Rosso pistacchio

Misofonia

"Rosso Pistacchio" è la rubrica al femminile di IVG: ogni martedì si parla di donne con Marzia Pistacchio

rosso pistacchio

Il brodo odora di morte.

Candida osservava la nonna tuffare i pezzi di carne nell’acqua fredda, e pensava con orrore, che presto la cucina sarebbe stata pervasa da odore di cadavere cotto. Al primo bollore, i tessuti cedono i succhi e i sapori della vita che li ha lasciati, e affiora in superficie una schiuma bianca e densa che non riesce a evaporare. La nonna la nettava con un gesto secco, e la buttava nel lavandino di marmo candido. L’aria si faceva densa e acquosa, odorosa di cipolla, sedano e carne morta bollita.

Il brodo era difficile.
Il brodo metteva la piccola Candida a dura prova. Ma l’uva la terrorizzava.
Creonta e Agatina le sedevano accanto a tavola, zitte e buone, tenendo il fiato sospeso per la sorella in difficoltà. I chicchi venivano risucchiati uno ad uno viscidamente, i canini rompevano la pellicola superficiale dell’acino, provocando uno scrocchio orripilante,
la carne del chicco veniva poi biascicata dai molari del nonno.

Candida strizzava gli occhi, ma nella sua mente di bambina la bocca era una betoniera aperta nella quale succo, polpa, semi e buccia venivano impastati dalla lingua bianca e raggrinzita del nonno.
Chicco dopo chicco, la betoniera si riempiva.
Nelle orecchie di Candida picconavano senza sosta i biascichii, i sibili, gli schiocchi di lingua. Fino a che il nonno sputazzava una palla bavosa di pelli, chicchi e scorie, nel piatto, e Candida chiedeva, sconvolta, di poter correre in giardino.
Creonta e Agatina la seguivano appena terminato il pasto. La raggiungevano quasi sempre nella piccionaia, o nel pollaio, o nella conigliera.

La trovavano che piangeva forte, ma finalmente calma, mentre accarezzava singhiozzando un piccione, una gallina o un coniglio al quale aveva appena spezzato il collo.
Nella casa che Candida, Creonta e Agatina scelsero ai margini del paese, non si cucinava il brodo nè si mangiava uva.

Le due sorelle sapevano come non urtare la sensibilità della giovane Candida, e il momento del pasto era diventato un momento sereno e piacevole. I cucchiai non sbattevano sui denti, nessuno risucchiava il brodo, nessuno sgranocchiava a bocca aperta, e gli animali del cortile non subivano la frustrazione della giovane Candida.

Il tempo per le tre sorelle passava scandito dalle attività delle stagioni: la semina, il raccolto delle olive, la salsa per l’inverno, le salsicce, le conserve.
Adelchi e Candida si incontrarono proprio tra le olive. Candida ne fece cadere un cesto intero sulla strada verso il frantoio, e quel giovane segaligno e rachitico, fu l’unico a fermarsi a raccogliere le olive insieme alla fanciulla tutta rossa di imbarazzo.
E tra le fronde secche di olivi, Adelchi si prese la verginità della giovane Candida, svelto come una lepre, incisivo come un colibrì.
Candida tornò a casa con pagliuzze di fieno tra i riccioli scuri e un liquido biancastro che le scivolava tra le cosce eburnee.

Creonta e Agatina si compiacquero, e spiegarono alla sorella più giovane che il perseverare in quella attività avrebbe finalmente portato una nuova vita nella loro sterile casa.
Per questo prepararono un giaciglio più comodo per i giovani amanti nel granaio, nella zona di essicazione delle salsicce, la zona più adatta all’amore carnale e clandestino.
A gambe larghe e ad occhi spalancati, Candida osservava la schiena accecante del giovane amante, contava le sue vertebre e le costole e, mentre lui si affannava dentro di lei, ripassava la Vispa Teresa o le poesie che aveva imparato a scuola.
Quando Adelchi sfinito dalla galoppata ritirava il suo breve spadino gocciolante, Candida stringeva forte le cosce fino a farsi venire i crampi come le avevano consigliato le due sorelle maggiori.

Quel giorno Creonta e Agatina accorsero nel granaio, richiamate dai singhiozzi.
Ma la testa di Adelchi già penzolava, staccata di netto dalla spina dorsale.
Candida bagnava di lacrime il corpo glabro e ossuto di quello che sembra
va un enorme coniglio albino, e che era stato poco prima il suo focoso amante.
Adelchi giaceva tra le cosce della giovane amante, gli occhi sbarrati e in
creduli, le labbra spalancate in un grido di orrore e sdegno. Tra le mani stringeva
ancora la salsiccia che aveva iniziato a mangiare dopo l’amplesso, biascicando felice e soddisfatto per laprestazione eccellente che sentiva di aver appena concluso.
Il parto di Candida, nove mesi dopo, la martoriò per 72 ore nelle quali la
puerpera non emise fiato.

Espulse alfine, di notte, in piedi nella paglia, nel silenzio totale, un fagottino biancastro e ricoperto di peluria rossiccia, con due occhi rossi da coniglio albino, che iniziò a strillare appena venne raccolto dalle mani amorevoli delle due zie.
Creonta e Agatina, garrule e felici come due cinciallegre, raccolsero tra la paglia la placenta, e la cucina si riempì di odore di brodo e di chiacchere e risate.
Candida, insofferente a qual miagolio costante e strozzato, scoprì il seno verso quella bocca furente di fame e di vita, verso quel buco di carne e gengive ululante di sdegno e appetito.

Il bambino annusò prepotentemente la pelle attorno al capezzolo viola della giovane mamma e lo afferrò vorace.
E succhiò, e succhiò, rumorosamente succhiò.
I singhiozzi di Candida, questa volta, svegliarono tutto il paese.

Da Rosso Pistacchio, ricette e storie crude. (Golem edizioni 2019)

“Rosso Pistacchio” è la rubrica di Marzia Pistacchio, che ama definirsi “una truccatrice struccata”. Ogni martedì uno spazio al femminile dal taglio volutamente “leggero” in cui parlare a 360 gradi di tutto ciò che ruota intorno alle donne. In salsa savonese, naturalmente. Clicca qui per leggere tutti gli articoli

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