Cronaca

Operazione “Carioca”, domani i primi interrogatori: Fameli, Ciccione e Magino dal gip

Savona. Inizierà domani mattina la “sfilata” davanti al gip Donatella Aschero di alcuni dei volti coinvolti nell’indagine relativa all’operazione “Carioca” condotta dalla Squadra Mobile e dalla Procura di Savona e che ieri ha portato all’arresto del noto imprenditore calabrese Antonio Fameli, 74 anni, da tempo residente a Loano dove aveva creato un piccolo impero.

I primi ad essere interrogati dal giudice saranno proprio la tre persone colpite da ordinanza di custodia cautelare: Antonio Fameli, la sua convivente Clara Juana Magino Soculaya, di 42, peruviana (alla quale sono stati concessi i domiciliari) e Carlo Ciccione, 63, di Cisano sul Neva, ex commercialista con studio a Imperia, che secondo l’accusa avrebbe gestito gli aspetti contabili e finanziari delle società italiane e straniere controllate da Fameli.

I tre, che saranno accompagnati in tribunale dai loro legali, potranno anche decidere di non rispondere alle domande del gip. Le accuse contestate agli indagati dalla Procura (a vario titolo ed in concorso) sono di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, reati tributari, attività abusiva di intermediazione finanziaria, falso in atti notarili e associazione per delinquere.

Oltre a Fameli, la convivente e il commercialista, nell’inchiesta sono indagati anche il figlio dell’imprenditore, Serafino, che si trova in Brasile ed altre dodici persone tra cui diversi professionisti: il notaio alassino Elpidio Valentino (interdetto dall’attività professionale su richiesta della Procura), l’ex carabiniere di Torino Giuseppe Carelli, la segretaria di Fameli, Maria Antonietta Barile, Fabio Domenicale, accusato di essere un prestanome che agiva per conto di Fameli in varie società e attività finanziarie (nei confronti del quale è stata applicata la misura dell’obbligo di dimora).

Tra gli altri risultano indagati ancora una presunta prestanome di Fameli, Carla Capello (per lei è stato disposto l’obbligo di dimora), l’avvocato varazzino Claudia Marsala, il notaio, sempre di Varazze, Domenico Manuti, la figlia di Fameli, Giuseppina detta Rita, l’amministratore della sala giochi “Casinò Royale” di Loano Dario Chiotti, il titolare di un’impresa di movimento terra di Albenga, Giorgio Rossello, accusato a sua volta di essere un prestanome dell’imprenditore, Andrea Grollero, collaboratore nello studio del notaio Valentino, e Roberto Genova, direttore dell’ufficio postale di Ceriale (interdetto dal gip dall’attività di intermediatore finanziario), che, tramite il suo legale, l’avvocato Rocco Varaglioti, si è già dichiarato estraneo alla vicenda.

Il giorno dopo l’esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare dalla Procura non trapelano nuovi particolari sull’inchiesta, che era cominciata quasi un anno fa (ad ottobre c’erano già state diverse perquisizioni). Il Procuratore Francantonio Granero ha espresso “sobria soddisfazione” per l’importante operazione portata avanti dalla Squadra Mobile in concerto con la magistratura. Da palazzo di giustizia hanno sottolineato come questa fosse un’inchiesta “economica” e tutt’altro che semplice.

Tutto era iniziato da un’accusa di usura rivolta a Fameli da un’albergatrice di Loano che nel 2006, a fronte di un prestito di 10 mila euro, aveva dovuto pagarne seicento di interessi. Il tutto, secondo la Procura, con un “passamano” di assegni tra l’albergatrice, una terza persona e Fameli. La settimana scorsa l’imprenditore e la presunta complice, proprio per questo episodio, sono stati rinviati a giudizio (il processo il 24 settembre).

Da lì è partito un complesso lavoro che ha portato ad indagare sul patrimonio immobiliare di Fameli, sul meccanismo di prestanome e sui vorticosi passaggi di proprietà immobiliari e di quote tra società sempre diverse, e spesso domiciliate all’estero, che secondo l’accusa servivano ad aggirare le normative antiriciclaggio. Tra le altre ipotesi di reato contestate, secondo gli investigatori c’è il “trasferimento fraudolento di valori”, per non comparire come reale proprietario di beni immobili, società, aziende e attività economiche riconducibili a Fameli e delle quali è stata accertata, in passato, la provenienza illecita (le truffe commesse nella metà degli Anni 90 e la bancarotta fraudolenta per il crack di Immobiliare 90 Srl (un miliardo e 600 milioni di lire) e l’attività abusiva di intermediazione finanziaria con il recupero di fondi da destinare a investimenti all’estero.

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