Election day

Elezioni amministrative 2022: per i piccoli Comuni il quorum scende al 40%

Il decreto del governo dopo il pressing di Anci ed evitare il più possibile il rischio commissariamento

Boissano, Calizzano e Giusvalla: questi i tre comuni al voto per le elezioni amministrative 2022 nei quali si profila ormai la presenza di una sola lista sulla griglia di partenza della competizione elettorale. Una tendenza sempre più frequente negli ultimi anni per i piccoli comuni, con la difficoltà a comporre liste e candidati sindaci.

Per questo è arrivato, con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il nuovo decreto del governo che sposta dal 50% al 40% il quorum necessario per rendere valida l’elezione e quindi dare seguito alla nuova amministrazione comunale secondo quanto indicato dalle urne, abbassando, quindi, il rischio di commissariamento.

La norma, in vista dell’Election Day del 12 giugno, vale per i comuni fino a 15mila abitanti.

“Una questione sollevata da molti amministratori locali – ha sottolineato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà -, in questo modo, stabilendo il quorum al 40% dei votanti per i comuni fino a 15 mila abitanti e il mancato calcolo degli elettori iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) che non esercitano il diritto di voto, siamo venuti incontro ad una esigenze espressa da diverse realtà territoriali italiane”.

“L’obiettivo è rendere questo provvedimento strutturale, senza la necessità di un rinnovo periodico quando si presentano le elezioni comunali” conclude il ministro, con il governo che ha accolto le richieste arrivate in questi mesi da Anci e dall’associazione dei piccoli comuni in vista dell’appuntamento elettorale.

Un aiuto ai candidati sindaci e alla sola lista presente nel condurre una campagna elettorale per spingere le loro piccole comunità ad andare a votare e raggiungere così l’affluenza necessaria per rendere valida l’elezione nel proprio comune.

SISTEMA ELETTORALE:

Nei Comuni fino a 15 mila abitanti si vota con una sola scheda per eleggere sia il sindaco che i consiglieri comunali. Ciascun candidato alla carica di primo cittadino è affiancato dalla lista elettorale che lo appoggia, composta dai candidati alla carica di consigliere. Sulla scheda è già stampato il nome del candidato sindaco, con accanto a ciascun candidato il contrassegno della lista che lo appoggia. Il voto per il sindaco e quello per il consiglio sono uniti: votare per un candidato sindaco significa dare una preferenza alla lista che lo appoggia.

Viene eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra due candidati si andrà al ballottaggio per questi ultimi la seconda domenica successiva. Anche in questo caso risulterà eletto chi dei due avrà ottenuto più voti. In caso di ulteriore parità viene dichiarato eletto il più anziano. Una volta eletto il sindaco viene anche definito il consiglio: alla lista che appoggia il Sindaco eletto andranno i 2/3 dei seggi disponibili, mentre i restanti seggi saranno distribuiti proporzionalmente tra le altre liste.

Per i Comuni con più di 15 mila abitanti si vota sempre con una sola scheda, sulla quale sono già riportati i nominativi dei candidati alla carica di sindaco e, a fianco di ciascuno, il simbolo o i simboli delle liste che lo appoggiano.

Il cittadino può esprimere il proprio voto in tre modi diversi. Nel primo caso è possibile tracciare un segno solo sul simbolo di una lista, assegnando in tal modo la propria preferenza alla lista contrassegnata e al candidato sindaco da quest’ultima appoggiato. Nel secondo caso è possibile tracciare un segno sul simbolo di una lista, eventualmente indicando anche la doppia preferenza di genere: tale possibilità, prevista per i i cittadini dei Comuni superiori ai 5 mila abitanti, consente di esprimere due preferenze per i consiglieri comunali purché riguardanti candidati consiglieri di sesso diverso e appartenenti alla stessa lista, tracciando contestualmente un segno sul nome di un candidato sindaco non collegato alla lista votata: così facendo si ottiene il cosiddetto “voto disgiunto”. Nel terzo caso è possibile tracciare un segno solo sul nome del sindaco, votando così solo per il candidato sindaco e non per la lista o le liste a quest’ultimo collegate.

Nei Comuni con più di 15 mila abitanti è eletto sindaco al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi (almeno il 50 per cento più uno). Qualora nessun candidato raggiunga tale soglia si tornerà a votare per il ballottaggio la seconda domenica successiva per scegliere tra i due candidati che al primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti al primo turno, verrà ammesso al ballottaggio il candidato alla lista più votata (maggiore cifra elettorale) e, in caso di ulteriore parità, verrà ammesso il più anziano di età (gli stessi criteri saranno usati in caso di parità nel ballottaggio). Al secondo turno viene eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti.

Per stabilire la composizione del consiglio si tiene conto dei risultati elettorali del primo turno e degli eventuali ulteriori collegamenti nel secondo. In pratica, se la lista o l’insieme delle liste collegate al candidato eletto sindaco nel primo o nel secondo turno non hanno conseguito almeno il 60 per cento dei seggi ma hanno ottenuto nel primo turno almeno il 40 per cento dei voti, otterranno automaticamente il 60 per cento dei seggi. I seggi restanti saranno divisi tra le altre liste proporzionalmente alle preferenze ottenute.

REFERENDUM

I cittadini saranno inoltre chiamata ad esprimere il loro voto su cinque i referendum, tutti sul tema della giustizia:

– Riforma del Csm: si richiede con il Sì l’abrogazione dell’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Si tornerebbe alla legge originale del 1958 che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura.

– Equa valutazione dei magistrati Si prevede che anche i membri cosiddetti “laici”, cioè avvocati e professori, possano partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati nell’ambito del Consiglio giudiziario territoriale (ora solo spettante ai magistrati).

– Separazione delle funzioni dei magistrati: In caso di voto favorevole al quesito referendario, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

– Custodia cautelare: prevede l’abrogazione dell’art. 274 comma 1 lett. c) del codice di procedura penale con riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona sotto processo, se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede. L’obiettivo dei promotori del referendum è evitare che la carcerazione preventiva possa colpire persone che poi risultino innocenti.

– Abolizione della legge Severino: Il quesito referendario per l’abrogazione della Legge Severino (D.lgs. n. 235/2012), si propone di eliminare l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale. A cadere anche l’art. 11 che impone la sospensione degli amministratori locali condannati anche in via non definitiva.

Inammissibili per la Corte Costituzionale il referendum sulla cannabis, quello sull’eutanasia e quello sulla responsabilità dei magistrati.

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