l’Autorità – “scattano solo ed esclusivamente nel caso in cui i risultati della descritta indagine vengano effettivamente riportati dai media locali“, cosa accaduta nel pomeriggio del 26 dicembre), c’è la pubblicazione della nota informativa, “redatta a cura del soggetto realizzatore del sondaggio, entro 48 ore dalla pubblicazione del sondaggio“. Di tale nota informativa, però, al momento nella apposita sezione del sito non c’è traccia, nonostante dalla divulgazione della ricerca siano ormai trascorse quasi 70 ore.
Agcom ricorda inoltre che rientrano nel suo ambito di competenza “solo le rilevazioni che rivestano i crismi di cui al regolamento allegato alla delibera 256/10/CSP” (quindi i sondaggi d’opinione, elettorali o politici) e spiega che, “qualora il soggetto realizzatore non sia in grado di individuare tutti gli elementi richiesti, la rilevazione condotta non può essere denominata sondaggio sul mezzo di comunicazione di massa che ne riporti al pubblico i risultati”. L’Autorità suggerisce, in questi casi, la denominazione di “manifestazione d’opinione”, che indica – recita l’allegato A della delibera citata – “modalità di raccolta di opinioni senza valore scientifico, basata su quesiti rivolti in modo sistematico […] che non ricorre a procedure di campionamento ma si basa sulla partecipazione spontanea di lettori, telespettatori o utenti web, volta a permettere al pubblico di esprimere le proprie preferenze o il proprio parere in merito a diversi argomenti […] il cui risultato non può essere generalizzato“.
La mancata pubblicazione sul sito Agcom, in sostanza, implicherebbe secondo la Rete l’obbligo di “derubricare” l’indagine a semplice “manifestazione d’opinione”, senza alcuna rilevanza. Una questione non secondaria, dato che il soggetto realizzatore – Ipsos – è una multinazionale leader del settore, e che il “sondaggio” – stando a quanto diffuso da Regione Liguria – sarebbe stato fatto rispettando in effetti un rigoroso criterio demoscopico per la composizione del campione.
La replica di Regione: “Campione demoscopico”
“L’indagine – fanno sapere da Genova – è stata realizzata con interviste telefoniche su un campione di 800 maggiorenni residenti in Liguria, segmentati per sesso, età, provincia di residenza, in base alla struttura socio-demografica regionale. Dunque gli intervistati sono percentualmente divisi sulle singole provincie a seconda del numero di abitanti, per fasce di età a seconda della rilevanza percentuale della stessa sulla base demografica, sul sesso sulla base delle percentuali donna uomo sul totale della popolazione. Indentico criterio riguarda il titolo di studio, occupati disoccupati e ogni altro parametro distintivo. La ricerca è stata realizzata da Ipsos nella prima quindicina di giorni di dicembre 2023″.
Il vero tema: come interpretare campione e risultati
Sondaggio o non sondaggio, dunque? Quel che è certo è che, al di là delle disquisizioni formali, la vera discussione riguarda la scelta di effettuare l’indagine su scala regionale. Che sia stata voluta o meno (non si tratta di un sondaggio ad hoc: le due domande sul rigassificatore erano la numero 26 e 27 di un omnibus più ampio), è stata in ogni caso difesa da Toti con la motivazione che l’opera non interessa solamente il territorio in cui verrà realizzata ma l’intero Nord Italia. Mentre chi contesta – come #quellidellaCATENA – pone l’accento sulla difficoltà, per un imperiese o uno spezzino, di esprimere una opinione motivata su un tema “distante” come quello dello spostamento della Golar Tundra a Vado Ligure.
Anche la lettura dell’esito cambia a seconda dello “schieramento”: a chi punta sul 60% di favorevoli, i contestatori rispondono sottolineando il 40% di liguri contrari nonostante l’opera impatti negativamente solo su una piccola parte di popolazione (al massimo 100mila liguri su 1,5 milioni, quindi il 6,7%). E invocando a gran voce la pubblicazione dei dati per provincia.

I dati per provincia: a Savona contrario il 45%
I numeri disaggregati, per il momento, non sono ancora stati forniti. Qualcosa, però, nelle slide diffuse tre giorni fa c’è. Gli uomini risultano essere più informati e più favorevoli rispetto alle donne; i giovani sono più favorevoli degli adulti, nonostante i più informati siano i liguri tra i 45 e i 54 anni. Su tutto, però, spiccano due dati. La provincia in cui è più alta la percentuale di contrari è, manco a dirlo, Savona: il 45% (contro il 40% a livello regionale). Mentre la provincia con la percentuale più alta di persone che non conosce il tema è proprio La Spezia (36%), a confermare i timori espressi da chi contesta l’estensione geografica del campione.

Il totale misterioso, che tanto misterioso non è
Meno significative invece le contestazioni riguardanti il fatto che, per la prima domanda (essere a conoscenza del tema), la somma delle percentuali fornite fa 101 e non 100. In realtà, il motivo per cui i media non hanno sottolineato la discrepanza è che chiunque abbia a che fare in maniera non occasionale con le statistiche sa che, arrotondando all’intero le percentuali, può accadere. Esempio pratico: 40,6 + 40,6 + 18,8 fa giustamente 100, ma arrotondando i tre numeri all’intero (41+41+19) il totale diventa 101. Una semplificazione che non inficia la credibilità del risultato. Almeno questo mistero è risolto…
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