Cronaca

A giudizio per minacce ed estorsione, assolto dopo 5 anni di udienze si sfoga: “E’ stato un incubo, io in cella senza riscontri”

Savona Tribunale

Savona. Un processo che ruotava intorno ad una storia di estorsione e minacce chiuso con una condanna e quattro assoluzioni. Una sentenza, arrivata dopo cinque anni di udienze in tribunale, che per uno degli imputati assolti, Giuseppe Notarstefano, cinquantenne torinese, ha rappresentato la fine di un incubo. L’uomo si era infatti sempre dichiarato estraneo ad ogni accusa, ma per riuscire a dimostrarlo sono passati più di sette anni, un tempo sembrato quasi infinito.

A giudizio insieme a lui erano finiti anche altri quattro torinesi, tra cui Dario Perini. I cinque, secondo l’accusa, avevano convinto madre e figlio, 72 anni lei e 50 lui, a cedere il patrimonio ereditato dal capofamiglia: un alloggio a Torino (in corso Peschiera), tre a Loano e uno a Sanremo, oltre ai garage e anche una Bmw “Serie 5” station wagon. Un patrimonio di vari milioni di euro che, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe in gran parte andato in fumo per investimenti “suggeriti” da un promotore finanziario, poi radiato dall’albo.

Un giro di denaro dal quale erano usciti anche alcuni assegni per la cui riscossione sarebbero entrati in gioco proprio Perini e gli altri coimputati che, pur di riavere indietro i soldi, sarebbero arrivati a minacciare l’uomo. Secondo lo schema ipotizzato dagli inquirenti Perini sarebbe stato il “dominus”, mentre gli altri avrebbero agito come “longa manus” per lui. Di qui la denuncia della parte offesa sulla base della quale, nel 2007, era scattato l’arresto dei cinque da parte dei finanzieri del Gico di Torino.

Lo scorso 9 aprile il collegio del tribunale ha condannato Dario Perini (limitatamente ad alcuni degli episodi contestati, quelli relativi agli assegni e alla vendita degli immobili a Loano) a sette anni di reclusione (di cui tre condonati) e 2000 euro di multa, interamente condonata, oltre alle pene accessorie ed al pagamento di una provvisionale da 30 mila euro verso la parte civile. Per tutti gli altri imputati è stata invece pronunciata una sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto”.

“Ora è tutto finito, ma io devo ancora metabolizzare. Sono stato tirato in ballo in questa vicenda perché ho acquistato una macchina dalla parte offesa con regolare voltura. La moglie di questa persona, cointestataria dell’auto, quando si è accorta che era stata venduta mi ha denunciato raccontando che io li avevo minacciati, anche con un’arma. Grazie a dio io non avevo né l’arma né il porto d’armi se no non so come sarebbe andata” si sfoga Notarstefano a qualche giorno dalla sentenza.

“Sono stati anni da incubo: mi hanno preso come un delinquente a casa, ho fatto più di venti giorni carcere e poi 8 mesi di domiciliari. Una sofferenza sapendo di non aver fatto nulla. Poi è arrivato il processo spostato da Torino a Savona per un’incompatibilità territoriale. Qui sono serviti cinque anni, dal 2009 ad oggi, per arrivare ad una sentenza. Sono senza parole per quello che è successo non c’erano i presupposti per arrestarmi, mancavano i riscontri eppure sono finito in carcere..”.

“In questi anni ho perso tanti parenti e amici che dopo quanto successo mi hanno voltato le spalle. Per fortuna mia moglie e mio figlio non hanno mai perso la fiducia in me e mi sono rimasti sempre vicini. Anche mio fratello Mauro mi ha sempre dato il suo sostegno nonostante avesse anche dei suoi problemi, così come una cara amica, Giuditta, che mi è sempre stata vicina. Non finirò mai di ringraziarli. Infine non posso che ringraziare l’avvocato Anna Ronfani che ha creduto in me dalla prima volta ed è una persona che mette prima di tutto la sua professionalità” conclude Giuseppe Notarstefano che, guardando al futuro, pur ammettendo che non sarà facile si augura di poter ritrovare un po’ di serenità.

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