Medici a giudizio

Paziente morta dopo intervento, il dottor Piccardo si difende: “Era riuscito, non c’era infezione”

La difesa: "La videoregistrazione dell'intervento è stata presentata ad un convegno ed ha vinto un premio"

Savona Tribunale

Savona. L’intervento era andato bene e durante la degenza a Cairo secondo i medici non c’era nessuna infezione in corso. Sono questi alcuni dei concetti ribaditi questa mattina nel corso dell’esame degli imputati nel procedimento per la morte di una paziente, Anna Maria Franzone, dopo un intervento per l’asportazione di un’ernia iatale dello stomaco in laparoscopia.

A giudizio ci sono il dottor Andrea Piccardo, ex primario di chirurgia di Cairo, altri specialisti della sua equipe, Carlo Terlizzi, Giampaolo Arzillo, Roberto Paladino, e il medico di famiglia Francesco Givo (assistiti dagli avvocati Prampolini, Castagneto e Gavino) che devono rispondere dell’accusa di omicidio colposo.

Questa mattina in aula sono stati sentiti proprio i medici che hanno ricordato il caso della signora Franzone. Nel corso della deposizione del dottor Piccardo, tra l’altro, è emerso anche un particolare che secondo la difesa confermerebbe la correttezza dell’intervento: la videoregistrazione dell’operazione era stata presentata durante un convegno medico a Napoli e aveva vinto un premio.

Secondo quanto ricostruito dall’accusa, la signora Franzone, una sessantanovenne genovese, era deceduta a distanza di due mesi dall’intervento a causa di un’infezione. Una complicazione che sarebbe sorta nella fase post operatoria, ma della quale i medici non si sarebbero accorti. Secondo le conclusioni alle quali erano arrivati i periti, i dottori Ferdinando Massaglia e Roberto Testi, che avevano eseguito una perizia nell’ambito dell’incidente probatorio, nell’operato dei medici ci sarebbe una responsabilità per “omessa diagnosi”.

Secondo la relazione peritale infatti, pur essendoci dei sintomi che indicavano la presenza dell’infezione, non vennero eseguiti gli adeguati approfondimenti diagnostici grazie ai quali la patologia poteva essere curata. I fatti risalgono al 2010: la paziente era stata operata, con tecnica laparoscopica, il 21 settembre a Savona. Nonostante l’intervento fosse stato giudicato riuscito, la signora – come raccontano i famigliari – aveva iniziato ad accusare una serie di disturbi tanto che faticava a nutrirsi ed era rimasta ricoverata in terapia intensiva per molti giorni. Il 10 ottobre anche se le sue condizioni non erano ancora migliorate Anna Maria Franzone era stata trasferita dal nosocomio savonese a quello cairese dove avrebbe dovuto affrontare un percorso riabilitativo. Qui la signora era rimasta ricoverata per sette giorni per poi essere dimessa e rimandata a casa.

Con il passare delle settimane, vedendo che le condizioni della madre continuavano a peggiorare, il 4 novembre del 2010, i figli preoccupati l’avevano accompagnata all’ospedale di Villa Scassi a Sampierdarena dove la signora purtroppo era deceduta il giorno dopo. I medici del nosocomio genovese, volendo vedere chiaro sulla morte della donna, avevano così disposto l’autopsia. Dall’esame autoptico era emerso che la signora Franzone era stata stroncata da una terribile infezione mediastinica insorta – questa l’ipotesi accusatoria – proprio in seguito all’intervento. La discussione del processo è stata fissata per il prossimo 3 maggio.

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