Savona. Sono stati presentati questa mattina i dettagli dell’operazione di bonifica dei due relitti carichi di residuati bellici inesplosi rinvenuti lo scorso mese di febbraio al largo del porto di Savona effettuate a metà marzo dagli uomini del Raggruppamento Subacquei ed Incursori (Comsubin) della Marina Militare su richiesta della Prefettura di Savona.
I relitti (che con tutta probabilità sono motozzatere tedesche affondate negli ultimi anni della seconda guerra mondiale) si trovavano alla profondità di 48 metri e perciò i militari del Comsubin sono intervenuti con gli assetti subacquei più pregiati posti alle proprie dipendenze: la nave Anteo, concepita per il supporto alle operazioni subacquee profonde, e i palombari Eod-Navy del Gruppo Operativo Subacquei.
“La nave Anteo è intervenuta su dei punti segnalati dal nucleo subacquei della capitaneria di porto di Genova – spiega il comandente Privietera – Il nostro nucleo effettuato delle ispezioni speditive a mezzo di Rov con operatore subacqueo per individuare la zona di lavoro. Dopodiché gli operatori hanno effettuato la rimozione dei residuati bellici e la loro distruzione in un’area di sicurezza”.
Gli ostacoli non sono mancati: “Le difficoltà maggiori sono state legate alle condizioni meteo-marine, con raffiche di vento fino a 60 nodi di intensità. Inoltre, ci siamo trovati ad operare ad una profondità piuttosto elevata, di circa 50 metri, su un relitto in avanzato stato di degrado e di danneggiamento”.
L’operazione di bonifica è iniziata il 14 marzo ed è durata 6 giorni (due dei quali in condizioni meteomarine proibitive) per un totale di 76 ore d’immersione. “Abbiamo effettuato immersioni per circa 8 giorni – spiega il comandante Casaretti – Io personalmente mi sono immerso tutti i giorni per un’ora e mezza alla ricerca degli ordigni. In questo momento sto utilizzando l’Asas o ‘palombaro leggero’. E’ un’apparecchiatura che ha sostituito in tutto e per tutto il vecchio palombaro. I vantaggi sono dati da una vestizione molto più leggera rispetto alla vecchia tuta; la tenuta stagna che permette di fare immersioni in acque dalla temperatura proibitiva; la costante comunicazione con la superficie, che permette a chi si trova sulla nave d’appoggio di vedere continuamente cosa l’operatore sta facendo sul fondo. E’ una apparecchiatura molto maneggevole”.
L’intervento è stato condotto attraverso la campana subacquea Sdc (Submersible Decompressione Chamber), l’apparecchiatura subacquea asservita dalla superficie e l’autorespiratore ad aria. In tutto sono stati resi inoffensivi 105 i proiettili da 75 mm, ciascuno contenente 370 grammi di esplosivo ad alto potenziale, che sono stati recuperati e neutralizzati.