Ancora dubbi

Incendio alla sede dell’Autorità Portuale di Savona, la Procura chiede l’archiviazione video

Sono destinate a cadere le accuse nei confronti delle otto persone indagate

Savona. Sono destinate a cadere le accuse nei confronti delle otto persone indagate per l’incendio che il 23 ottobre 2018 aveva distrutto la nuova sede dell’Autorità Portuale di Savona.

Al termine dell’indagine coordinata dal sostituto procurato della Repubblica Chiara Venturi e durata più di due anni, non è stato possibile individuare alcun responsabile per il rogo, che si sarebbe originato da un mozzicone di sigaretta lasciato cadere in un mucchio di carta presente sulla terrazza al quarto piano dell’edificio.

La nuova sede dell’Autorità Portuale savonese era stata inaugurata da poco più di un anno, nel giugno 2017, ed era costata quasi 9 milioni di euro. Fin da subito a colpire fu proprio la rapidità con cui l’incendio si sviluppò, “divorando” l’intero edificio, teoricamente ignifugo.

Fortunatamente i successivi rilievi di vigili del fuoco e Arpal esclusero la presenza di inquinanti nell’aria, tranquillizzando i cittadini preoccupati per quel “mostro” di fumo. Le indagini effettuate tramite uno strumento specifico, il “draeger” (che accerta l’eventuale presenza nelle zone immediatamente adiacenti l’incendio di sostanze gassose), restituirono valori sotto il limite di rilevabilità.

Il giorno stesso la palazzina venne messa sotto sequestro dalla Procura di Savona su decisione del pm Chiara Venturi, mentre gli uomini della finanza marittima raccolsero le testimonianze dei dipendenti. I racconti dei presenti permisero una prima frammentaria ricostruzione dell’accaduto, indirizzando le indagini verso una causa specifica: il mozzicone di sigaretta sul terrazzo.

Secondo il professor Luca Marmo, il perito incaricato dalla Procura di Savona di ricostruire le circostanze del rogo per verificare eventuali responsabilità, vi sarebbero stati errori nella costruzione e nell’abbinamento dei materiali. Nel giugno 2019 è stata disposta addirittura una vera e propria “simulazione” all’interno della caserma dei vigili del fuoco di Velletri, con la ricostruzione del muro esterno e il montaggio dei pannelli ignifughi sulla facciata. La conclusione a cui è giunto il perito è che a rendere così violento e rapido l’incendio siano stati due dettagli costruttivi: la mancata intonacatura della facciata “interna” e la distanza tra quest’ultima e i pannelli esterni con cui era rivestita.

Le fiamme si sarebbero estese alla facciata interna, costruita con un materiale plastico di nome Argisol (altamente infiammabile), e l’intercapedine tra la facciata e i pannelli colorati che la rivestivano (in alluminio, ignifughi) avrebbe fatto da “camino” permettendo alle fiamme di svilupparsi molto rapidamente. Secondo il perito se i due pannelli fossero stati attaccati, o se la facciata fosse stata intonacata, l’incendio non si sarebbe sviluppato. L’intonacatura era stata effettuata all’interno dell’edificio, mentre l’estero era stato rivestito di piastrelle di un materiale chiamato Etalbond e verificate come ignifughe.

Al momento dell’incendio non esisteva una norma che obbligava costruttori e direttori lavori ad intonacare l’Argisol, ma soltanto linee guida dei vigili del fuoco, di applicazione volontaria. Alla luce di ciò, la Procura aveva deciso di derubricare l’inchiesta da incendio doloso a incendio colposo.

Nei mesi scorsi la posizione del collaudatore Alessandro Pentimalli e del direttore dei lavori delegata da Aps per i lavori strutturali, Susanna Pellizza, era stata già archiviata; ora stanno per cadere le accuse di incendio colposo in capo a Paola Roascio (direttore dei lavori di Aps), a Luca Gaminara (direttore lavori con delega antincendio di Aps); Andrea Mazzini, Loredano Gianasi, Antonio Sileo ed Enrico Cavaliere (Iti); prosciolti anche gli artigiani Arton Gashi e Francesca Chiavacci.

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Nomi
Incendio Autorità Portuale, nove persone iscritte nel registro degli indagati
Incendio autorità portuale
Analogie
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