Albenga-savona

Abbandonata a 6 anni, tra affidi e violenze. Ora è felice ma cerca la madre naturale: la storia di Romina

È nata ad Albenga, ha vissuto a Savona. I maltrattamenti nel corso del primo affido, poi la serenità con una famiglia di Monza: “Ma voglio sapere che volto ha mia mamma”

Bambina sola abbandonata

Albenga-Savona. Una storia incredibile, che si potrebbe definire da film. E la pellicola finirebbe dritta nel genere drammatico, ma il finale è ancora tutto da scrivere. E che sia lieto o meno può dipendere solo dall’esito di questo appello. 

È la storia di Romina Raia (oggi Romina Scomentini), donna di 46 anni, che cerca disperatamente di conoscere un volto: quello della sua madre naturale. Ha deciso di affidare la sua storia a IVG.it, nella speranza che qualcuno possa aiutarla a trovare la mamma e la risposte a domande che le rimbombano nella mente ormai da decenni. 

Per comprendere la vicenda e le sue motivazioni, però, è necessario un tuffo all’indietro nel tempo. Per noi una “semplice” storia da scrivere e leggere, ma per lei ha significato aprire un cassetto pieno di brutti ricordi, tra affidi e violenze subite, difficili da vivere e forse ancor di più da ricordare. 

“La situazione della minore si configura come un totale abbandono sia morale che materiale e la situazione psico-fisica della bambina appare totalmente deteriorata per il suo stato di privazione”. È l’estratto conclusivo del documento con cui il Tribunale dei Minori di Milano, nel giugno del 1983, ha sospeso la potestà della mamma. Ed è esplicativo dei contenuti e delle conseguenze generate dalla storia che stiamo per raccontarvi. 

Romina è nata ad Albenga il 12 gennaio del 1976. Nemmeno il tempo di venire al mondo ed è stata subito inserita in un Istituto fino al gennaio del 1980 “in quanto la madre, – come si legge dalle carte processuali, – nonostante tutte le sollecitazioni ricevute ad assumersi in proprio un ruolo genitoriale, non si è mai posta in condizione di badare personalmente alla figlia”. 

In quegli anni ha anche sofferto di pertosse, nell’ottobre del 1976, e di rosolia, nel giugno del 1978. La mamma ha vissuto per circa un anno insieme alla figlia in IPI (Istituto Provinciale per l’Infanzia), dopo di che “si è limitata a visitare la bambina in modo sporadico, prelevandola qualche fine settimana, ma rimanendo assente anche per lunghi periodi, così da non riuscire a instaurare un valido e giustificante rapporto con la figlia Romina, che presenta infatti un grave quadro psico-affettivo”.

Rosetta ha anche tentato di tenere con sè la figlia per un periodo di circa due mesi, ma l’esperimento è fallito in quanto la madre stessa ha dichiarato “di non riuscire a provvedere alla bambina”, nonostante all’epoca, per sua stessa ammissione, “fosse provvista di lavoro, di alloggio ed usufruisse dell’asilo nido”. 

Quindi è arrivato il primo affido, con il consenso della madre, nel gennaio del 1980, ad una famiglia che si è poi trasferita a Milano. L’esperienza per Romina è stata totalmente fallimentare: veniva picchiata e maltrattata, come dimostrano anche i referti medici. Vicende terribili per una bambina, costretta non solo a subirle, ma anche ad affrontarne le conseguenze da sola. Dal maggio 1980, infatti, risulta che “la mamma non ha mai più effettuato alcuna visita alla figlia né se ne è più interessata”.

La svolta è arrivata poi nel dicembre 1982: dopo aver tolto l’affido alla prima famiglia, Romina è stata inserita presso l’istituto Stelline di Milano (un orfanotrofio femminile, oggi trasformato in museo). Ma anche qui “la madre non si è fatta più viva in alcun modo pur essendo stata informata del cambio di sistemazione”. 

Il Tribunale dei Minori di Milano ha quindi sospeso la potestà della mamma sulla figlia nel giugno del 1983, nominando suo tutore il Comune di Milano e dichiarando contestualmente lo stato di adottabilità della minore poiché “la mamma non si è mai posta in condizione di tenere la figlia né è mai riuscita a realizzare un concreto programma di vita in cui potesse trovare spazio la bambina. E a nulla è servito anche l’invito del giudice delegato a recarsi a trovare la figlia”. 

Ma qui è arrivata la “salvezza” di Romina, rappresentata dalla famiglia Scomentini di Monza, di cui oggi porta orgogliosamente il cognome, che l’ha adottata: persone che lei oggi considera i suoi genitori a tutti gli effetti. 

Ma perché, nonostante tutto questo, Romina vuole ancora trovare e incontrare la mamma? Prima avevo tanta rabbia e probabilmente l’avrei voluta incontrare solo per liberarmi dal peso di tutto questo astio, – ci ha spiegato. – Poi, con il tempo, le mie intenzioni sono cambiate. Ora sono felice con quella che considero a tutti gli effetti la mia famiglia. Ma, allo stesso tempo, vorrei solo dare un volto a mia mamma, incontrarla e chiederle le motivazioni di tutte le cose che sono accadute. Inutile incolpare senza conoscere tutti i risvolti dietro una storia”.

Ed ecco l’appello: “Sono nata ad Albenga, ho vissuto per un periodo in Liguria, anche a Savona seppur per breve tempo. Faccio dunque appello direttamente a mia mamma, se mai lo leggerà, o comunque a tutti coloro che potrebbero averla conosciuta o avuto a che fare con lei e che possono aiutarmi a ritrovarla”.

Chiunque dovesse avere informazioni può contattare la redazione di IVG.it oppure direttamente Romina, al numero: 392.0921913.   

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