Vado Ligure. E’ ancora in corso il lungo vertice a Palazzo Chigi tra Arcelor Mittal e il Governo per salvare la filiera dell’acciaio, dopo l’annuncio dell’azienda di volersi ritirare con la rescissione dei contratti in essere. Per l’ex Ilva era fondamentale lo scudo penale relativo alla riqualificazione ambientale di Taranto, venuto meno con l’ultimo decreto dell’Esecutivo, facendo così scattatare la “fuga” del gruppo interessato all’acquisto degli impianti e ad investimenti nel settore della siderurgia italiana, con dirette conseguenze produttive e occupazionali su tante imprese dell’indotto.
Tra queste proprio la Sanac di Vado Ligure, appesa alle sorti della vertenza per l’ex Ilva e che da tempo vive una fase di attesa e preoccupazione per il futuro dello stabilimento vadese e dei suoi 80 dipendenti. E mentre si sta consumando il muro contro muro tra Governo e Arcelor Mittal, ecco arrivare la convocazione al Mise proprio sui siti produttivi della Sanac, in programma il prossimo 13 novembre al Mise: una convocazione sollecitata da alcuni mesi, anche a seguito della crisi che si era aperta nella vicenda dell’ex Ilva.
La Sanac di Vado Ligure è specializzata nella produzione di refrattari industriali, da sempre legata al gruppo Ilva. La sua produzione dipende ancora per il 75% da Taranto e quindi dal nuovo assetto che uscirà per gli impianti pugliesi. I carichi di lavoro termineranno a fine mese, quindi la cassa integrazione per i lavoratori dal mese di dicembre o al massimo dall’inizio del 2020 è ormai una prospettiva reale se non arriveranno sviluppi e garanzie.
I lavoratori vadesi, in attesa di chiarimenti dall’incontro del 13 novembre, manifestano massima vicinanza e solidarietà nei confronti dei colleghi di Cornigliano, dove già si sta preparando una grande manifestazione di protesta, una mobilitazione che dovrebbe riguardare tutte le maestranze finite nel “calderone” della complessa vertenza sull’acciaio. “Attendiamo cosa uscirà oggi dall’incontro tra Governo e Arcelor Mittal e cosa decideranno i metalmeccanici a Genova, siamo pronti ad unirci alla protesta” afferma Alessandro Bonorino della Filctem-Cgil ed Rsu di Sanac.
Naturalmente una presa di posizione che vuole mettere “pressione” sulle difficoltà dell’indotto, per arrivare al tavolo al Mise con maggiore peso e con l’obiettivo di definire un percorso industriale a tutela dei lavoratori.
“Siamo pronti ad affiancare con il Golfalone della Regione e con le nostre bandiere ogni iniziativa che le associazioni di categoria vorranno convocare e siamo pronti ad appoggiare qualsiasi iniziativa che le organizzazioni sindacali vorranno indire, chiedendo immediatamente un incontro al Governo per affrontare il tema dell’acciaio e di Genova in particolare” ha detto oggi il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti oggi nel corso dell’incontro convocato nella sede di Piazza De Ferrari a cui hanno preso parte anche l’assessore regionale al Lavoro Gianni Berrino, allo sviluppo economico Andrea Benveduti, il Comune di Genova, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria, Confindustria, Camera di Commercio, insieme al cappellano del lavoro della Curia di Genova don Franco Molinari.
Un grido di allarme corale, dopo la decisione di Arcelor Mittal di riconsegnare l’azienda e di recedere dall’accordo siglato nel 2018 presso il Ministero dello Sviluppo Economico per l’acquisizione del sito produttivo ex Ilva da parte del colosso anglo-indiano.
“Per noi l’acciaio è una produzione strategica indispensabile e irrinunciabile per Italia, per la Liguria e per Genova – ha ribadito Toti – Anche per le lavorazioni che si svolgono a Fincantieri, eccellenza della nostra regione e del nostro Paese, che crea ricchezza. Le Istituzioni sono a fianco di ogni iniziativa che i sindacati vorranno prendere. Riteniamo che le scelte fatte a Roma siano particolarmente sbagliate e nocive: e anche nel caso che fosse Arcelor Mittal a voler mettere in discussione l’accordo, in questo modo gli è stato fornito un assist e questo è ancora più grave per il macroscopico errore di tattica politica.. Non si può rinunciare a settori tradizionali che hanno fatto dell’Italia una potenza. Genova poi è una situazione particolare dove vige un accordo di programma che ha portato alla chiusura dell’area a caldo. Un accordo che la città ha pagato, insieme ai lavoratori e ai contribuenti italiani. Qualsiasi scelta si faccia altrove, Genova è una storia a parte .In questa vertenza ci saremo tutti perseguendo tutti i canali di confronto istituzionale”.
“Sarà una battaglia di tutta la città – ha detto Toti – tenendo conto che la situazione di Genova e di Novi Ligure è molto diversa da quanto avviene a Taranto. In tutto i modi l’Italia è la seconda potenza manifatturiera del continente europeo e cancellare la produzione siderurgica nazionale è una scelta poco lungimirante. E’ impensabile addebitare all’Italia e in particolare a Genova un costo sociale così alto e assurdo”.
Il presidente Toti ha rimarcato che “nessuno vuole fare l’avvocato difensore di Arcelor Mittal, che sa difendersi da sola, ma non si possono fornire alibi a chi vuole rivedere accordi sottoscritti, in questo modo si fa solo un pessimo servizio”.
“E’ chiaro – ha continuato Toti – che influisce un clima e posizioni a livello nazionale decisamente antindustriali, perché quando si vagheggiano parchi giochi, si mina la crescita economica”.
“Dieci anni fa – ha continuato Toti – sembrava che Fincantieri dovesse chiudere, oggi è un’azienda in cui si produce. Lo stesso deve essere per l’ex Ilva, per questo siamo pronti a fare una battaglia istituzionale per il Paese, ma soprattutto per Genova. E oggi siamo qui per mandare un messaggio chiaro e per appoggiare qualsiasi azione che si decida di portare avanti”. “Chiederemo al Governo di affrontare il tema Genova – ha concluso Toti – perché ha una sua peculiarità, con l’accordo di programma che è stato pagato da questa città e dai suoi lavoratori. E’ un obbligo che il Governo ha nei confronti di questa città, per l’impegno pubblico di denaro che ruota attorno all’accordo di Genova e per il percorso di compatibilità tra ambiente e lavoro portato avanti nel capoluogo ligure”.
“L’ex Ilva per Genova e per l’Italia è un patrimonio irrinunciabile – ha aggiunto l’assessore regionale allo Sviluppo economico Andrea Benveduti – Non saranno i lavoratori a bloccare la città, ma sarà la città stessa a fermarsi. Stiamo assistendo a un processo nazionale di deindustrializzazione fantasioso e irresponsabile, crediamo invece che si debba perseguire la strada della tutela e dello sviluppo, sostenibile e moderno, delle nostre “fabbriche”, nella quale la filiera dell’acciaio deve essere componente essenziale. Con sindacati e parti sociali abbiamo già condiviso queste visioni e siamo pronti a scendere insieme in strada per tutelare posti di lavoro e il ruolo industriale della nostra Nazione e della nostra Città”.
“La schizofrenia del governo sulla vicenda dello scudo penale non può far pagare conseguenze ai lavoratori di Genova e agli stabilimenti che sono in altre parti d’Italia – sottolinea l’assessore regionale al lavoro Gianni Berrino – quando si ha a che fare con un colosso industriale che ha vinto una gara molto difficile fatta dal governo, bisogna seguire i patti e le regole che c’erano al momento in cui l’accordo è stato fatto. Questo tentativo maldestro ha creato difficoltà grandissime e dato la spinta a un imprenditore a voler andare via dall’Italia, aprendo una crisi profonda che cade sulle spalle dei lavoratori e sul futuro industriale del nostro paese e specificatamente di Genova. A questo punto bisogna fare il possibile affinché l’azienda torni sui propri passi per dare garanzie a chi in Italia vuole investire”.
E in attesa di ricevere notizie sull’esito dell’incontro romano tra il governo e l’azienda le organizzazioni sindacali si sono dette pronte a organizzare una grande manifestazione, insieme alle istituzioni, manifestazione alla quale dovrebbero partecipare anche i lavoratori della Sanac di Vado Ligure.