Dietro le quinte

Dalla telefonata all’ospedale, così si gestisce l’emergenza sanitaria: viaggio nella centrale del 118

Mentre parliamo con l'operatore l'ambulanza è già in viaggio per soccorrere il paziente: "Così garantiamo un tempo di intervento tra i migliori d'Italia"

Liguria. L’operatore del 118 parla con il centralinista operativo nella sede di una pubblica assistenza: “Dalla centrale, via XX settembre, è un Charlie 1, giallo. Due sei sette, confermi? Va bene”. Il linguaggio, apparentemente criptico è in realtà il codice base di chi lavora nelle emergenze. “Charlie 1” significa traumatica, “giallo” è il codice di media gravità e “267” è il finale di targa dell’ambulanza di quella pubblica assistenza che si trova più vicina al luogo dell’emergenza, che gli operatori vedono sul loro sistema (ma altre volte è un codice a quattro cifre con cui vengono identificate le ambulanze). A cadere in strada una donna anziana. È vigile, per questo il codice è giallo, ma dovrà essere portata in ospedale per escludere un trauma cranico.

Mentre il dispatcher sta inviando in questo modo rapidamente i soccorsi, dopo aver visionato una breve scheda con le informazioni essenziali (tipo di evento, dove, condizioni del paziente), chi ha preso la telefonata, in gergo tecnico il call taker, resta al telefono con la persona che ha chiamato. In questo caso si tratta di un passante che ha assistito alla caduta a cui chiede informazioni più dettagliate sulla dinamica dell’evento e fornisce istruzioni su cosa può fare fino all’arrivo dell’ambulanza.

Poco dopo arrivano altre chiamate: “Emergenza sanitaria, in cosa posso esserle utile?”, risponde l’operatore all’utente già filtrato dal 112. C’è una persona caduta in casa e, poco dopo un uomo affetto da convulsioni. Il protocollo di lavoro si ripete: da un lato un operatore invia i soccorsi, dall’altro il collega rivolge alcune domande tecniche e spiega al paziente o a chi lo sta assistendo cosa osservare e come comportarsi se le condizioni si aggravano.

Le istruzioni “pre arrivo”

La sala operativa del 118 è suddivisa in due aree – spiega il direttore del 118 Paolo Frisoni – l’area dei call taker, cioè coloro che ricevono la chiamata dirottata da 112 e l’area dei dispatcher, ovvero coloro che gestiscono la flotta dei mezzi e le condizioni dei pazienti. La telefonata viene gestita tramite un sistema di intervista ‘predefinito’ che permette di identificare bene il tipo di patologia e assegnare il codice colore”.

Mentre chi ha preso la telefonata parla con il chiamante, contemporaneamente il dispatcher invia il mezzo. Nel frattempo per esempio in caso di arresto cardiaco il call taker oltre a ricevere la telefonata può spiegare come effettuare le prime manovre di soccorso. “In caso di arresto cardiaco chi prende la chiamata alla centrale del 118 svolge un altro ruolo che può rivelarsi fondamentale”, spiega Giorgio Picasso, operatore di lungo corso e unanimemente considerato l’anima della centrale operativa. Dal sistema si vede infatti la mappa con i defibrillatori presenti in tutti i quartieri e anche nelle aree dell’entroterra: “Il call taker dà istruzioni sul defibrillatore più vicino – e chi se la sente può prenderlo. Servirebbe un corso per utilizzarlo ma in caso di grave emergenza l’operatore è in grado di fornire a chiunque le istruzioni base per utilizzarlo, e spiegare come fare bene le compressioni toraciche esterne”.

118 centrale genova

Questo per chiarire come la lunghezza delle telefonate e le molte domande che dalla centrale vengono poste a chi chiede aiuto non inficiano sui tempi di arrivo di un’ambulanza: “A volte la gente pensa o addirittura ci dice che facciamo troppe domande e perdiamo tempo ma non è cosi perché – ribadisce Picasso – mentre il collega fa le domande e dà le istruzioni di pre-arrivo, l’operatore di fronte ha già inviato i soccorsi”.

L’invio dell’ambulanza e la scelta dell’ospedale

Nella zona dei dispatcher c’è sempre un infermiere specializzato che “valuta le condizioni del paziente in base alla descrizione fornita dai militi dell’ambulanza e assegna il codice colore in base alla gravità”, spiega l’infermiere specializzato Andrea Frola.

L’operatore dispatcher ha il compito primario di trovare l’ambulanza in grado di arrivare nel minor tempo. Solitamente è quella più vicina per sede ma talvolta può essere anche un’ambulanza che ha terminato un altro servizio e, rientrando in sede si trova fortuitamente nelle vicinanze della zona dove si verifica l’evento. Tutti i mezzi delle pubbliche assistenze sono infatti mappati sul monitor così come il percorso che compiono per raggiungere un ospedale.

Il dispatcher decide poi, insieme all’infermiere, la destinazione ospedaliera, ovvero ha il compito di indirizzare il paziente giusto nell’ospedale giusto. I flussi vengono gestiti anche in base all’affollamento del pronto soccorso: un grosso schermo su una parete della sala emergenze mostra in tempo reale la situazione degli ospedali.

La scelta dell’ospedale di destinazione la fa quindi direttamente la centrale del 118, ma – è bene saperlo – in questo caso il paziente, se è cosciente, può chiedere di andare in un altra struttura: “Noi scegliamo in base ai parametri del paziente e al grado di affollamento della struttura l’ospedale più idoneo – ci spiegano – ma non possiamo obbligare il paziente ad andare in un ospedale dove non vuole andare. A quel punto quindi i militi dell’ambulanza fanno firmare una liberatoria e portano il paziente dove richiesto. Il rischio appunto è che se quel pronto soccorso è particolarmente affollato o sta trattando diversi casi gravi, i tempi di attesa potrebbero essere particolarmente lunghi.

Ogni anno migliaia di chiamate di soccorso

In base al tipo di emergenza vengono attivati i mezzi di soccorso di base oppure i mezzi avanzati che sono costituiti da automediche, le auto infermierizzate e gli elicotteri. La centrale di Genova del 118 gestisce fra l’altro il soccorso in elicottero di tutta la regione.

“Abbiamo il medico di centrale che lavora 365 giorni l’anno h24 – spiega il direttore Frisoni – abbiamo gli infermieri e abbiamo gli operatori tecnici opportunamente formati. La chiamata arriva dal 112 con già individuato l’indirizzo e il tipo di emergenza, Quando una chiamata arriva alla centrale operativa del 118 significa che la chiamata è di tipo sanitario ma questo non vuol dire che la chiamata riguardi solo la sanità: tutte le centrali sono interconnesse e si possono parlare fra di loro. Il 112 invia una scheda conoscenza agli altri enti potenzialmente interessati che possono essere forze dell’ordine o vigili del fuoco e le centrali sono interconnesse per gestire un intervento completo”. I tempi di intervento? “Sono circa di 7 minuti e sono orgoglioso di dire – sottolinea Frisoni – che abbiamo uno dei tempi migliori d’Italia

Il medico di turno vigila su tutte le chiamate e interviene per approfondimenti

Silvia Di Stefano è il medico in turno che vigila questa mattina su tutte le chiamate in arrivo. È un medico anestesista e lavora al 118 dal 2016. Sta attenta, cerca di capire e interviene se necessario: “Il medico stabilisce per esempio se occorre attivare mezzi ulteriori rispetto alla chiamata oppure si può occupare di richiamare il paziente per avere informazioni più mediche e meno generiche e dell’allertamento delle strutture sanitarie in caso di arrivo di pazienti molto complessi”. E il medico si occupa anche di prescrivere farmaci nel caso il paziente li abbia già in casa, in atteso dell’arrivo dei soccorsi”.

118 centrale genova di stefano

Di Stefano, fra l’altro, sta seguendo un master in psicologia della comunicazione per poter essere ulteriormente di supporto ai colleghi: “In questo lavoro la gestione della telefonata è molto importante perché spesso chi chiama si trova in una situazione completamente nuova, ha paura, a volte urla e non è facile capire cosa sta succedendo. D’altra parte le professioni legate alla gestione delle emergenze sono tra quelle più a rischio per stress e burn out. Tutto quello che succede te lo porti dentro, anche i rapporti con i colleghi e occorre evitare che influisca sul modo in cui ci si rapporta con i pazienti”.

Mentre siamo lì arriva la chiamata da una scuola elementare nel quartiere genovese di Castelletto. Un bambino di dieci anni ha mangiato un biscotto e mostra sintomi allergici. Viene inviata l’ambulanza e anche l’automedica perché “per dinamica” l’evento viene fatto partire con un codice rosso. Dopo un po’ l’automedica richiama Di Stefano, l’emergenza è rientrata e il piccolo verrà trasportato all’ospedale Gaslini in codice giallo. Sta bene, ma è necessario svolgere comunque alcuni accertamenti.

Come spesso accade quindi il primo codice assegnato a un evento potrebbe non coincidere con quello assegnato dopo che il paziente o il ferito viene visto dai militi dell’ambulanza (che in questo caso si confrontano con la centrale) o dall’equipe a bordo dell’automedica. La scelta ovviamente, in caso di dubbio è cautelativa: si assegna un codice più alto e si invia un automedica ogni volta che le informazioni sono insufficienti per escludere che la persona sia in pericolo di vita perché le competenze dei medici sul posto e le dotazioni dell’automedica possono rivelarsi decisive.

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