Ore decisive

La sera più lunga e difficile, entriamo in zona arancione: assurdo vietare lo spostamento tra Comuni

Il ruolo di Genova, le difficoltà degli operatori economici e l’ipotesi del lockdown nazionale

certosa zona arancione

Savona/Provincia. Momenti tristi e difficili, tra sei ore la Liguria, e con lei ovviamente la provincia di Savona, entrerà in zona arancione. È il momento dell’ultimo aperitivo prima della chiusura h24 dei bar. Già alle 22 scatterà il cosiddetto coprifuoco, in vigore, come in tutta Italia, al di là del colore attribuito alla regione, fino alle 5 della mattina seguente.

IVG ha illustrato nel dettaglio che cosa si può fare e soprattutto che cosa non si può fare, anche se la complessità delle norme lascia spazio alle più diverse interpretazioni.

Due prese di posizione di Toti hanno destato la nostra attenzione (vabbè, chiamiamo le cose con il loro nome, il nostro sospetto). La prima quando il presidente ha avvisato che la situazione stava peggiorando anche nelle province: ci è sembrato un modo per mettere le mani avanti a difesa di Genova. La seconda quando si è detto non d’accordo con la classificazione della Liguria in zona arancione, aggiungendo però che non avrebbe fatto polemiche. Presidente, la preferiamo quando le fa, le polemiche, perché così ci sembra un modo per sottrarsi alle responsabilità, visto che a Genova le cose non vanno affatto bene, non sappiamo per colpa di chi e non sappiamo neppure se ci siano responsabilità dei genovesi, loro sempre primi della classe, loro che hanno fatto il ponte, loro sempre così bravi e così belli.

Avremmo anche preferito che Toti, parlando di un peggioramento della situazione sanitaria nelle province, avesse fatto nomi e cognomi, cioè cifre, visto che in questi momenti sono così importanti e su di esse girano anche indagini della magistratura.

Genova sta cercando aiuto altrove per alleviare la pressione sui suoi ospedali e sui suoi pronto soccorso, cercando di sistemare in tutta la regione i malati meno gravi e quelli dimessi. È dovere di tutti aiutarla, perché davanti al dolore siamo tutti uguali e non bisogna certo indugiare in inutili provincialismi. Questo no, anche per il profondo rispetto che si deve a medici e infermieri, oltre che alle sofferenze dei malati.

Allargando il campo, preoccupa il frenetico susseguirsi di provvedimenti che costringe bar e ristoranti a sprecare energie e risorse. Compra il pesce e butta via il pesce, fai cento tiramisù, poi regalali agli amici e poi ancora “peccato, mi servirebbero quei tiramisù”, mentre potrebbe stagliarsi all’orizzonte già per il fine settimana un vero lockdown nazionale. Siamo sempre più propensi a dare ragione a chi sostiene che sia la strada migliore: chiudiamo tutto (meno ovviamente industrie e attività essenziali) e non se ne parli più. come chiedono con insistenza sempre maggiore gli esperti.

Un provvedimento per evitare il collasso degli ospedali, non certo per arrivare a Natale. Il presidente Conte ci ha già spiegato che si augura un Natale “sereno” ma senza feste e banchetti.

L’aspetto comunque più preoccupante è quello che riguarda il divieto di spostamento tra Comuni (di cui abbiamo già parlato), visto che le nostre città non sono come Genova che va da Voltri a Recco. Un divieto di circolare solo al di fuori della provincia sarebbe più che logico e sufficiente. Il resto è accanimento terapeutico, non ha senso (per fare esempi già citati) impedire di andare da Vado in banca a Savona o spostarsi tra le due Albissole o da Pietra a Borgio Verezzi.

Vorremmo concludere tornando sul tema principe del divieto di spostamento tra Comuni. I cittadini hanno il dovere, se fermati, di dire la verità. Le forze dell’ordine quello di usare buonsenso, tanto buonsenso, sperando che ministeri vari non facciano pressione per fare multe e statistiche da mostrare ai telegiornali.

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