In aula

Processo per gli ammanchi nelle casse del Comune di Calice: via alla sfilata di testimoni

Nei guai sono finiti gli ex direttori della Carisa di Calice, il revisore dei conti del Comune e due fornitori dell'ente

Tribunale Savona

Tovo/Calice. Inizia ad entrare davanti al Collegio del tribunale di Savona il processo relativo alla vicenda degli ammanchi nelle casse del Comune di Calice Ligure che vede a giudizio due direttori di banca, due titolari di imprese e un revisore dei conti. Questa mattina in aula è stato sentito uno degli investigatori che si è occupato delle indagini e nella prossima udienza, fissata a fine mese, saranno sentiti altri testimoni del pm.

L’inchiesta aveva preso le mosse dalla tragedia del ragioniere Paolo Bolia, funzionario e gestore della contabilità dell’amministrazione comunale, che nell’aprile del 2014 si era tolto la vita. Le indagini sulla morte di Bolia avevano permesso di scoprire che dalle casse del Comune di Calice, tra il 2003 e il 2014, erano spariti circa 2 milioni di euro, un ammanco che per il pm Ubaldo Pelosi era imputabile proprio al ragioniere morto suicida che, anno dopo anno, si sarebbe appropriato del denaro pubblico.

Bolia non avrebbe però agito da solo, ma secondo la Procura il suo comportamento sarebbe stato favorito appunto anche da alcuni professionisti e fornitori che lavoravano in collaborazione con l’ente comunale. Si tratta delle cinque persone che infatti sono state rinviate a giudizio: Francesco Gaglianone (avvocato Luca Barbero), direttore dal 2009 al 2014 della filiale di Calice della Cassa di Risparmio di Savona, il suo predecessore Alessandro Podesta (avvocato Roberta Ramelli), direttore dal 2006 al 2009, Marco Guiot (avvocati Mariangela Piccone e Paola Devincenzi), commercialista e revisore dei conti per il Comune di Calice, Domenico Miele (avvocato Giovanni Parascosso) e Sebastiano Ruffinoni (avvocato Barbara Cattelan), entrambi titolari di imprese individuali.

Per loro le accuse, in concorso e a vario titolo, sono di peculato, falso e corruzione. In particolare i due direttori della filiale Carisa, che svolgeva servizio di tesoreria per il Comune, avrebbero erogato denaro dell’ente (anche contante) a Bolia davanti a mandati di pagamento falsi oppure irregolari. Per quanto il commercialista Guiot l’accusa, di fatto, è di non essersi accorto delle irregolarità commesse da Bolia nella gestione della contabilità e di aver quindi attestato la regolarità dei documenti contabili (mandati di pagamento compresi).

Infine per i due titolari di impresa e fornitori del Comune l’accusa è di falso e corruzione perché, secondo l’accusa, avrebbero consegnato a Bolia oggetti di pregio e gioielli e avrebbero avvallato la compilazione da parte del ragioniere di mandati di pagamento irregolari con importi superiori a quelli reali o interamente falsi in riferimento ai loro lavori (per Miele, tra gennaio 2012 e marzo 2014, l’importo figurato è di 22 mila euro a fronte di prestazioni reali per 3 mila euro; per Ruffinoni, tra maggio 2006 e febbraio 2013, si parla di 339 mila euro a fronte di un valore reale di 168 mila euro). Documenti grazie ai quali Bolia sarebbe riuscito a farsi consegnare in banca i soldi in contante prelevati dalle casse del Comune.

Secondo gli accertamenti contabili effettuati per conto della Procura sarebbero migliaia i mandati di pagamento irregolari (o perché privi di pezza giustificativi o perché accompagnati da un’autorizzazione irregolare o poco pertinente).

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