Riflessione

Giornata delle Foreste, è il savonese la provincia ligure con più boschi in Liguria: “Selvicoltura sia traino della green economy”

Reti di impresa per l'agro-forestale, sostenere investimenti per salvaguardare il patrimonio forestale e boschivo

scuola forestale ormea

Liguria. Agricoltori “custodi” del territorio, una vocazione quanto mai attuale rispetto alle sfide dei cambiamenti climatici e della tutela ambientale, oltre al recupero e alla valorizzazione delle stesse aree rurali. Da questo punto di vista una filiera trainante è senz’altro quello agro-forestale legata alla filiera del legno.

E oggi si celebra la Giornata Internazionale delle Foreste, che impone una riflessione su come intervenire per evitare l’abbandono e migliorare le forme di coltivazione e di sfruttamento produttivo del bosco. Questa giornata dal significato profondo non è casualmente attribuita al 21 marzo: oggi arriva anche la primavera, e come a ogni risveglio della natura, è giusto tracciare una linea sulla situazione climatologica e come le temperature possano trasformarsi in minacce per habitat e specie forestali.

È stato l’inverno più caldo di sempre in Italia, con una temperatura superiore di 2,19 gradi la media storica (Dati Isac Cnr). L’anomalia climatica è inoltre più evidente nel nord Italia dove la temperatura è stata superiore addirittura di 2,46 gradi la media. E in Liguria? Qui il caldo colpisce sia l’agricoltura che l’ampia percentuale di terreno boschivo. La nostra regione, infatti, possiede una superficie forestale di 375.134 ettari, pari al 73,3% della superficie regionale totale (Dati Istat 2015); ciò la rende la regione con il più alto tasso di boscosità in Italia, e dunque la più esposta alle conseguenze del riscaldamento climatico anche sui propri boschi.

La provincia più boscata del territorio regionale è quella di Savona mentre quella con meno superficie forestale è La Spezia. Si tratta principalmente di superfici di “boschi alti”, ossia alberi come castagni, faggi, cerri e ampie pinete, che ricoprono l’84,4% circa della superficie forestale totale. Da questi alberi si ottengono principalmente legname da opera e legna da ardere.

Nonostante la superficie boschiva sia in aumento costante a causa del progressivo abbandono delle terre coltivate, ciò non toglie che i problemi climatici non tocchino solo le superfici agricole, ma anche le foreste, soprattutto come conseguenza degli sbalzi di temperature fuori stagione e degli eventi estremi sempre più frequenti: tra questi, citiamo le grandinate, le trombe d’aria, le bombe d’acqua; ma anche le ondate di calore di questi ultimi inverni, le gelate improvvise e le tempeste di vento. Il risultato sono fenomeni di dissesto, erosioni, siccità; a loro volta, dunque, problemi lungo tutta la filiera produttiva della filiera foresta-legno.

“Il caldo fuori stagione e la siccità”, spiegano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, presidente di Coldiretti Liguria e delegato confederale, “costringono gli operatori del settore – una risorsa immensa per la Regione, anche dal punto di vista sociale – ad aumentare i lavori di gestione dei boschi per evitare incendi, trovandosi costretti a svolgere una pulitura straordinaria del sottobosco e a prendere misure precauzionali estreme. Dal punto di vista delle aziende gli effetti economici e commerciali sono anch’essi ben visibili: infatti, con l’aumentare delle temperature si riduce la necessita di legna da ardere o cippato per il riscaldamento. Inoltre, a causa della siccità, il peso specifico della legna diminuisce notevolmente”.

Ciò significa che serve avviare investimenti per tutelare il territorio e il patrimonio boschivo, investendo su una gestione forestale sostenibile che possa contenere il cambiamento climatico in atto senza distruggere le imprese dei singoli produttori. Il continuo incremento della temperatura porterà e sta già portando a una preoccupante aridità del suolo e a fenomeni meteorologici devastanti che stanno rendendo gli ecosistemi forestali sempre più vulnerabili e fragili. “Tutelare il territorio significa sviluppare un’economia efficiente e soprattutto innovativa,” continuano Boeri e Rivarossa, “gli obiettivi sono rafforzare la competitività della filiera, migliorare la ricerca scientifica e tutelare l’ambiente, riconoscendo l’importanza della selvicoltura nella conservazione delle risorse forestali e nella mitigazione del cambiamento climatico”.

“La selvicoltura può rappresentare uno dei settori più dinamici della green economy, dare valore al bosco italiano significa anche rimettere in moto un’economia forestale in grado di attivare lavoro e valorizzazione delle risorse locali” ha evidenziato Cia Agricoltori Italiani. “Il basso tasso di prelievo di legno e legname comporta una forte dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento dell’industria nonché per l’importazione di legna da ardere, pellet e cippato. Paradossalmente, a fronte di settori industriali solidi e competitivi su scala internazionale legati ai prodotti a base di legno e cellulosa, la domanda di materie prime legnose, semilavorati in legno e biocombustibili legnosi non è soddisfatta – se non parzialmente – dalle risorse forestali nazionali”.

Secondo Cia, è necessario un cambio di paradigma: grazie alla gestione forestale sostenibile è possibile attivare uno sviluppo economico locale finalizzato a creare posti di lavoro nella produzione forestale e nella prima lavorazione per la creazione di materiali grezzi e semilavorati, da utilizzare a fini strutturali, artigianali ed energetici. In questo ambito il ruolo delle imprese boschive è fondamentale. Attualmente, il tasso medio globale di prelievo di legname dai nostri boschi è uno dei più bassi d’Europa.

Per Cia è, dunque, necessario favorire accordi interprofessionali pluriennali su scala territoriale e la creazione di reti d’impresa tra chi produce, utilizza e trasforma il legno. “Una vera e propria integrazione orizzontale e verticale della filiera del legno. In questo contesto, le biomasse legnose possono offrire un contributo significativo anche per la sicurezza energetica del Paese e per garantire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Ue al 2030 e al 2050” conclude l’associazione agricola.

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