Tra leggi e pregiudizi

Aborto, una scelta difficile e da rispettare: la salute (anche mentale) della madre al centro

Se una nostra conoscente si è sottoposta a questo procedimento, nostro unico dovere è starle accanto e sostenerla: potrebbe sentirsi in colpa e così entrare in depressione

gravidanza donna incinta

Ad un aborto una donna si sottopone essenzialmente per ragioni di salute o morali. Qualunque sia la motivazione che la spinge, essa dovrebbe essere libera di fare ciò che vuole e non dovrebbe essere obbligata a tenere un figlio che non vuole né da una persona cara né tantomeno da uno sconosciuto. Al massimo la scelta in proposito dovrebbe essere fatta dalla coppia, ma, se la ragazza è stata lasciata da sola, la decisione spetta solo a lei.

Molte nazioni hanno emanato leggi in base alle quali è vietato sottoporsi a questa operazione. In alcune parti del mondo è concesso solo se la gravidanza è a rischio, ossia se si riscontrano anomalie nel feto o se la madre, nella gestione o nel parto, si espone a qualche pericolo. Invece, in molti altri paesi interrompere una gravidanza è proprio vietato tout court. In questi giorni molte donne sono scese in piazza per protestare contro queste norme. Gigantesche sono state le 660 manifestazioni, svoltesi lo scorso ottobre negli Stati Uniti, contro un’ordinanza del governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, che ha vietato l’aborto dopo le prime sei settimane di gravidanza, non appena cioè è possibile rilevare il battito cardiaco del nascituro.

In Italia la legge consente l’aborto entro i primi novanta giorni, poiché l’embrione non è ancora totalmente formato e si presume che non soffra né dal punto di vista fisico né da quello mentale (dopo il terzo mese, invece, si può procedere solo se si riscontrano problemi di salute nella madre o nel futuro figlio). Essa afferma chiaramente che la madre deve poter scegliere autonomamente, anche nell’ipotesi in cui il compagno possa essere in disaccordo.

Eppure esistono ancora vaste reti di antiabortisti, che propongono, tra l’altro, di pagare le genitrici perché continuino, comunque, la gestazione, anche quando esse non si sentono pronte. Essi pensano che il limite stabilito dal codice italiano sia sbagliato: secondo loro, il feto, anche relativamente sviluppato, avvertirebbe lo stesso il distacco dalla mamma. Eppure va detto che esso difficilmente è pronto ad avere pensieri prima dei primi cinque mesi di vita (come è stato dimostrato nel 2013 da un gruppo di ricercatori dell’École Normale di Parigi), anche perché il suo sistema nervoso si forma lentamente.

Tolti pregiudizi e falsi miti, va chiaramente affermato che, se una nostra conoscente si è sottoposta a questo procedimento, nostro unico dovere è starle accanto e sostenerla; se ha desiderio di parlare e di sfogarsi, si deve ascoltarla e non criticarla. Poiché potrebbe sentirsi in colpa e così entrare in depressione, bisogna darle una mano ed eventualmente offrirle una spalla sulla quale possa piangere. Sarebbe comunque doveroso consigliarle di mettersi in contatto con associazioni che le possano fornire un aiuto a superare il suo lutto.

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