La storia

Pronto soccorso intasato e Ppi “vuoto”, la storia di Lella: dalla coda al Santa Corona alla visita (in pochi minuti) ad Albenga

In un primo tempo la 90enne si era recata a Pietra per farsi visitare: “Mentre ero seduta che aspettavo ho visto intorno a me pazienti con problemi simili al mio, quindi situazioni non gravi certamente”

ospedale abenga e pietra

Albenga/Pietra L. L’ipotesi di una nottata in attesa al pronto soccorso di Pietra Ligure la spaventa, così, insieme alla figlia, decide di andare all’ospedale di Albenga, dove viene visitata al Ppi dopo pochi minuti. Questo il paradosso raccontato dalla signora Lella, 90enne con problemi alla colonna vertebrale, in una lettera inviata alla nostra redazione.

Prima di entrare nel dettaglio di questa storia, facciamo un passo indietro. È passato quasi un mese dal servizio televisivo di Report dedicato alla situazione della sanità ligure. Le telecamere della nota trasmissione televisiva – condotta dal giornalista Sigfrido Ranucci – erano arrivate anche nel savonese per un focus sull’ospedale di Albenga e quello di Pietra Ligure. 

Da tempo entrambi i nosocomi sono al centro del dibattito pubblico e politico savonese. Tramontata l’ipotesi della riapertura del pronto soccorso albenganese, l’assetto sanitario immaginato da Asl2 e Regione Liguria si sta via via delineando ed entro fine mese verrà approvato anche il nuovo piano socio sanitario. In questa prospettiva, l’ospedale Santa Corona è l’unico Dea di secondo livello del ponente ligure, mentre quello di Albenga, dove attualmente è attivo un punto di primo intervento sulle 12 ore, avrà un ruolo cruciale nell’ottica di alleggerimento degli accessi al pronto soccorso pietrese (teniamo a mente questo aspetto perché ci tornerà utile tra pochissimo).

Questo, almeno, è sempre stato l’auspicio della direzione sanitaria, confermato anche dalle parole del dottor Lorenzo Viassolo, direttore del pronto soccorso del Santa Corona, nel giorno della riattivazione del Ppi ingauno il 15 luglio scorso: “Noi saremo quelli che da questa nuova esperienza (riattivazione Ppi Albenga, ndr) dovremmo trarne beneficio. Circa 10-12mila pazienti dovrebbero afferire a un centro del genere”, aveva dichiarato Viassolo. 

Ma come spesso accade, e da questo punto di vista la sanità non fa eccezione, un conto è la teoria e un conto è la pratica. Nei fatti al pronto soccorso dell’ospedale pietrese moltissimi accessi vengono effettuati da parte di pazienti che, in realtà, potrebbero risolvere il loro problema consultando il loro medico di famiglia o semplicemente recandosi in un punto di primo intervento. Sono i famosi codici bianchi, talvolta così bianchi (e non gravi) da essere “quasi trasparenti”. Ecco perché se si cerca la risposta alle code interminabili al pronto soccorso di Pietra Ligure molto spesso è sufficiente dare un’occhiata ai codici in attesa per rendersi conto che solo una piccola fetta di quei pazienti si trova nel posto giusto ed è, in qualche modo, “giustificata”. 

Ma c’è una storia, come anticipato, che mette bene in luce quanto sia ancora grande la confusione sui servizi sanitari e su come, soprattutto, questi vengano intesi/sfruttati dai cittadini. Una storia che, potenzialmente, può essere vista come il problema e allo stesso tempo la soluzione di alcune situazioni che, con puntuale regolarità, balzano agli onori delle cronache locali.

Nei giorni scorsi, la signora Lella, che il prossimo mese festeggerà 90anni, soffre di seri problemi alla colonna vertebrale e recentemente, dopo una brutta caduta, si è anche rotta tre vertebre e una costola: “Su precisa indicazione del mio medico curante – racconta a IVG -, sono dovuta andare accompagnata da mia figlia al pronto soccorso di Pietra Ligure. Siamo arrivate alle 17. Abbiamo trovato pazienti ovunque e tutti avevano patologie visibilmente diverse”. 

Accolta al triage “con gentilezza, competenza e attenzione”, la 90enne viene a sapere che l’attesa sarebbe stata lunga, anche perché prima di lei avevano la priorità casi più gravi: “Certamente io non rientravo in questi casi – ammette la signora Lella -. Mentre ero seduta, chiaramente a disagio, ho notato che molti pazienti in attesa avevano problemi simili al mio. Situazioni non gravi certamente, ma da verificare, come persone cadute, distorsioni”. Questa è una parte cruciale di questa storia, perché in questa fase la donna si rende conto di essere circondata da persone che erano sì in attesa da molto tempo, ma non per delle vere emergenze. 

Alle 18, poi, una donna inizia a piangere: “Si lamentava di essere al pronto soccorso dalle 8 del mattino – sottolinea Lella – per accompagnare il marito che era seduto vicino a lei e che quindi non era in gravi condizioni”. Ad un certo punto, osservando quella situazione, alla 90enne viene un dubbio: “Ho pensato che se tutto andava bene sarei uscita di lì a notte fonda – racconta – e allora mia figlia ha telefonato all’ospedale di Albenga, dove hanno riaperto il punto di primo intervento. Dopo aver spiegato al centralino la mia situazione, abbiamo saputo che se fossimo arrivati entro le 19 mi avrebbero visitata”.

Lella e la figlia non perdono tempo, salgono in macchina e vanno ad Albenga. Quello che accade al Santa Maria di Misericordia non è un miracolo, ma – come lo definisce la stessa 90enne – “un sogno”. Accolta da due volontarie della Croce Rossa, Lella viene subito accompagnata al triage. Lì, il “personale preparato, attento, competente e disponibile” le comunica che entro pochi minuti sarebbe stata visitata. E così avviene, proprio dopo pochi minuti: “Effettuata la lastra abbiamo atteso il referto e sono stata di nuovo dalla dottoressa che mi ha fatto la diagnosi – ricorda – e dato le prescrizioni adeguate alla patologia riscontrata. Alle 20 ero di ritorno a casa”.

La riflessione conclusiva di Lella racchiude la morale di questa storia e, molto probabilmente, anche la soluzione a molti problemi spesso evitabili: “Chiedo e mi chiedo le ragioni per le quali un pronto soccorso è al collasso e a pochi chilometri di distanza certamente certi interventi potrebbero essere eseguiti in tempi ragionevoli – conclude -. Sono un’anziana signora, capisco che non sia possibile avere in ogni pronto soccorso tutte le attrezzature per affrontare patologie gravi, ma certamente avere la possibilità di utilizzare le competenze mediche, infermieristiche e anche gli strumenti tecnologici sarebbe di grande utilità per situazioni tipo quella che ho descritto. Medici ed infermieri meno stressati, permanenza negli ospedali per i pazienti ragionevoli, un’organizzazione territoriale funzionale”.

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