Varazze. La natura aveva preso il sopravvento, ma la memoria è più forte di lei e riaffiora. È tornata alla luce la trincea della Seconda Guerra Mondiale sulle alture di Varazze, alla Crocetta di Cantalupo, per anni nascosta dalla fitta vegetazione che sembrava volerla cancellare.
I più anziani sapevano di lei, di quella linea difensiva che scrutava dall’alto il mare di Varazze. Poi ci hanno pensato gli Alpini a farla riaffiorare: breve ma austera, una pietra sopra l’altra, vecchia sì, ma ancora in grado di raccontare la sua storia. È una bella, gelida mattina di zona gialla, quando saliamo a Cantalupo, percorso stretto che si arrampica e lascia lontano il traffico.
Arriviamo in questo luogo di storia, a metà strada tra l’azzurro pallido del mare là in fondo, sferzato dalle raffiche, e il Monte Beigua alle spalle, bianco gigante di ghiaccio. Emilio Patrone e il suo cappello: quante storie conoscono. Ci viene incontro mentre gli Alpini disboscano l’area. Vuole raccontarci il perché del loro lavoro: riportare alla luce questo piccolo segno di storia per farlo conoscere alle nuove generazioni, “ai nostri figli, ai nostri nipoti perché sappiano che a Varazze è passata la Guerra – ci spiega il capogruppo degli Alpini di Varazze – stiamo ripristinando questo tratto di trincea costruita nel 1943 dalla ditta tedesca Todt e, per la cui realizzazione, erano stati impiegati ragazzi del posto: i più giovani, perché gli adulti erano impegnati al fronte“.
A Varazze c’è ancora chi ha lavorato alla costruzione di questa linea difensiva: all’epoca aveva 12 anni. Il suo compito era quello di scavare e andare nel bosco a recuperare la legna per poter mimetizzare la trincea. Lavorava con i soldati e li aiutava a costruirla. Gli Alpini hanno ritracciato il camminamento di questo tratto di fortificazione liberando, per prima cosa, il fortino, colmo di terra e foglie, dove era posizionata la mitragliatrice.
Vogliono rispolverare la storia: “i ragazzi devono sapere che cosa è successo qui in quegli anni terribili. Lo abbiamo fatto volentieri per ricordare il sacrificio dei nonni e dei padri per la nostra Italia”. Continua Emilio, cappello in testa, e camicia a grossi quadri, tanti anni da Alpino. L’intenzione è quella di consegnare e inaugurare la trincea per il prossimo 25 Aprile, anniversario della Liberazione.
E, mentre il lavoro degli Alpini non si ferma, scandito dai viaggi del camioncino che viene a raccogliere la legna tagliata, noi scendiamo in trincea. Un brivido ci prende: parlare in libertà proprio qui dove qualcuno per garantircela ha trascorso paura e terrore, nascosto dalla barriera dove siamo seduti noi. Sacrificio.
“Fare memoria, ricordare, perché ciò che è accaduto non si ripeta – precisa Emilio, poi continua – essere seduto qui è un’emozione, immaginare il sentimento di quei ragazzi di soli vent’anni, spensierati, con la voglia di divertirsi, ma costretti a una vita che non volevano. Per fortuna qui non ci sono stati episodi cruenti, in altre zone, però, non sono stati così fortunati”.
E il nostro Alpino racconta.
Il Beigua lo protegge alle spalle.
Da lontano, la montagna lo ascolta.
In silenzio.