Svolta

Savona, il Tar accoglie il ricorso sul Museo Archeologico: la gestione torna all’IISL

Secondo il Tribunale la Cooperativa Archeologia andava esclusa dal bando a causa dei precedenti in materia di sicurezza

museo archeologico priamar savona

Savona. E’ stata depositata ieri la sentenza del Tar in merito al ricorso sul bando per la gestione del Museo Archeologico sul Priamar: il Tribunale ha deciso di escludere la cooperativa vincitrice, Archeologia, restituendo di fatto la gestione del Museo all’Istituto Internazionale di Studi Liguri. Il Tar ha ritenuto che i precedenti della legale rappresentante, condannata per omicidio colposo per un episodio verificatosi nel 2008, integrassero gli estremi “dell’errore professionale grave”, e rendessero quindi impossibile ammettere la Cooperativa al bando di gara.

Alla fine, dunque, aveva ragione chi, come il MoVimento 5 Stelle, ha sempre contestato quel bando. Fin dall’inizio era finito nel mirino delle forze di minoranza per presunte irregolarità nella stesura (i “grillini” sostenevano che fosse stato redatto un testo”ad hoc”), ma nonostante i numerosi tentativi di fermare la pratica questa era andata avanti, superando tutte le verifiche di regolarità degli uffici comunali.

Alla fine avevano vinto le cooperative Archeologia e ARCA, che si erano aggiudicate la gara con un lieve vantaggio sul gestore uscente, ossia quell’Istituto di Studi Liguri che di fatto aveva creato e fatto crescere il Museo fin dal 1990: l’IISL aveva presentato un’offerta più economica, ma era stato sopravanzato di un punto nel giudizio sull’offerta tecnica da parte del Comune.

Quella vittoria però era subito finita a sua volta nel mirino a causa di una presunta incompatibilità da parte della legale rappresentante della Cooperativa Archeologia, condannata per omicidio colposo a causa di un incidente verificatosi a Firenze durante “Forte Belvedere 2008 Cinema & Musica” nel quale una persona aveva perso la vita per via di misure di sicurezza ritenute insufficienti. La normativa riguardante gli appalti esclude infatti dalla partecipazione “coloro che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate in materia di sicurezza”. Il M5S aveva di nuovo tentato di fermare l’iter chiedendo al consiglio comunale un annullamento in autotutela, ma anche in questo caso gli uffici comunali avevano ritenuto che quel precedente penale non fosse rilevante ai fini del bando.

Da qui il ricorso dell’Istituto, ed una prima sospensiva decisa dal Tar a metà febbraio. Oggi la pubblicazione della sentenza, che dà ragione al ricorrente: quel precedente, secondo il Tribunale, avrebbe dovuto portare all’esclusione dal bando di Archeologia. A questo punto la gestione passa al secondo classificato, ossia proprio l’Istituto Internazionale di Studi Liguri, che di fatto manterrà il timone di un Museo che gestisce da 26 anni.

Di seguito il testo integrale della sentenza.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 65 del 2016, proposto da:
Istituto Internazionale di Studi Liguri Onlus, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Lorenzo Acquarone, Roberta Acquarone, Marcello Bolognesi, con domicilio eletto presso Lorenzo Acquarone in Genova, Via Corsica,21/18- 20;
contro
Comune di Savona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Daniele Granara in Genova, Via Bartolomeo Bosco 31/4;
nei confronti di
Società Cooperativa Archeologica, Società Cooperativa A.R.C.A., rappresentati e difesi dagli avv. Gerolamo Angotti, Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto presso Roberto Martini in Genova, Via Roma 3/8a;
per l’annullamento
del provvedimento 18 dicembre 2015 n. 636, prot. 73368, avente ad oggetto aggiudicazione definitiva del servizio di gestione del
civico museo archeologico della città di Savona per il periodo di due anni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Savona e di Società Cooperativa Archeologica e di Società Cooperativa A.R.C.A.;
Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 marzo 2016 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 21 gennaio 2016 al Comune di Savona e al raggruppamento contro interessato l’Istituto internazionale di
studi liguri, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, il provvedimento in epigrafe.
Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 38, comma 1, lett. b) ed e),violazione della lex specialis di gara dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a. ex art. 3 e 97 Costituzione dei principi di cui all’art. 2 d.lgs. 163/06, violazione dell’art. 3 l. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria dei presupposti e travisamento, in quanto la dott. ssa Susanna Bianchi legale rappresentante della Cooperativa Archeologia è stata condannata ad un anno e sei mesi di reclusione per omicidio colposo di una ragazza caduta nel vuoto da una terrazza di Forte Belvedere a Firenze con conseguente difetto dei requisiti generali di partecipazione alla gara;
2) violazione degli artt. 41 e 42 d.lgs. 163/06 e della lex specialis di gara, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a. ex artt. 3 e 97 Costituzione nonché dei principi di cui all’art. 2 d.lgs. 163/06, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento, quanto l’rti aggiudicatario non avrebbe maturato il requisito specifico della gestione dei musei avendo al più documentato lo svolgimento di semplici servizi museali inidonei ad integrare il requisito di partecipazione alla gara;
3) violazione degli artt. 38, 41 e 42 d.lgs. 163/06 in combinato con gli artt. 46, 47 71 e 75 d.p.r. 445/00e della lex specialis di gara, violazione del principio di leale collaborazione, dei principi di imparzialità e buona andamento della p.a. ex artt. 3 e 97 Costituzione nonché dei principi di cui all’art. 2 d.lgs. 163/06, eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento, in quanto la Cooperativa Archeologia in relazione alla condanna della dott.ssa Bianchi evidenziata con il primo motivo avrebbe espresso una falsa dichiarazione;
4) violazione della lex specialis di gara, violazione del d.m. 10.5.2001 nonché dei principi di imparzialità e buona andamento della p.a. ex artt. 3 e 97 Costituzione nonché dei principi di cui all’art. 2 d.lgs., eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento, in quanto l’attribuzione al rti controinteressato di un punteggio superiore a quello dell’Istituto ricorrente non sarebbe viziato da irragionevolezza e illogicità in relazione ai seguenti parametri: a) attività di ricerca; b) curriculum del responsabile scientifico; c) attività di valorizzazione ed educative; d) paino di formazione del personale, e) attività specifiche per la gestione del servizio; f) iniziative informative e promozionali;
5) violazione dell’art. 84 d.lgs. 163/06, violazione della lex specialis, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a. ex art. 3 e 97 Costituzione, nonché dei principi di cui all’art. 2 d.lgs. 163/06, in quanto la dott.ssa Eliana Mattiauda, avendo predisposto l’avviso di gara e il capitolato, verserebbe in una situazione di incompatibilità; inoltre farebbe difetto la qualità di esperti nella maggioranza dei membri della commissione;
6) violazione dell’art. 83 d.lgs. 163/06, violazione della lex specialis di gara, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a. ex art. 3 e 97 Costituzione, nonché dei principi di cui all’art. 2 d.lgs. 163/06, violazione dell’art. 3 l. 241/90, in quanto la Commissione nel verbale 5 novembre 2015 non avrebbe indicato le scelte effettuate per l’assegnazione del punteggio e l’individuazione dei criteri di valutazione.
Il ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.
Veniva formulata anche domanda risarcitoria.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata e il raggruppamento contro interessato.
Con ordinanza 18 febbraio 2016 n. 38 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 17 marzo 2016 il ricorso è passato in decisione. DIRITTO
Il ricorso è rivolto avverso l’aggiudicazione al controinteressato di una gara per l’affidamento del servizio di gestione del Civico Museo Archeologico della Città di Savona.
Il ricorso è fondato, avuto riguardo alle censure dedotte con il primo motivo.
Deve, infatti, rilevarsi come la dott.ssa Susanna Bianchi sia stata condannata con sentenza della Corte d’appello di Firenze 7 maggio 2015 n. 827, confermata dalla Cassazione 12 gennaio 2016, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per i reato di cui all’art. 589 c.p..

In particolare la dott.ssa Bianchi in qualità di responsabile della Cooperativa Archeologia, concessionaria delle aree esterne del Forte Belvedere in Firenze e titolare della convenzione per la realizzazione della manifestazione “Forte Belvedere 2008 Cinema & Musica”, non avendo “redatto il documento di valutazione dei rischi, che si era peraltro anche impegnata a consegnare ai sensi dell’art. 5 della convenzione”, nonché avendo “gestito l’attività di intrattenimento nell’immobile che non presentava i necessari requisiti di sicurezza stante l’insufficiente illuminazione, l’assenza di protezioni ai parapetti e l’inadeguata segnalazione del pericolo”, non avendo previsto “sistemi compensativi di sicurezza, quali l’individuazione e delimitazione mediante idonei sbarramenti dell’area priva di rischi alla quale limitare l’accesso del pubblico con previsione di una illuminazione integrativa da riservarsi a tale zona e idonea segnalazione del pericolo, mediante appropriata segnaletica e eventualmente anche con impiego di personale di sorveglianza in numero congruo rispetto agli utenti”, non avendo “esercitato il dovuto controllo sull’attività del tecnico incaricato Frusi”, provocava, “la caduta da un bastione della fortezza di Locatelli Veronica, la quale per l’oscurità e la mancanza di idonee protezioni e segnalazioni del pericolo, nel percorrere il terrapieno in prossimità della sottostante zona denominata ‘la cannoniera’ diretta all’area cd della ‘cisterna’ dove era stato allestito il palco per un concerto jazz trovando oltretutto ostruito da una transenna il camminamento, lo superava con un passo, portandosi sul parapetto del bastione, da dove precipitava nel vuoto, dall’altezza di oltre 8 metri e nell’impatto riportava lesioni personali politraumatiche di tale gravità da cagionarne poco dopo il decesso”.
La Commissione ha bensì valutato tale condanna ma ne ha escluso la rilevanza ostativa alla partecipazione “valutata la tipologia di reato, le date dei fatti la circostanza che per uno di essi è intervenuta la riabilitazione”.
Ciò posto occorre sussumere tale condanna nella disposizione di cui all’art.38 d.lgs. 163/06.
A tal riguardo deve escludersi che tale condanna possa essere ricondotta all’ipotesi ostativa di cui all’art. 38, comma 1 lett. e) d.lgs. 163/06 che preclude la partecipazione alle gare a color che “hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio”
La tesi del ricorrente, secondo cui la lettera e) conterrebbe due norme autonome tra di loro cozza contro il dato letterale costituito dalla presenza dell’aggettivo “altro” contenuto nella seconda parte della norma.
Deve, infatti, condividersi la prospettazione delle resistenti che hanno evidenziato come la prima parte della norma contempli l’infrazione alle norme sulla sicurezza sul lavoro, come fatto palese dall’aggettivo “altro” contenuto nella seconda parte della norma riferito ad ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro. La circostanza che sia prevista la violazione di ogni “altro” obbligo derivante dai rapporti di lavoro induce a ritenere che anche l’infrazione alle norme sulla sicurezza debba essere riferito alla sicurezza sul lavoro pena la sostanziale inutilità dell’aggettivo altro nella economia della disposizione.
In questo senso la determinazione 12 gennaio 2010 n. 1 dell’AVCP, seppure non vincolate per il giudice, appare condivisibile laddove afferma che: “Per infrazioni alle norme in materia di sicurezza – e di ogni altro obbligo derivante dal rapporto di lavoro – debbono intendersi infrazioni disciplinate da varie normative, nell’ambito delle quali è opportuno citare il d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494 ed il d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, poi confluiti nel d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, (recante il testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), a sua volta da ultimo modificato dal d.lgs. 3 agosto 2009, n. 106”.
La condanna può essere ricondotta agevolmente alla ipotesi disciplinata dalla successiva lettera f) sub specie dell’errore grave nell’esercizio della attività professionale.
Né appaiono persuasive le obiezioni alla ricostruzione in tali termini sollevate dalle difese delle resistenti.
Si sostiene in primo luogo che il relativo vizio non sarebbe stato dedotto con il ricorso, onde il vizio di ultrapetizione in cui incorrerebbe il giudice ove dovesse tenerne conto.
A tale obiezione occorre replicare in via generale come, nella deduzione del motivo, l’omissione ovvero l’erronea indicazione delle norme di legge violate non costituisca motivo di inammissibilità del motivo stesso, conclusione questa che oggi appare rafforzata dal diverso tenore dell’art. 40 c.p.a che si limita a prevedere che i motivi siano specifici laddove l’art. 6 rd. 642/1907 imponeva l’indicazione delle norme di legge violate. Il diverso tenore della norma, rispetto a quella previgente, induce a ritenere che la specificazione del motivo non possa che attenere al fatto descritto e non ricomprenda più il complesso normativo cui sussumerlo.
Ciò che conta, pertanto, è la ricostruzione precisa e specifica del fatto che deve essere oggetto di valutazione da parte del giudice senza che l’omesso o erroneo riferimento alle norme di legge violate possa assumere una rilevanza preclusiva ovvero vincolante per il giudice che porrebbe nel nulla il fondamentale potere del giudice di qualificare giuridicamente il fatto espresso dal principio iura novit curia. Da altro punto di vista l’ipertrofia normativa e la stratificazione delle discipline hanno oggi raggiunto un livello tale che imporre l’esatta indicazione del parametro normativo pena la genericità ovvero l’infondatezza del motivo equivale a rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di difesa.
Il ricorrente ha sostenuto la preclusività della condanna subita dalla dott.ssa Bianchi alla partecipazione alle gare onde non può sostenersi la genericità del motivo ovvero, sotto altro profilo, la sua infondatezza.
Nel caso di specie l’indicazione delle norme violate appare verosimilmente frutto di un lapsus calami. Deve, infatti, rilevarsi come il ricorrente avesse dedotto la violazione delle lettere b) ed e) del d.lgs. 163/06.

Orbene è agevole rilevare come l’indicazione della lettera b), essendo tale ipotesi completamente avulsa dalla fattispecie. sia evidentemente frutto di un errore onde legittimamente può ritenersi che il ricorrente abbia inteso riferirsi alla diversa lettera e).
Ne, da ultimo, l’erronea indicazione delle norme violate (id est riferimento alla lettera b) in luogo del riferimento alla lettera f) dell’art. 38 comma 1 d.lgs. 163/06) ha frustrato da qualsivoglia punto di vista il diritto di difesa posto che le controparti hanno potuto ampiamente argomentare in ordine alla insussistenza della violazione dell’art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. 163/06.
Non sussiste, pertanto, alcuna ragione, né dal punto di vista della disponibilità della tutela giurisdizionale né dal punto di vista della tutela del diritto di difesa delle controparti, che osti allo scrutinio della prospettata violazione dell’art. 38, comma 1 lett. f) d.lgs. 163/06, avendo il ricorrente ha dato conto della presenza di una condanna dallo stesso ritenuta ostativa alla partecipazione alla gara e avendo ricondotto tale ostatività alla previsione di cu all’art. 38 d.lgs. 163/06.
Le obiezioni sollevate dalle difese resistenti si appuntano in secondo luogo sulla risalenza del fatto. A tal proposito si invoca la disciplina di cui all’art. 57, comma 7 della direttiva 2014/24/UE che sarebbe chiaramente orientata a conferire una limitata rilevanza temporale, non superiore a tre anni, ai motivi ostativi alla partecipazione alle gare.
Sul punto, tuttavia, occorre rilevare come la direttiva non sia stata ancora recepita onde nessun vincolo preclusivo può sussistere in tal senso.
Le difese delle controparti eccepiscono anche come la fattispecie di cui alla lettera f) rilevi solo se commessa nei confronti della stazione appaltante che bandisce la gara.
Tale ricostruzione della norma di cui alla lettera f) non persuade.
A differenza della altra ipotesi, pure contemplata dall’art. 38, comma 1 lett. f) d.lgs. 163/06, quella della grave negligenza e malafede che è richiesto siano stata posta in essere nei confronti della stessa stazione appaltante che bandisce la gara tale requisito soggettivo non ricorre per l’ipotesi dell’errore grave nella propria attività professionale per il quale è sufficiente l’accertamento, peraltro, con qualsiasi mezzo, da parte della stazione appaltante.
A questo punto occorre esaminare se la condanna riportata dalla dott.ssa Bianchi possa integrare gli estremi dell’errore professionale grave.
La lettura dell’imputazione, già precedentemente trascritta, e le motivazioni della sentenza sono univoche in tale senso: “con una minima attenzione sarebbe stato evidente che, la conformazione dei luoghi: terrapieno quasi all’altezza del bastione superabile con un passo, costituiva un pericolo mortale, specie di notte quando, per la mancanza di illuminazione, si confondeva il “vuoto per pieno. Una seria valutazione del pericolo dell’area da lei gestita avrebbe consentito all’imputata, di apprezzare l’impossibilità che otto sorveglianti “mobili” lo scongiurassero, anche per la prevedibile grande affluenza di pubblico, libero di muoversi in tutta l’area, con un’illuminazione gravemente insufficiente e priva di qualsiasi indicazione di percorsi obbligati…omissis…indubitabile che la Bianchi non gestì l’area datale in gestione con diligenza e prudenza”.
Orbene tale comportamento che ha determinato la morte di una persona dopo che già in precedenza si era verificato un altro incidente mortale integra senza dubbio gli estremi dell’errore professionale grave, atteso che nello svolgimento della professione la tutela della sicurezza dei fruitori dei beni affidati in gestione e dei servizi appare ictu oculi di estrema importanza.
La valutazione della Commissione sopra trascritta, che si è limitata alla valutazione astratta del nomen iuris del reato, alla sua risalenza nel tempo ha violato il disposto dell’art. 38, comma 1 lett. f) d.lgs. 163/06.
La Commissione avrebbe dovuto considerare e motivare le ragioni della ritenuta non ostatività della condanna alla luce della oggettiva gravità dei fatti; ovvero, detto in altri termini le ragioni per le quali il comportamento ricostruito dal giudice penale non integrasse gli estremi dell’errore professionale grave.
Il motivo deve essere accolto
L’accoglimento del motivo, in presenza di una espressa graduazione dei motivi, determina l’assorbimento degli altri come statuito dal C.S. a.p. 27 aprirle 2015 n. 5
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna le parti resistenti in solido tra loro al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in €. 4000, 00 (quattromila/00) oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

leggi anche
museo archeologico priamar
Divieto
Savona, la Consulta del Priamar: “Il Comune nega l’accesso agli atti della gara per il museo archeologico”
Comune di Savona - Palazzo Sisto
Bagarre
Savona, Museo Archeologico: il consigliere Aschiero presenta interpellanza
museo archeologico priamar
Ancora polemica
Museo Archeologico, Valente all’attacco: “Il Pd consegna il Priamar alle Coop”
anna giacobbe
Risolto?
Museo archeologico di Savona, Giacobbe: “La commissione della Camera conferma: gara corretta”
Savona consiglio comunale
Tutto da rifare?
Savona, il caso del museo archeologico: passa in Consiglio la mozione del M5S
consiglio comunale savona
Caso chiuso?
Savona, il caso del museo archeologico in Consiglio. L’assessore Di Padova: “Il bando è ok”
Municipio Savona
Scintille
Savona, oggi in consiglio il “caso” del bando per la gestione del Museo Archeologico
Municipio Savona
All'attacco
Savona, il bando per la gestione del Museo Archeologico ora è un “caso”: M5S chiede l’annullamento
priamar
Interpellanza
Museo Archeologico di Savona, i consiglieri Pongiglione e Aschiero chiedono la revoca del bando per la gestione
museo archeologico priamar savona
L'avevamo detto
Museo Archeologico, M5S: “Il Tar conferma la nostra tesi, Pd incapace di governare”
museo archeologico priamar savona
The end?
Museo Archeologico, il Comune rinuncia al ricorso: “Potremmo farlo, ma non ne vale la pena”

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.