Risultato

Rigassificatore, più di 8000 firme per la petizione al Parlamento Europeo

Scarone (M5S): "La risposta della popolazione è stata ammirevole"

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Savona. La raccolta firme relativa alla petizione europea contro il rigassificatore, promossa dalle europarlamentari Tiziana Beghin e Mariangela Danzì e redatta dal giurista ambientale Marco Grondacci, è stata sottoscritta da più di 8000 persone. Lo fa sapere la coordinatrice savonese del Movimento 5 Stelle, Stefania Scarone.

“L’iniziativa – spiega – è stata proposta nell’ambito del coordinamento No rigassificatore, formato da più di 50 associazioni e alcune forze politiche. E alla mobilitazione si sono aggiunte spontaneamente altre associazioni, tantissimi cittadini, gruppi Facebook e WhatsApp che si sono spesi per raccogliere le firme a sostegno di questa Petizione Europea, a riprova delle forti preoccupazioni e contrarietà in merito al riposizionamento della Golar Tundra da Piombino a Savona/Vado, per le conseguenze sull’ecosistema marino, sull’ambiente, la potenziale pericolosità, l’impatto sul turismo”.

La risposta della popolazione è stata ammirevole – aggiunge Scarone – tenuto conto che la petizione, essendo cartacea, richiedeva la presenza fisica della persona nei punti di raccolta e del breve tempo disponibile per concludere e spedire la documentazione a Bruxelles“.

“Si ringraziano tutte le attività commerciali che hanno messo a disposizione i loro locali per la raccolta e la sottoscrizione e i tanti volontari che hanno collaborato spontaneamente a raccogliere firme ovunque, anche con banchetti improvvisati, dimostrando un grande spirito civico e senso di responsabilità verso il proprio il territorio e amore per il proprio mare” conclude.

Ora la petizione verrà inviata al Presidente della commissione UE per le petizioni.

LA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO

Il documento vuole sollevare “numerose violazioni delle norme comunitarie da parte della legge speciale nazionale che disciplina la suddetta procedura […] ma anche delle modalità istruttorie con le quali il suddetto procedimento è stato ad oggi impostato“.

Nella petizione Grondacci si sofferma dunque su diversi aspetti: partendo dal caso del rigassificatore di Porto Empedocle, che a suo dire “dimostra una sistematica violazione di norme comunitaria da parte della legislazione nazionale in materia di rigassificatori“, sviluppa una lunga analisi in cui sostiene una violazione della direttiva sul rischio di incidenti rilevanti e una “non completa applicazione” delle norme tecniche di sicurezza della Seveso III, una presunta “violazione dei parametri delle norme comunitarie in materia di mutamenti climatici“, il mancato rispetto dei criteri per localizzare le infrastrutture di cui alla direttiva 2014/94, una “non valutazione dell’impatto cumulativo” del rigassificatore “con il progetto small scale“, la presunta violazione della normativa sulla biodiversità e, infine, il mancato rispetto delle norme sulla partecipazione delle comunità locali per la realizzazione di impianti a Gnl.

Il documento sembra ricalcare in parte temi già sollevati da una analoga petizione partita a suo tempo da Piombino: a tradire le origini comuni il primo punto, relativo a una “violazione delle ipotesi di deroga alla Via” (ossia la Valutazione di Impatto Ambientale), che effettivamente a Piombino non fu fatta ma che invece, nel caso di Vado Ligure, è prevista.

Anche le obiezioni relative alla sicurezza e alla Legge Seveso erano già contenute nella petizione toscana, ma il 30 agosto 2023 la Commissione per le petizioni le rispedì al mittente spiegando che “la direttiva Seveso III sul controllo degli incidenti industriali rilevanti riguarda gli stabilimenti in cui possono essere presenti sostanze pericolose in quantità superiori a una determinata soglia“, mentre “sono escluse dalla direttiva alcune attività industriali che sono soggette ad altre normative che garantiscono un livello di protezione analogo (ad esempio gli stabilimenti nucleari, le piattaforme offshore, i gasdotti o il trasporto di sostanze pericolose)“. Una battaglia difficile, quindi, dato che in quel caso la commissione stabilì che “nessuna violazione del diritto dell’UE può essere accertata” (il verbale è pubblicato qui). Un esito che la nuova petizione cerca di scongiurare contestando alcune conclusioni raggiunte in quella sede.

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