Bandito di professione

Patteggia il rapinatore seriale di banche preso a Savona dopo l’assalto alla Carisa

Tra marzo e luglio aveva colpito tre volte nel savonese, ma dopo l'arresto aveva confessato altri due colpi nel torinese

Savona. Il 5 luglio del 2016 era finito in manette con l’accusa di aver commesso tre rapine in banca, due a Savona e una a Varigotti, e poi, a sorpresa, quando era davanti al gip si era assunto la paternità di altre due rapine avvenute in provincia di Torino. Questa mattina il bandito seriale, Giulio Campanale, un sessantaduenne originario di Foggia, ha patteggiato tre anni di reclusione e 600 euro di multa.

Il giudice Francesco Meloni, considerato anche il suo comportamento processuale (decisamente collaborativo), questa mattina gli ha concesso anche la revoca della custodia cautelare in carcere concedendogli gli arresti domiciliari.

Campanale era finito in manette qualche ora dopo aver rapinato la Banca Carisa di Corso Vittorio Veneto a Savona. La polizia però gli aveva contestato anche altre due rapine avvenute nei mesi precedenti nel savonese: l’assalto alla banca Carispezia di via Guidobono del 24 marzo e quella avvenuta alla Carige di Varigotti il 24 maggio.

Il bandito non solo aveva ammesso quegli assalti, ma aveva appunto confessato di aver commesso due rapine avvenute nel maggio scorso in provincia di Torino, a Venaria Reale e a Villafalletto.

All’indomani delle prime due rapine, gli agenti della Polizia di Stato avevano avviato un’indagine ad ampio raggio per ricostruire nel dettaglio il modo di agire e le caratteristiche del malvivente che le aveva messe in atto. Ciò aveva permesso inizialmente di restringere la cerchia dei possibili colpevoli e successivamente di arrivare all’identificazione dell’autore degli assalti.

Le testimonianze e gli elementi investigativi raccolti subito dopo la rapina alla Carisa di corso Vittorio Veneto avevano convinto gli agenti che si trattava della stessa mano. E così, a poche ore dalla rapina, gli agenti della Squadra Mobile della polizia avevano messo in atto un’imponente operazione per cercare di rintracciare Campanale, che risultava residente a Torino, ma, di fatto, da tempo era domiciliato a Savona.

rapina carisa

Campanale era stato individuato verso le 19.30 (cioè pochissime ore dopo il colpo) mentre si trovava in piazza Marconi in compagnia della fidanzata, una cittadina di origine cinese. Gli agenti non lo avevano fermato subito, ma lo avevanoo pedinato fino alla sua abitazione in via Chiodo, nei pressi della Darsena. Qui avevano fatto scattare il blitz e lo avevano fermato.

I poliziotti avevano perquisito l’abitazione di Campanale, ma senza trovare nulla di rilevante. A questo punto avevano passato al setaccio la sua auto, una Fiat Punto: qui, all’interno del vano che custodisce la ruota di scorta, nel bagagliaio, gli agenti avevano trovato il bottino della rapina. Quindi erano scattate le manette.

Una volta scortato in Questura, l’uomo aveva ammesso di essere l’autore delle rapine e aveva spiegato di essersi disfatto degli abiti e della pistola utilizzati nell’ultimo assalto gettandoli in un cassonetto di via Gramsci (dove poi sono stati recuperati).

Secondo quanto accertato dagli inquirenti, Giulio Campanale era un rapinatore “di professione”, molto attento e scaltro (tanto da cambiare spesso appartamento, in modo da risultare difficilmente reperibile). Dopo ogni colpo si disfaceva degli abiti e delle armi utilizzate e cercava di lasciare dietro di sé meno indizi possibili. Metteva a segno un colpo ogni due mesi circa, ovvero ogni volta che aveva bisogno di denaro.

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