Intervista

Mareggiata, il geologo Paliaga: “Opere di difesa inutili per eventi così intensi”

Il presidente ligure della Sigea: "Pennelli e barriere soffolte? Potenzialmente dannosi. Gli eventi ci spingeranno a delocalizzare le attività costiere"

Mareggiata a Genova 3 novembre 2023

Liguria. Spostare le attività umane più lontano dalla costa, invece di realizzare “opere di difesa” molto costose che, in caso di eventi intensi come la mareggiata degli scorsi giorni, “sarebbero inutili”. La pensa così Guido Paliaga, professore associato dell’Università di Genova e presidente della sezione ligure della Sigea (Società italiana di geologia ambientale) che analizza quando successo sulle coste liguri la scorsa settimana.

Paliaga, in questi giorni si torna a parlare con insistenza di opere come pennelli, ripascimenti, barriere soffolte. Sono davvero rimedi efficaci contro le mareggiate?

“Il discorso delle strutture di protezione va affrontato con grande delicatezza. È vero che in alcuni casi obtorto collo bisogna far ricorso a interventi strutturali, ma va valutato con attenzione il reale beneficio di strutture che rimangono molto costose. Le protezioni possono anche essere dannose in alcuni contesti: con opere di protezione rigida si sposta il problema altrove, cioè a fianco. Bisogna valutare con grande attenzione la dinamica della costa ad ampio raggio. Le soluzioni semplici non è detto che siano ottimali. La nostra è una costa rocciosa in erosione, non è sabbiosa o ghiaiosa. Insomma, bisogna intendersi sul concetto di difesa”

Pensa che non esista il modo di difendersi?

“Guardi, come tanti sono andato a vedere la mareggiata a Sori: è una manifestazione così intensa della forza della natura che oggettivamente è dura intervenire in qualche modo. Esistono barriere soffolte, strutture realizzate più per proteggere ma per realizzare le onde lunghe tanto gradite a chi fa surf. Ma è difficile proteggersi in maniera efficace. Dipende anche da cosa vogliamo proteggere: se si tratta delle strutture che si usano d’estate con la balneazione, dovremmo chiederci se l’uso che se ne fa è privatistico o pubblico. Insomma, bisogna fare un’attenta valutazione costi-benefici”.

Anche i ripascimenti, su cui generalmente tutti concordano, possono essere rischiosi?

“I rischi sono secondari se non si interviene in maniera corretta: se ci si attiene alle norme sui materiali non ci sono rischi. Però è come vuotare il mare con un secchiello. Io metto materiali dove mi servono in estate, poi la natura li porta via in inverno. Dal punto di vista fisico non ha senso, da un punto di vista economico potrebbe averlo. Ma bisogna essere consapevoli che ogni anno o quasi bisogna intervenire. Come sempre, anche in questo caso, si tratta di fare un rapporto costi-benefici”.

E questo rapporto da che parte pende?

“Vorrei ricordare che noi come contribuenti paghiamo molti soldi per i ripascimenti delle spiagge, questo perché il turismo è una risorsa economica. Ma la nostra è una costa rocciosa, in natura avremmo a che fare con spiagge a tasca molto piccole. Andare contro le dinamiche naturali, dal mio punto di vista, è sempre un’operazione molto difficile e quasi sempre porta a un insuccesso. In Danimarca, dove sto seguendo un progetto di riduzione del rischio idrogeologico con soluzioni nature-based, stanno sperimentando sistemi di questo tipo per proteggersi dalle tempeste marine. Ciò che mi ha lasciato allibito è che nella loro legislazione l’obbligo di realizzare difese costiere spetta ai proprietari che insistono sulla costa”.

Anche le dighe soffolte presentano problemi?

“Possono ridurre la dinamica di erosione, ma bisogna fare una valutazione sito-specifica. Il punto è: se io sottraggo quei materiali all’erosione di una costa, probabilmente facilito l’erosione da qualche altra parte. Le correnti marine funzionano così: se interrompo questo processo di spostamento di materiali, poi viene a mancare materiale in un altro punto. Inoltre c’è un problema di interazione con le strutture antropiche: ad esempio, se un materiale finisce in un porticciolo posso avere danni ulteriori. In generale occorre studiare e modellare la dinamica costiera e capire qual è l’apporto naturale da parte dei torrenti. Questo è un tipo di attività da fare preventivamente”.

Spesso emergono timori per il possibile impatto di queste strutture sull’ecosistema marino. 

“Certo, c’è il contraltare dell’equilibrio con gli aspetti naturali dei nostri fondali che non è secondario ma fondamentale, la salute del mare e dell’ecosistema fa bene anche a noi che viviamo nell’ambiente subaereo e di prodotti del mare. E questo non vale solo per le praterie di posidonia”.

È utopistico pensare che dovremmo arretrare la linea di costa delle attività umane anziché tentare di contrastare gli effetti delle mareggiate?

“Tornando alla Danimarca, ci sono agricoltori che stanno arretrando le loro attività di un chilometro per questo motivo. Certo, lì la conformazione della costa è molto diversa dalla nostra. Da un punto di vista pratico la vedo difficile, però sono abbastanza d’accordo: come si pensa alle delocalizzazioni lungo i torrenti nel contesto del rischio alluvionale ma non solo, la stessa logica vale per la linea di costa. Non è realizzabile perché gli interessi sono superiori, ma dal punto di vista delle dinamiche naturali saranno gli eventi che ci spingeranno a farlo. Eventi come quello di questi giorni aumenteranno in frequenza. Personalmente credo che le strutture balneari debbano essere temporanee e non permanenti: è un’opinione tecnica. Se questo evento si riproporrà tra altri cinque anni, forse valutare il rapporto costi-benefici ci porterà a queste conclusioni”.

Anche perché andiamo incontro a un’innalzamento del livello del mare.

“Questo è un fenomeno misurato, però è di là da venire. Parliamo di nodi che verranno al pettine probabilmente tra 50-70 anni: sembra un tempo molto lontano, quindi non riscuote un grande interesse, anche se dovrebbe generarlo per i nostri figli. In generale ripensare il nostro rapporto con la costa diventerà sempre più necessario. Purtroppo tra 15 giorni, quando ci saremo dimenticati tutto, il livello d’attenzione scenderà e torneremo a pensare ad andare al mare la prossima estate”.

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