Pensiamoci

Il pompiere eroe

Cinquant’anni fa la morte del maggiore Rinaldo Enrico: salvava vite con la sua libellula

La tragedia nella nebbia al largo di Arenzano. Le testimonianze di Vigili del fuoco che lavoravano con lui

enrico rinaldo

Liguria. Come spesso accade, il tempo scorre più veloce di come lo percepiamo: tra pochi giorni, il 6 maggio, saranno passati 50 anni, mezzo secolo, da quel 6 maggio 1973 in cui l’elicottero del maggiore pilota dei Vigili del fuoco Rinaldo Enrico scomparve in mare al traverso di Arenzano.

Era una domenica, l’Agusta Bell 205 fu inghiottito da un’insolita nebbia e portò con sé le vite di Enrico e altre tre persone, i pompieri Mignanego e Vignolo e il pilota civile Roda.

Chi di dovere sta preparando gli eventi per ricordare quella tragedia e la figura di Rinaldo Enrico, che fondò, quasi senza rendersene conto, il Nucleo Elicotteri dei Vigili del fuoco di Genova.

D’accordo, oggi tutto è cambiato e ci sono anche gli elicotteri privati a cambiare fors’anche certi valori, ma non è il momento delle polemiche, non nel nome di Enrico, che ricordiamo invece grazie ad alcune testimonianze.

La prima è quella di Michele Costantini, che proprio pochi mesi prima della tragedia di Arenzano assunse la carica di vice comandante nella caserma di via Nizza a Savona, che manterrà per lunghi anni.

Racconta Costantini: “L’entusiasmo di Enrico per il suo lavoro era contagioso, con il suo sorriso e i suoi baffoni, tutti noi giovani pompieri lo ascoltavamo ammirati. Nei primi Anni 50 il Comando di Genova fu dotato di un minuscolo elicottero, un Agusta Bell J2, per tutti la libellula, ora conservato nel museo dei Vigili dal fuoco di Mantova. È l’inizio di una storia gloriosa”.

La libellula divenne familiare nei cieli di tutta la Liguria. Era un mezzo così minuscolo che la barella per trasportare la persona infortunata stava all’esterno, sui pattini. Enrico inventò anche un cestello per recuperare naufraghi in mare.

Il 9 aprile 1970 le sue gesta fecero il giro del mondo quando la libellula sfidò la tempesta per i soccorsi alla London Valour di fronte al porto di Genova.

Conclude Costantini: “I ricordi più nitidi sono quelli degli interventi a Savona. Enrico atterrava al Prolungamento, davanti alla statua di Garibaldi, per aspettare l’ambulanza dal vicino San Paolo, ma una volta atterrò persino all’incrocio tra corso Italia e corso Mazzini”.

Toccò a Sergio D’Agostino traghettare a tempi più moderni l’eredità di Enrico. Dieci anni dopo Arenzano, l’8 febbraio 1983, D’Agostino atterrò con il suo Agusta Bell 206 sulla spiaggia di Albisola Superiore per aggiungersi ai soccorritori dopo un’esplosione alla trattoria Stella. Quell’intervento viene considerato la svolta che porterà a una più organizzata collaborazione con la Sanità pubblica secondo procedure d’avanguardia in Italia.

D’Agostino lascerà il comando del Nucleo seguendo la sua vocazione di aiutare gli altri, non più con i soccorsi dall’alto ma con la sua attività di pastore che lo porterà anche lontano dall’Italia. Oggi abita in Piemonte, da pochi giorni ha festeggiato i 50 anni di nozze con la sua famiglia “allargata” di 48 persone. Dice: “Credo sia superfluo ricordare i meriti tecnici di Enrico. Vorrei invece sottolineare la sua grande forza morale, che ci ha insegnato a superare anche gli ostacoli più difficili, nel lavoro e nella vita”.

Un ruolo fondamentale nell’attività del Nucleo Elicotteri è quello del Capo Controllo, il responsabile degli specialisti, i tecnici da cui dipende la manutenzione degli elicotteri e l’organizzazione del reparto.

Su quell’elicottero precipitato ad Arenzano doveva esserci anche il Capo Controllo Pietro Corrado. L’emozione è forte ma Corrado, che di tutto questo non parla mai volentieri, accetta l’argomento, forse perché la passione è ancora forte e il futuro del Nucleo gli sta a cuore sempre allo stesso modo: “Quel giorno avevo preso un giorno di riposo non programmato. Sono un sopravvissuto, il dolore è sempre forte”.

Lei ha capito che cosa può essere accaduto? “No, e non lo saprà mai nessuno. Erano di ritorno da un volo di addestramento ad Albenga. Certamente Rinaldo era un genio, un istintivo, credo avesse più fiducia in ciò che vedeva con i suoi occhi che negli strumenti”. No, non lo saprà mai nessuno, ma ci piace credere che la libellula sarebbe riuscita a uscire da quella maledetta nebbia.

Per scelta vorremmo affidare le ultime considerazioni su questa ricorrenza a Stefano Giordano, esponente nazionale dell’Unione Sindacale di Base (USB) dei Vigili del fuoco e da poco coordinatore provinciale di Genova del Movimento 5 Stelle. Non una scelta per l’appartenenza politica, ma perché, come chi scrive, si è sempre schierato per la Sanità pubblica, compreso l’elisoccorso.

Il pensiero di Giordano: “Enrico è stato un pioniere che ha saputo superare ogni difficoltà con il coraggio, una lezione valida oggi forse ancor più di allora. Io spero che la politica sappia leggere la realtà del Nucleo, ci sono gli elicotteri e non il personale, una situazione senza senso. Dobbiamo raggiungere l’obiettivo ovvio che i mezzi dei Vigili del fuoco devono volare 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Dobbiamo batterci contro la privatizzazione di tutta la Sanità”.

Per concludere torniamo da dove eravamo partiti, dal prossimo 6 maggio e dalla tragedia di Arenzano. Enrico disegnava una piccola figura umana ogni vita salvata con la sua libellula. Pensando anche solo alla London Valour chiamarlo eroe non ci sembra un’iperbole.

Oggi il compito di salvare vite di spetta agli elicotteri Drago bianchi e rossi, sperando che siano messi in grado di continuare quella storia gloriosa finita troppo presto al largo di Arenzano.

Vuoi leggere IVG.it senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.