Savona. “Mi spieghi un po’ ‘sta storia del rigassificatore?”. Una domanda che ai savonesi della redazione, ultimamente, è stata posta più e più volte. Persino nel giorno della impressionante “catena umana” sulla spiaggia. Molte persone vedono le notizie e il “movimento” contro l’arrivo della nave da Piombino, ma si rendono conto di non sapere realmente granché dell’opera, delle ragioni o delle paure. E chiedono lumi.
La confusione nasce anche dal fatto che ci troviamo davanti a due narrazioni totalmente opposte. Chi contesta il rigassificatore dipinge scenari quasi apocalittici sotto svariati aspetti (ambientale, sanitario, turistico). Chi lo appoggia tende a minimizzare, a disegnare una specie di Gardaland: una nave lontana, quasi invisibile agli occhi, con conseguenze pressoché nulle sul territorio e grazie alla quale arriveranno lavoro per le aziende locali, le famose “compensazioni” (come infrastrutture o riqualificazioni) e, perché no, magari anche uno sconticione sulla bolletta.
La documentazione sarebbe anche pubblica e leggibile da chiunque sul sito della Regione, ma è molto corposa e ovviamente poco “comprensibile” per chi non mastica la materia. Così, in questa confusione di post, appelli e interviste, IVG a nostro avviso ha, per il ruolo che riveste su questo territorio, il dovere di tentare di “mettere ordine”. Anche correndo il rischio di non essere esaustivi o di qualche inesattezza (non siamo certo tecnici). Abbiamo provato a riassumere “tutto quello che sappiamo finora” e a distinguere tra timori fondati, veri rischi e falsi miti, con l’obiettivo di aiutare i lettori a formarsi una opinione propria sui fatti reali.
E, già che ci siamo, visto che Giovanni Toti ha annunciato una diretta su Facebook “per rispondere alle domande”, ne approfittiamo per porgli quelle secondo noi più importanti in questo momento.
Piccola avvertenza – Ci riferiremo alle informazioni attualmente disponibili e di dominio pubblico, che potrebbero però cambiare nei mesi: è già successo ad esempio ad agosto con la distanza della nave dalla costa (annunciata “a 4 km da Vado”, in seguito è emerso che questo però significava “a 2,8 km da Savona”).
COS’E’ IL RIGASSIFICATORE IN BREVE
Si tratta di una nave, la Golar Tundra, costruita nel 2015. Attualmente operativa in porto a Piombino, dovrebbe arrivare a Vado nel 2026. Lunga 292 metri e alta (nel suo punto massimo) 55, stazionerà a 2,8 km dalla costa di Savona con un compito preciso: ricevere navi metaniere piene di gas liquido, riconvertirlo allo stato gassoso e immetterlo in una condotta sotterranea. Da lì il gas, attraverso il mare e i Comuni di Vado Ligure, Quiliano, Altare, Carcare e Cairo Montenotte, raggiungerà il nord Italia.
Il liquido sulle navi gasiere in arrivo sarà a -160°C (in questo modo occupa meno spazio, circa 1/600 del volume che avrebbe allo stato gassoso). Per rigassificarlo, il liquido immesso nella Golar Tundra verrà riscaldato in uno scambiatore di calore in cui scorrerà acqua di mare. Non ci sarà contatto tra i due liquidi, ma solamente passaggio di calore.
Il gas verrà poi immesso nel gasdotto, mentre l’acqua tornerà in mare a una temperatura più fredda di quella originale (circa 7 gradi in meno). Nell’acqua sarà presente una certa quantità di ipoclorito di sodio, che serve per evitare sulla nave la formazione di alghe. Grazie a questo procedimento, dovrebbe essere in grado di fornire circa 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno (il 7% del fabbisogno italiano nel 2021) per 17 anni al termine dei quali, al momento, è prevista la dismissione.
E’ prevista anche una parte a terra: le condotte che porteranno il gas fino a Cairo (in gran parte sul tracciato di tubi già esistenti) e un impianto di regolazione della pressione che attualmente sorgerebbe a Quiliano.
PERCHE’ ORA? La decisione di aumentare i rigassificatori in Italia è stata presa dal Governo Draghi in piena emergenza legata all’aumento dei costi del gas russo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Quella di Piombino è sempre stata una soluzione provvisoria: si “approfittava” di una banchina libera in attesa di individuare il sito offshore più adatto. Anche se, va detto, non ci sono ragioni tecniche per spostare la nave: la scelta è unicamente politica.
MA E’ INUTILE, TRA TRE ANNI L’EMERGENZA SARA’ FINITA. Vero, ma l’idea del Governo è che vada creata una alternativa ai gasdotti in modo da non ritrovarsi nuovamente nella situazione di un anno fa, con la Russia come unico fornitore. Si tratta insomma di una scelta strategica (o, per chi contesta, di opportunismo politico ed economico: la gran parte del gas liquido arriverà dagli Usa).
PERCHE’ PROPRIO A VADO LIGURE? Per il Governo la nave va messa in una località del centro-nord Italia, il più vicino possibile a dove si concentrano le industrie e quindi il maggiore consumo di gas. Snam ha scelto Vado Ligure per i fondali (per lo stesso motivo Maersk ha deciso di costruire qui la sua piattaforma contenitori), per le condizioni meteomarine e per la breve distanza dalla rete nazionale di trasporto del gas. Inoltre il tracciato coinciderebbe in gran parte con un metanodotto già esistente (e che sarà rimosso per far posto alle nuove condutture).
NON ESISTONO ALTRI LUOGHI ADATTI? Sì, ne esiste almeno uno a Genova, davanti a Porto Petroli nel quartiere di Multedo. Anche lì il pescaggio sarebbe adeguato e la rete di trasporto Snam sufficientemente vicina. Di questa ipotesi si è parlato a giugno, ma a luglio Ugo Salerno, AD del Rina, sosteneva che quella soluzione non era ancora stata studiata. Potrebbe essere stata accantonata un po’ per il moto ondoso non trascurabile, e un po’ per la presenza di molti altri impianti nell’area. Non che a Vado Ligure la situazione sia diversa… ma forse qui paghiamo un po’ lo scotto della solita “Genova matrigna”.
PERCHE’ COSI’ VICINO? E’ “merito/colpa” del fondale (che non richiede maggiore distanza) e della tecnologia utilizzata (a membrane, vedi più avanti punto 2 – “Dubbi sulla nave”). Non si tratta di un unicum. Nel mondo esistono circa 50 impianti: alcuni sono molto più distanti dalla costa, mentre altri sono a distanze paragonabili oppure addirittura “onshore”, a terra. Nel resto d’Europa sono in fase di studio e sviluppo 10 nuovi progetti di navi rigassificatrici (di cui 6 in Germania, gli altri in Francia, Olanda, Finlandia ed Estonia): di questi, 9 prevedono una collocazione vicino a insediamenti umani come porti o località costiere.
TUTTI I DUBBI E LE PAURE: COSA E’ VERO, COSA NO, E LE VERE DOMANDE DA FARE
1) RISCHI PER LA SICUREZZA
-Esiste il rischio di esplosione, “come una bomba atomica”: TEORICAMENTE VERO, MA REMOTO
Il paragone con una bomba atomica nasce da un libro di Piero Angela uscito nel 2007, “La sfida del secolo”, incentrato proprio sul tema dell’energia. In quel libro, Angela afferma che se una nave metaniera, per un incidente di qualsiasi tipo (guasto, cataclisma, attentato), dovesse spezzarsi, la fuoriuscita in mare di gas liquefatto darebbe il via a una sequenza di eventi catastrofici: a contatto con l’acqua di mare (più calda) inizierebbe a ribollire, formando una nube che poi, sulla terraferma, si mescolerebbe con l’aria fino a diventare una miscela esplosiva la cui potenza, in caso di esplosione, sarebbe paragonabile a quella delle bombe atomiche. Uno scenario apocalittico: “Quello della metaniera, che si spezza vicino alla costa – scrive – viene definito il peggior scenario ‘energetico’ possibile. Cioè l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche”.
Vanno però fatte tre precisazioni. La prima è che il rischio non riguarda il rigassificatore, bensì le navi cariche di gas liquido: un incidente simile, quindi, potrebbe teoricamente avvenire ovunque queste navi si trovino ad attraccare, imbarcare o scaricare (il rischio è legato solo alla vicinanza alla costa). La seconda è che per ora, nella storia, un incidente del genere non si è mai verificato nonostante il Gnl venga prodotto e trasportato ormai da decenni (i primi impianti negli Usa negli anni ’40). La terza è che le navi sono progettate proprio per ridurre questo rischio: il gas non è contenuto in un unico serbatoio ma è suddiviso in serbatoi indipendenti, protetti da vari sistemi di sicurezza.
-Ma se davvero dovesse succedere, le conseguenze sarebbero devastanti: VERO, SE RAGGIUNGESSE LA COSTA
Qualora lo scenario ipotizzato dovesse concretamente verificarsi, all’esplosione (che già da sola causerebbe migliaia di morti) andrebbero sommati gli effetti cancerogeni degli incendi successivi. Questo però solo nel caso la nube raggiunga la terraferma. Ad oggi l’analisi di rischio condotta nel Rapporto di Sicurezza allegato all’istanza – un documento da 265 pagine e 27 allegati – esclude questa eventualità: secondo l’analisi, alla luce dei sistemi di sicurezza e dell’effettiva quantità di Gnl che potrebbe essere coinvolta nell’esplosione, gli effetti non supererebbero i 400 metri (e quindi, nel caso di Savona/Vado, non raggiungerebbero la costa).
-Ma allora non c’è pericolo, è sicuro, in fondo i rigassificatori ci sono da anni e non è mai successo niente: FALSO
Lo scenario apocalittico di cui sopra non è mai accaduto, ma guasti “normali” sono invece decisamente più possibili. La storia della rigassificazione annovera decine di incidenti più o meno gravi (qui un elenco aggiornato al 2008). Senza andare troppo indietro nel tempo – quando le tecnologie non erano paragonabili a oggi – nel 2004, in Algeria, una fuga di Lng ha provocato lo scoppio del più grande impianto petrolchimico del Paese: una serie di esplosioni a catena che hanno causato 27 morti e 74 feriti.
LA VERA DOMANDA DA FARE: il rischio è sufficientemente remoto, e i vantaggi derivanti sufficientemente significativi, da accettare quel rischio?
Tutta la nostra vita è un continuo compromesso di questo tipo. Ogni volta che saliamo su un aereo, accettiamo di correre il rischio di conseguenze devastanti (precipitare e morire a centinaia) in cambio di un vantaggio tangibile (viaggiare a distanza e in poco tempo): e lo facciamo solo perché riteniamo quel rischio sufficientemente remoto. Ogni volta che saliamo in auto, sappiamo che stiamo barattando una minima probabilità di morire in cambio di uno spostamento più rapido e comodo. E lo stesso principio si può applicare a decine di cose, anche di uso comune come wi-fi e cellulari (abbiamo il dubbio che le onde elettromagnetiche causino tumori, ma accettiamo quel rischio in cambio di una connessione).
La vera domanda da fare, quindi, è: quanto è davvero remoto quel rischio, e quali compensazioni avrà in cambio il territorio? Solo quando si avranno queste informazioni si potrà valutare in modo consapevole se si è disposti o meno a correre quel rischio. Ed eventualmente combattere la battaglia perché quei vantaggi arrivino davvero nel savonese e non si fermino, ad esempio, a Genova.
2) DUBBI SULLA NAVE
-La Golar Tundra non è adatta per stare al largo: VERO
Questo dettaglio emerge in modo chiaro nel verbale della seconda seduta della Conferenza dei Servizi di Piombino: la stessa Snam specifica che la Golar Tundra adotta una tecnologia detta “a membrane” che “crea delle condizioni di maggiore fragilità in presenza di condizioni meteomarine più critiche” rispetto alla tecnologia Moss (usata dal rigassificatore di Livorno). In soldoni, i rischi in mare aperto sarebbero maggiori. In quella sede Snam spiegava di aver chiesto informazioni al detentore del brevetto dei serbatoi a membrane “sulle condizioni di continuità operativa in condizioni meteo-marine più critiche”. Non sappiamo, ad oggi, se siano arrivate o meno rassicurazioni in tal senso.
-La Golar Tundra non è un rigassificatore, ma una metaniera riadattata: FALSO
La nave, costruita nel 2015 e acquistata da Snam nel 2022 per 330 milioni di euro, nasce già in fase di progettazione per funzionare sia come metaniera sia come rigassificatore.
LA VERA DOMANDA DA FARE: la Golar Tundra sarebbe sufficientemente sicura al largo di Savona/Vado?
Va chiesto a Snam se sono mai arrivate rassicurazioni dal detentore del brevetto dei serbatoi a membrane. Oppure se le condizioni meteomarine del nostro golfo siano tali da non comportare rischi, non solo in condizioni “standard”, ma anche “di picco” (pensiamo ad esempio al periodo in cui le nostre coste sono investite da violente mareggiate). O, infine, se siano previste modifiche alla nave per ridurre o azzerare quei rischi che, a Piombino, facevano dire a Snam che trovare un sito idoneo per ospitare la Golar Tundra offshore “non è una cosa banale“.
3) DIVIETI SUL TERRITORIO
-La navigazione e la balneazione saranno interdette, “come nell’ordinanza di Piombino”: FALSO
Questo timore è emerso dopo che, nell’incontro pubblico ai Serenella, è stata illustrata l’ordinanza relativa al rigassificatore di Livorno: interdizione totale (divieto di qualunque attività) per 3,7 km, solo transito a bassa velocità per 7,4 km. Qualcuno ha applicato graficamente quei limiti al nostro mare, e il risultato è che l’interdizione totale colpirebbe le spiagge e il porto di Savona, mentre le limitazioni raggiungerebbero Celle Ligure e l’area protetta di Bergeggi.
Quella ordinanza però è relativa al rigassificatore di Livorno, e non a quello di Piombino. Le differenze sono significative. La nave si trova a 22 km dalla costa, in un luogo in cui è possibile adottare misure particolarmente prudenziali senza ripercussioni; inoltre l’ordinanza è del 2014 e relativa a una nave di tecnologia diversa dalla Golar Tundra. Non esistono insomma, almeno al momento, ragioni per ipotizzare misure identiche anche da noi.
In realtà, è molto più probabile che non vengano posti divieti così impattanti, come accade oggi a Piombino (dove la nave è a 500 metri dalle case) e come accade da sempre a Panigaglia (dove l’impianto è onshore, quindi a terra, e coesiste dagli anni Settanta con il turismo delle Cinque Terre). Anche ipotizzando che alle istituzioni non importi dell’area protetta di Bergeggi o di mettere in ginocchio l’economia balneare, un provvedimento di quel tipo ucciderebbe anche il traffico di crociere e traghetti, senza contare la piattaforma contenitori di Vado da poco realizzata: interessi economici enormi, danneggiarli in questo modo sarebbe semplicemente impensabile anche per il governante più folle.
LA VERA DOMANDA DA FARE: non ci saranno divieti significativi perché non sono necessari, oppure soltanto perché non sono possibili?
La differenza è sostanziale. Nell’iter di approvazione andrà dimostrato che quei divieti non sono necessari perché i rischi sono sufficientemente bassi; in caso contrario, dovrà essere chiaro che il rischio che si chiede di correre ai savonesi è più elevato. Una soluzione concreta e sicura sarebbe usare una nave adatta al mare aperto (come quella di Livorno) e metterla più distante: ma aumenterebbero i costi…
4) IMPATTO AMBIENTALE
-Riempiranno il mare di cloro: SI’ E NO
Come spiegato in alto, l’acqua usata per riscaldare il Gnl verrà trattata con ipoclorito di sodio per evitare la formazione di alghe nei condotti della nave. La concentrazione dovrà rispettare i limiti di legge: 0,2mg al litro. Si calcola che verranno immesse in acqua 31 tonnellate di ipoclorito di sodio ogni anno, quindi circa 85 kg al giorno.
La domanda a cui da profani non sappiamo rispondere è se quegli 85 kg siano “tanti o pochi” una volta diluiti in una massa liquida come il mare. Possiamo solo riferire che le analisi condotte dal DICCA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale) dell’Università di Genova, “hanno evidenziato – recita lo studio di impatto ambientale – come le concentrazioni di cloro e il gradiente di temperatura diffondano in modo rapido in corrispondenza degli scenari meteomarini considerati“. Per la precisione, lo studio modellistico di dispersione termica/chimica recita che “la concentrazione di cloro viene immediatamente ridimensionata in prossimità dello scarico della FSRU, e lungo tutto l’arco delle simulazioni i rispettivi valori nel dominio di calcolo si mantengono abbondantemente al di sotto delle condizioni imposte allo scarico“.
A Livorno, dove il rigassificatore opera da anni, i monitoraggi effettuati da un ente terzo (il Centro Interuniversitario di Biologia Marina ed Ecologia Applicata di Livorno) non hanno finora evidenziato impatti significativi.
-Riverseranno in mare acqua più fredda: VERO
L’acqua reimmessa in mare sarà – come detto in precedenza – di circa 7 gradi più fredda di quella circostante. Abbiamo provato a calcolare di quanta acqua si tratta partendo dal dato sul cloro, e otteniamo un dato di circa 430 mila metri cubi al giorno, 18 mila all’ora. Secondo il già citato studio elaborato dall’Università di Genova e inserito nelle analisi ambientali allegate all’istanza autorizzativa, i livelli di temperatura inferiore dell’acqua rimarrebbero circoscritti. E secondo alcuni articoli – non siamo riusciti a risalire alla fonte primaria – a Piombino l’acqua ritornerebbe alla temperatura originaria già a circa 20 metri dalla nave. Dall’altro canto, Snam stessa negli incontri ha evidenziato il rischio che questa differenza di temperatura possa generare della schiuma, parlando di rimorchiatori a disposizione per arginare il problema.
-Ci sono rischi per gli organismi vegetali e animali: ALLO STUDIO
L’opera in sé è al di fuori dell’area marina protetta di Bergeggi. Nella zona dove si troverà il rigassificatore, però (la cosiddetta “Area Charlie”), si segnala la presenza di biocenosi a coralligeno: per questo saranno effettuate specifiche indagini con l’obiettivo di stabilire il punto più adatto in cui installare le ancore.
LA VERA DOMANDA DA FARE: cloro e temperatura potrebbero in qualche modo influire su fauna e flora marina o sulle correnti?
In un contesto complesso come il nostro golfo, la precauzione non è mai troppa. A nostro avviso andrebbero chiesti a Snam e commissario straordinario ulteriori studi specifici e pubblici incentrati sulle possibili ripercussioni sull’ambiente marino, per accertare che siano davvero minime o nulle. In questo senso sarà utile la Valutazione di Impatto Ambientale, che non è stata redatta a Piombino e che invece è prevista nel nostro caso.
5) IMPATTO SUL TURISMO
-Avremo un mostro gigantesco davanti alla costa: FALSO
-Sarà solo un puntolino all’orizzonte: FALSO
Come al solito, le narrazioni di parte tendono a estremizzare. Di fatto, come abbastanza ovvio, lo scenario sarà quello intermedio: la nave sarà visibile, ma non così impattante come mostrano alcune ricostruzioni grafiche fatte dagli utenti sui social. Per tentare di “visualizzare” il reale aspetto potete prendere a riferimento le petroliere che alimentano la Sarpom. Molte di quelle navi hanno dimensioni paragonabili alla Golar Tundra, e ormeggiano anche più vicino rispetto a quanto farà il rigassificatore. D’altro canto va ricordato che normalmente non vedremo una nave, bensì due, una vicina all’altra. In questo articolo una immagine realistica, una nave di dimensioni simili alla Golar in una posizione simile.
-Avrà ripercussioni sul turismo: DIPENDE
Qui entra in gioco la comunicazione: il timore degli addetti ai lavori è che qualche turista possa scegliere altre località “spaventato” dalla presenza del rigassificatore e dal tam tam mediatico da cui è circondato. Quanto al possibile “odore di gas” sulla costa, teoricamente non dovrebbero esserci rischi: il Gnl è inodore, e i composti odorizzanti vengono aggiunti in una fase successiva, prima della distribuzione nella rete.
– Il rigassificatore non rimarrà solo a Vado, ma si sposterà tra Bergeggi e Albissola: FALSO
Una voce – fortunatamente poco diffusa – che nasce dal confuso tam tam dei social. La nave rigassificatrice non si muoverà dal suo sito.
6) LE OPERE A TERRA
-Le opere a terra danneggeranno agricoltura e/o paesaggio: IN LINEA DI MASSIMA FALSO (con una eccezione)
L’impatto sarà ovviamente maggiore durante i lavori, con un’area di occupazione temporanea pari a 24 metri; in seguito però le condotte non saranno visibili (sono sottoterra) e comporteranno solo una “area di rispetto” di 40 metri (20 per parte). L’unico vero “ingombro” sarà quello dell’impianto di regolazione di Quiliano (vedi sotto). Certo, qualche criticità ad oggi c’è se la stessa Sarpom ha scritto agli enti per manifestare perplessità; compito degli incontri successivi sarà proprio quello di identificare e risolvere queste criticità.
-A Quiliano un impianto grande come due campi da calcio devasterà campi di albicocche: PER ORA VERO
Questa contestazione è emersa dopo la presentazione dei primi progetti. L’impianto di regolazione della pressione sorgerebbe in località Gagliardi, ma occuperebbe una superficie importante in un’area coltivata; oltretutto sarebbero necessari degli espropri che potrebbero coinvolgere proprietà collegate a residenze. Anche per questo, i residenti chiedono di valutare altri siti. Una richiesta fondata, tanto che – dopo le proteste dei quilianesi – la stessa Snam avrebbe aperto ad altre soluzioni. D’altronde le alternative non mancano, visto che nei pressi si trovano diverse aree più prettamente industriali.
7) LA SITUAZIONE POLITICA
Dalle nostre parti la polemica ha assunto un connotato preciso: il centrodestra (la Regione) vuole il rigassificatore, quindi il centrosinistra (partiti e sindaci) si oppone. Ma è solo un caso.
Innanzitutto, a volere il rigassificatore è stato il Governo Draghi, sostenuto praticamente da tutte le forze politiche ad esclusione di Fratelli d’Italia (che però governa ora). In secondo luogo, nelle aree in cui si valuta l’installazione di rigassificatori la carica di commissario straordinario è stata data ai presidenti di Regione: in Liguria è Giovanni Toti (centrodestra), ma in Emilia Romagna è Stefano Bonaccini (centrosinistra). Entrambi accolgono con favore l’opera, mentre i politici locali si oppongono.
Sulla scelta in sé di puntare sui rigassificatori, insomma, in contrasto con gli obiettivi dell’Agenda 2030 che vorrebbero una transizione verso le energie rinnovabili, non sembra esserci una parte politica precisa da incolpare: chi governa (di qualsiasi “colore” sia) vuole il rigassificatore perché ritiene che in questo momento sia necessario, e chi vive sul territorio protesta. E’ successo a Livorno, a Piombino, a Ravenna, in Calabria.
Inutile quindi farne una questione “destra contro sinistra”: ha molto più senso incentrare il dibattito sulle specifiche scelte e sul metodo con cui vengono prese e comunicate. Su questo ci sentiamo di sposare la linea dettata a Savona dal consigliere Fabio Orsi (esponente del centrodestra che però contesta l’opera): almeno su questa vicenda è necessario “togliersi la maglietta” e valutare con coscienza e logiche diverse da quelle politiche.