Pari opportunità

Violenza sulle donne, in Liguria più di 650 chiamate ogni anno

Negli ultimi 6 anni sono state 3.937 le chiamate al numero antiviolenza 1522.

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Come certifica l’ISTAT, in Liguria negli ultimi 6 anni sono state 3.937 le chiamate al numero antiviolenza 1522. Nel mondo ogni giorno 137 donne sono vittime di femminicidio e il lockdown non ha fatto che aumentare gli episodi di violenza domestica. Con la campagna #Iolochiedo, Amnesty chiede al Governo italiano di rivedere l’articolo 609-bis del codice penale, mettendo al centro della norma di legge l’elemento del consenso della persona offesa. La campagna è rivolta a tutta l’opinione pubblica, per produrre un profondo cambiamento culturale, per permettere di passare dalla subcultura dello stupro alla cultura del consenso.

Stupri, femminicidi e altre violenze sessuali sono gravissime forme di violazione dei diritti umani, che segnano indelebilmente le vittime nel fisico e nella psiche, compromettendone la salute, il benessere psicofisico e sociale, nei casi estremi anche la loro stessa sopravvivenza. L’ISTAT (2019) calcola che quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni hanno subito almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2% violenza fisica, 21% violenza sessuale con casi nel 5,4% di violenze sessuali gravi, come stupro e tentato stupro). E secondo lo Unodc Global study on homicide 2018 delle Nazioni Unite, nel mondo si registrano ogni giorno 137 femminicidi, il 58% dei quali è stato commesso dal partner, da un ex partner o da un familiare.

La normativa italiana attualmente considera lo stupro un reato solamente nel caso in cui sussistano l’elemento della violenza, della minaccia, dell’inganno o dell’abuso di autorità e non nel caso di un “rapporto sessuale senza consenso”. Amnesty si appella al Ministro della Giustizia affinché la legislazione italiana si adegui alle norme internazionali, stipulate con la convenzione di Istanbul del 2011, e modifichi l’articolo 609-bis del codice penale per considerare reato qualsiasi atto sessuale senza consenso.

“L’Italia ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul nel settembre del 2012, il parlamento l’ha ratificata nel 2013 ma nonostante ciò la legislazione non è ancora stata modificata secondo le direttive del documento. A nostro avviso è importante completare questo passaggio perché il trattato di Istanbul rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne” ha commentato Tina Marinari, coordinatrice campagne di Amnesty International Italia.

Ma un cambiamento legislativo da solo non basta, senza un parallelo cambiamento nelle percezioni e nella consapevolezza di tutti i cittadini. Attraverso una serie di attività di informazione e sensibilizzazione, la campagna #Iolochiedo di Amnesty International Italia intende rafforzare la consapevolezza nelle giovani generazioni sul tema dello stupro, sugli stereotipi di genere da combattere e chiarire il concetto del consenso e chiede il supporto delle Istituzioni affinché, oltre alla modifica della norma del codice penale che regola la violenza sessuale, siano messe in atto misure per promuovere una cultura del consenso come sinonimo di condivisione e rispetto.

Del resto la necessità di cambiare gli atteggiamenti sociali basati sulla discriminazione di genere e sulle relazioni di potere di genere per contrastare la cosiddetta cultura dello stupro, è resa evidente dai dati ISTAT 2019, che mostrano come nel nostro paese sia duro a morire il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita per il modo di vestire (23,9% degli intervistati) o se sotto effetto di alcool e droghe (15,1%). Il 39,3% degli intervistati ritiene inoltre che una donna sia perfettamente sempre in grado di sottrarsi ad un rapporto sessuale se davvero non lo desidera. In questa prospettiva, non è un caso se, su 3 milioni di donne, la violenza è stata perpetrata nel 5,2% dei casi dall’attuale partner e nel 18,9% dei casi da un ex partner.

Il femminicidio e lo stupro sono le forme più estreme della violenza di genere, ma non le sole. L’ISTAT rileva anche l’incidenza di minacce (12,3%), spintonate (11,5%), schiaffi, calci e morsi (7,3%), contusioni per mezzo di oggetti (6,1%). Il 15,6% delle donne ha subito contro la propria volontà baci, abbracci o palpeggiamenti, mentre i rapporti sessuali inflitti con la forza e contro la volontà della vittima sono al 4,7%; i tentati stupri arrivano al 3,5% e gli stupri effettivi al 3%.

Non è andata meglio nel 2020. La convivenza continua e forzata imposta dalla quarantena anti Covid-19 ha generato un generale e preoccupante incremento di episodi di violenza domestica nei confronti delle donne. Solamente nel mese di marzo circa 2900 donne si sono rivolte ai centri anti-violenza, il 74% in più rispetto alla media registrata nel 2018 dalla rete dei centri antiviolenza D.i.Re.

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