11 marzo 2014

Dieci anni fa il sequestro dei gruppi a carbone di Tirreno Power, Stefano Milano: “Sapremo liberarci anche del rigassificatore”

"Riusciremo nel nostro intento: troppo estesa è l'opposizione, troppo aberrante il progetto"

Generico marzo 2024
In alto una protesta nei primi anni '10 contro la centrale, in basso una recente contro il rigassificatore

Savona. “I cittadini savonesi si stanno mobilitando per impedire il rigassificatore e per poter scegliere il proprio futuro. Così come in passato siamo riusciti a liberarci da una precedente grande minaccia, riusciremo nel nostro intento: troppo estesa è l’opposizione, troppo aberrante il progetto“. Con queste parole Stefano Milano, libraio, una delle anime della Rete savonese Fermiamo il Carbone, collega la storica battaglia contro la centrale elettrica di Tirreno Power e la protesta degli ultimi mesi contro il trasferimento a Savona della nave rigassificatrice Golar Tundra, proprio a 10 anni dal sequestro dei gruppi a carbone della centrale valdese da parte della Procura di Savona, avvenuto l’11 marzo 2014.

Un “collegamento” tra le due vicende che gli attivisti hanno manifestato subito, con uno striscione contro il rigassificatore presente in aula il giorno della sentenza nel processo Tirreno Power, il 3 ottobre 2023. “Oggi sono 10 anni che è terminata la storica era del carbone a Savona – scrive Milano – una storia di industrializzazione sbagliata (ora è opinione comune che è stato un atto sconsiderato installare una centrale a carbone nel mezzo di una città densamente abitata), ma anche di una cieca ricerca del profitto a danno dei cittadini: negli ultimi anni l’azienda aveva incamerato centinaia di milioni di utili senza spenderne una parte significativa nei necessari miglioramenti ambientali. E ‘stata anche una storia di compiacenze, di insensibilità al pericolo, ma soprattutto di disarmante mancanza di empatia sulla sofferenza e sul benessere delle persone. Storia che è quindi inevitabilmente terminata non in modo graduale (la politica non ha ‘accompagnato’ l’uscita dal carbone), ma in modo traumatico grazie alla magistratura, con il sequestro giudiziario dei gruppi (unico caso al mondo), e grazie agli esposti dei comitati di cittadini”.

“L’allora procuratore capo Francantonio Granero aveva dichiarato che ‘in diecimila intercettazioni, non c’era uno che si preoccupasse della salute dei cittadini’. Tutti a favore di vento, nessun colpevole. E il veleno che usciva a 200 metri di altezza secondo alcuni non si ‘diffondeva’, ma semplicemente si ‘disperdeva’: il giudice di primo grado ha infatti sentenziato che non c’è nessun nesso diretto con le patologie, anche se la Procura in questi giorni ha fatto ricorso in appello“.

Per i comitati dei cittadini è stata una battaglia durissima – ricorda Milano – Perché a Savona il carbone era la ‘normalità’, un fattore identitario da più di 40 anni. Non esisteva più la percezione del pericolo: si bruciavano cinquemila tonnellate di carbone al giorno, in mezzo alle case, alle scuole, agli asili. Vivendo sotto le ciminiere. Un’azienda (prima l’Enel, poi Tirreno Power) era entrata lentamente sottopelle nel tessuto sociale: molti gli assessori o i parenti assunti, molte attività sportive sponsorizzate, grandi slogan. Il più usato era: ‘Per crescere insieme’. Una fiducia totale: l’azienda monitorava da sola i livelli di inquinanti che uscivano dalle ciminiere, senza controllo pubblico. Qui il carbone si controllava da solo”.

“Solo una quindicina di anni fa la lotta dei comitati (poi riuniti nella Rete fermiamo le fonti fossili) ha incominciato ad avere un approccio organico e organizzato: si sono incominciati a raccogliere dati, a inviare diffide, a raccogliere fondi per sensibilizzare la popolazione con manifestazioni e convegni. Da lì le prime perizie, i ricorsi al TAR, la raccolta delle cartelle cliniche: 180.000 euro di soldi spesi da singoli cittadini per la ricerca della verità, fino ai due corposi esposti che avevano portato all’apertura del primo fascicolo da parte della Procura di Savona, e poi al sequestro”.

Oggi la città si trova a dover affrontare una nuova minaccia: un rigassificatore a soli 3 km da Savona – avverte Milano – Di nuovo un progetto estremamente pericoloso, inquinante, attualmente non più necessario. Proprio come per la centrale a carbone, una scelta nuovamente assurda, imposta dall’alto e non condivisa. Il 97% dei cittadini è contrario al progetto (è emerso in un sommario sondaggio sui social), ma stavolta sono contrarie anche tutte le amministrazioni, le categorie economiche, i partiti, anche di opposizione. Nonostante ciò, il Governatore della Liguria Toti ha preferito ignorare il pericolo e soprattutto il volere dei cittadini che avrebbe dovuto rappresentare”.

“La cittadinanza avrà modo di far valere il suo dissenso in tutti i modi legalmente consentiti (in questi giorni è stato presentato un esposto in Procura, proprio come ai tempi del carbone), nella piazze, e nelle 40 sfide elettorali che vi saranno a breve in provincia. Savona saprà anche stavolta mobilitarsi per poter scongiurare la minaccia, scegliere il proprio futuro, e far valere diritti collettivi contro potentissimi colossi economici e i loro referenti politici. Ieri come domani” conclude Milano.

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