Manoscritto originale

Una lettera originale di Cesare Pavese esposta a Savona

Si trova alla libreria Ubik di corso Italia: è stata scritta dal periodo del confino a Brancaleone Calabro, e porta la data del 18 dicembre 1935

Savona. “Ma se si dovesse vivere col solo buon senso non ne varrebbe più la pena, il mondo sarebbe troppo noioso. Mentre è bello che il mondo somigli a una gabbia di matti. Io ho la pazzia malinconica e poetica, un altro ce l’ha furiosa; un terzo, passionale…”. E’ uno dei passaggi contenuti nella lettera originale di Pavese che è attualmente esposta alla libreria Ubik di Savona.

La lettera appartiene al periodo del confino a Brancaleone Calabro, e porta la data del 18 dicembre 1935. A maggio infatti lo scrittore (che allora aveva 27 anni) era stato sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali aderenti a “Giustizia e Libertà” a contatto con Leone Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di Altiero Spinelli detenuto per motivi politici nel carcere romano. Accusato di antifascismo, Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro dove visse in esilio per 6 mesi.

Davide Lajolo nel libro “Il vizio Assurdo” introduce questa lettera con queste parole: “il 17 dicembre Pavese ha la notizia che “Lavorare stanca” vedrà la luce. Ecco i suoi pensieri in proposito e la sua promessa, vincolata agli attacchi d’asma, per l’invito che gli è stato rivolto di fare domanda di grazia…”.

Pavese, quindi di fronte all’invito della parente savonese di chiedere la grazia, risponde così (eludendo la censura): “…A questi lumi di luna, i suoi consigli non sono però da pigliarsi alla leggera. Quando sarò arrivato a sei accessi d’asma (sono già a quattro) Le prometto che ritornerò su quanto Lei mi scrisse. Va bene?…”.

La destinataria Irma Sini, (da nubile Peluffo) era nata a Savona nel 1898. Trasferitasi poi a Torino aveva sposato Luigi Sini, fratello di Guglielmo (entrambi citati nel testo) marito di Maria Pavese, sorella dello scrittore. In pratica Irma e Maria erano cognate.

Irma Peluffo Sini, rimasta vedova e senza figli nel 1961, è deceduta a Torino nel 1975. Questa lettera è stata trovata da una nipote che vive a Savona tra le pagine di un libro appartenuto proprio alla zia.

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