Campionato perso. Fase regionale dei play off neanche raggiunta. La stagione del Savona è stata fallimentare e la partita di ieri sera contro la Campese è stata la sintesi di un’annata deludente.
Non si può accusare il club di non aver profuso il massimo sforzo per tentare una rapida scalata. L’urgenza di riportare la squadra nelle categorie di competenza ha fatto sì che si puntasse su una rosa di grandi nomi per centrare una promozione flash. Alla fine, è stato il contrario. Come sottolineato dal direttore generale Sinopia, a margine della gara, è mancata l’amalgama in un gruppo di giocatori di valore ma eterogeneo per storia personale e concezione del calcio.
È dunque venuta a mancare un’identità chiara. Tante vittorie sono arrivate per manifesta superiorità rispetto alle avversarie, successi quasi fisiologici. Ogni volta che si è alzato il livello sono venuti a galla i limiti del collettivo. Il Savona ha fatto vedere solo a tratti, anche forse per via dei tre allenatori in una stagione, uno stile di gioco. Non è stato una formazione tecnica che proponendo il proprio credo mette alle corde gli avversari. Non è stato nemmeno la squadra solida che, forte dell’esperienza, concede quasi nulla e gestisce le partite facendole finire nella buca prediletta. Infatti, sia contro la Sampierdarenese sia contro la Campese i biancoblù non sono riusciti a sfruttare il vantaggio dei due risultati su tre.
Ieri, il leit motiv è stato la palla lunga, di per sé una buona soluzione se fatta con giocatori adatti alla spizzata – con Castagna dentro le cose sono migliorate – e se alternata ad altre soluzioni. Oltre a questo sono mancate la lucidità e la giusta dose di spietatezza, oltre a un pizzico di fortuna, nel trasformare in goal le occasioni che comunque la Campese ha concesso. I genovesi sono stati quadrati e generosi, ma hanno lasciato buchi e sono sembrati tutt’altro che impenetrabili quando messi sotto pressione. Il tutto è stato reso più complicato dalla marcatura blanda sul calcio piazzato che, al decimo, ha incanalato la partita sul binario auspicato dalla squadra di Meazzi.
Quale insegnamento trarre da questa annata? Non sta a noi dirlo ma guardando alle squadre che hanno fatto bene nei campionati minori in passato verrebbe da dire che la rifondazione della rosa sarebbe da fare chiarendo fin da subito il tipo di squadra che si intende allestire. Creare un collettivo giovane con qualche pedina esperta che punti sul gioco? Affidarsi a un gruppo esperto che punti sulla solidità e la concretezza? Qualunque sia la scelta, l’importante è che non vi siano vie di mezzo e che si inseriscano “specialisti della categoria”.
Servirebbe, in estrema sintesi, fondare un progetto tecnico che possa esaltare i tifosi attraverso un modo di interpretare il calcio chiaro e coerente. In grado, soprattutto, di portare risultati generando così entusiasmo e orgoglio. Farlo è importante perché la tifoseria ha sempre dato segnali forti di attaccamento. Sarebbe davvero un peccato non alimentare la voglia di Savona che si è potuta riscontrare nel corso di tutta la stagione, visto il seguito che le vicissitudini dei biancoblù hanno avuto.