Il caso

Festival di Sanremo, Toti sulle parole di Ghali: “La parola genocidio non si addice a quello che sta avvenendo in Medio Oriente”

Il presidente prende posizione sulla polemica per l'appello lanciato da Ghali a Sanremo: "Sono parziale, Israele ha il diritto di difendersi"

Generico febbraio 2024

Liguria. “Io penso che la parola genocidio non si attagli, in tutta franchezza, a quello che sta avvenendo in Medio Oriente. Il genocidio c’è stato nel secolo scorso e se qualcuno l’ha subito è stato il popolo ebraico”. Così il presidente ligure Giovanni Toti prende posizione sulle polemiche scatenate da Ghali che dal palco del Festival di Sanremo, riferendosi al conflitto a Gaza, ha lanciato il suo appello: “Stop al genocidio”.

Non credo che il palco di Sanremo sia tribuna per proclami, i cantanti possono esprimere la loro opinione come ritengono – ha precisato Toti -. Auspicare la pace credo che sia volontà di tutti, credo che nessuno avrebbe gridato viva la guerra su quel palco”.

“Dopodiché – si schiera il presidente ligure – dichiaro di essere parziale: io ritengo lo stato di Israele l’unica democrazia reale del Medio Oriente e in ogni caso, quando fa bene e anche quando non siamo d’accordo, dobbiamo tenere conto di tutto questo. Penso che lo Stato di Israele abbia il diritto di difendersi e penso che difendendo se stesso difenda anche l’unica forma di democrazia presente in quell’area del mondo”.

“Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile – ha attaccato su X l’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar -. Nella strage del 7 ottobre, tra le 1.200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival. Altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi. È un peccato che questo non sia accaduto”.

“Mi dispiace che abbia risposto in questo modo, c’erano tante cose da dire. Ma per cosa altro avrei dovuto usare questo palco? Io sono un musicista prima di salire su questo palco: ho sempre parlato di questo fin da quando sono bambino – ha replicato Ghali dalla trasmissione Domenica In -. È da quando ho 13-14 anni che parlo di quello che sta succedendo nelle mie canzoni. Sono nato grazie ad internet e non è dal 7 ottobre che ne parlo, questa cosa va avanti già da un po’. Il fatto che l’ambasciatore parli così non va bene, continua la politica del terrore, la gente ha paura di dire stop alla guerra, stop al genocidio, stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace. Ci sono dei bambini di mezzo: quei bambini che stanno morendo, chissà quante star, quanti dottori, insegnanti, quanti geni ci sono lì in mezzo”.

LA POSIZIONE DEL CLUB TENCO

“Il club Tenco ci tiene a esternare la propria vicinanza a Ghali e a Dargen D’Amico, che con fermezza, ma nel modo più civile possibile, durante la settimana del Festival di Sanremo hanno espresso un invito alla giustizia sociale e alla pace nel mondo. Noi siamo da sempre a favore della libertà di espressione artistica, ancor di più sui palchi ad alta visibilità mediatica, tramite il poetico realismo della canzone e la forza del veicolo musicale, per la dignità e la difesa dei diritti civili a qualsiasi latitudine.  Ne sia prova il fatto che dal 2020, nell’ambito della Rassegna della canzone d’autore, il Club ha istituito il premio Yorum, che intende dare visibilità agli artisti che, spesso mettendo a rischio la loro stessa vita, lottano per la libertà e i diritti umani. Tale riconoscimento lo scorso ottobre è stato da noi consegnato, proprio sul palco del teatro Ariston, all’artista siriano-palestinese Aeham Ahmad, che ha chiesto umilmente la pace”. Così, in una nota, il direttivo del Club Tenco.

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