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Classica&dintorni

Gli Autori del Ventennio (parte 3)

“Classica&Dintorni” di Massimo Carpegna nasce con l'intento di portare i lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia

Classica Dintorni respighi

Parte 1
Parte 2

Altro brano, tratto dall’opera Iris di Mascagni e usato quale inno a sé, fu l’Inno al Sole che, per ironia della sorte, ignoranza o beffa, fu scelto ed eseguito il 2 giugno 1996 per celebrare la Festa della Repubblica al Palazzo del Quirinale in Roma.

Diciamo ora dei futuristi che ricevettero disinganni e sconfessioni dal fascismo sin dai suoi esordi al potere. Infatti, al manifesto del 1 marzo 1923, I diritti artistici propugnati dai futuristi italiani, non seguì sostegno, nonostante le evidenti consonanze con gli ideali fascisti. La vis polemica e le proposte ultra nazionalistiche di questo ristretto gruppo sono guardate con timore dal potere che, come nel celebre caso della scena dalla Favola del figlio cambiato di Malipiero censurata perché ambientata in un bordello, vede nella destabilizzazione dell’ordine e dei valori tradizionali più un rischio che un guadagno.

Di più tranquillo sostegno fu invece la musica prodotta da un terzo gruppo di compositori che Massimo Mila definì la generazione dell’Ottanta. I protagonisti attribuiscono al proprio movimento il nome di Rinnovamento, Risorgimento o Gruppo dei Cinque, in analogia a quello che fondò la scuola nazionale russa. Così si esprimeva Bastianelli dalle colonne de «Le cronache letterarie» del 2 luglio 1911: Oggi noi, Renzo Bossi, Ildebrando Pizzetti, G. Francesco Malipiero, Ottorino Respighi ed io, vogliamo operare il risorgimento della musica italiana, della vera, della nostra grande musica, la quale dalla fine dell’aureo settecento ad oggi è stata, con ben poche eccezioni, trascinata nella tristezza e nell’angustia dell’affarismo e del filisteismo! […]. La nostra opera deve essere conforme a quella dei pochi eroi della musica russa fra cui fiorì l’Omero russo, Modesto Mussorgsky, eroi che rigettando le lusinghe affaristiche degli imitatori servili delle musiche straniere, vollero creare al loro paese una musica nazionale.

La loro poetica si riassume intorno ad alcuni punti fondamentali: insofferenza per il melodramma ottocentesco, che pareva l’unico genere squisitamente italiano eseguito; rivendicazione del primato musicale italiano, soprattutto nei generi fino a quel momento oggetto di discriminazione o di scarsa considerazione, quali la musica strumentale e quella vocale da camera; costruzione di una propria identità nazionale sullo studio degli antichi maestri; recupero delle fonti e del materiale musicale antico, che si accompagna ai primi studi musicologici. In questo gruppo si possono iscrivere Ildebrando Pizzetti, Gian Francesco Malipiero, Renzo Bossi, Alfredo Casella e Ottorino Respighi; successivamente prenderanno le mosse alcuni compositori più giovani come Goffredo Petrassi, Luigi Dallapiccola, Nino Rota e gli esuli Renzo Massarani e Mario Castelnuovo-Tedesco.

In questi compositori la musica ha ancora una concezione elitaria. Per questa ragione Mussolini, sebbene personalmente affascinato dalla produzione soprattutto strumentale di alcuni giovani compositori come Respighi, nelle sedi ufficiali rispetterà sempre le gerarchie tradizionali, che vedevano gli operisti, più diffusamente popolari, su un gradino più alto rispetto ai sinfonisti.
Infine, l’intenzione d’indirizzare il gusto del pubblico, non si rivolse solo alla produzione contemporanea, ma stimolò anche la riscoperta del repertorio antico, come ad esempio quello vivaldiano. Ne è un esempio uno dei brani oggi più conosciuto, anche per il diffuso ascolto nelle scuole secondarie di primo grado: Le Quattro Stagioni, che furono eseguite per la prima vola in tempi moderni nel 1939. Prima di questa data, ben pochi avevano conoscenza del prete rosso. Parallelamente si fecero anche operazioni di editing creativo, chiamate ricreazioni, sulle composizioni dei maestri del passato, adattate al gusto strumentale moderno. Ancora Respighi, con le sue tre Suite Antiche arie e danze per liuto, ne sono meravigliosa testimonianza.

A questi protagonisti è dovuto uno studio e una valutazione esclusivamente sul piano musicale, al di là delle ideologie e del giudizio della Storia. Alcuni obietteranno che le loro composizioni, per lo più tonali ed ultimo flato di un’idea romantica ed ottocentesca dell’arte, furono sopraffatte da una concezione diversa, quella di Schoenberg, da una frantumazione delle regole armoniche, dal parallelismo della nuova musica, nella cancellazione della scala e del valore più significante di alcuni gradi, con le idee rivoluzionarie del socialismo, che a nessuno assegna un primato per nascita. Certamente la dodecafonia, la serialità sono un’evoluzione, tratto che l’arte ha sempre vissuto nel suo cammino che, tuttavia, non deve cancellare il contemporaneo ancora legato agli schemi precedenti, perché espressione di un periodo storico che si vuole dimenticare. Questo atteggiamento testimonia paura di un passato ancora affascinante, che una civiltà matura e saldamente democratica non può accettare.

Massimo Carpegna è direttore d’orchestra, critico musicale e compositore, con partiture lirico sinfoniche diffuse in mondovisione. E’ stato docente presso il Conservatorio di musica di Modena ed è Visiting Professor alla London Performing Academy of Music. Con “Classica&Dintorni” porterà i nostri lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia. Clicca qui per vedere tutti gli articoli.

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