Per un pensiero altro

L’ultimo sapiens

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

“Ci saranno storici futuri, diciamo nel prossimo secolo? Non è del tutto certo: l’umanità potrebbe aver perduto ogni interesse per il passato, occupata come sarà sicuramente a dipanare il gomitolo del futuro; o perduto il gusto per le opere dello spirito in generale, essendo intesa unicamente a sopravvivere; o cessato di esistere” sono righe scritte probabilmente da Primo Levi, in realtà il testo è anonimo e compare sul risvolto di copertina della prima edizione di una sua splendida raccolta di racconti intitolata “Vizio di forma” e pubblicata da Einaudi nel 1971. Sono passati 50 anni ma le sue visionare narrazioni si rivelano di illuminante attualità come ci dimostra Gianfranco Pacchioni nel suo arguto e provocatorio saggio “L’ultimo sapiens”. A conferma dell’acume e addirittura della preveggenza dello sguardo dell’autore basti sottolineare il fatto che la data di edizione del saggio è dicembre 2018 e vi si può leggere: “Presto con la realtà virtuale il modo di insegnare cambierà radicalmente. […] Presto nelle aule universitarie ci saranno delle meravigliose proiezioni olografiche di un celeberrimo professore di Harvard il quale presenterà un corso, disponibile in 139 idiomi e dialetti, tratto da uno sconfinato catalogo di offerta culturale in formato elettronico”.

A parte la doverosa sottolineatura del fatto che nulla della sua preveggenza ha a che vedere con la successiva pandemia che è stata solo un acceleratore, quanto casuale e quanto progettuale non ci è dato sapere, è interessante riflettere sul pericolo dell’egemonia omologante che potrebbe essere esercitato dalle società (Google, Facebook e simili) che gestiranno le dinamiche didattiche nel più uniforme e condizionato villaggio globale orwelliano che si possa immaginare. Per non parlare della spersonalizzazione e della disumanizzazione dell’insegnamento in nome di una “oggettiva e universale informazione” con il tragico epilogo di eliminare la cultura nel suo senso e nel suo valore più alto trasformandola in un “sacco vuoto riempito di informazioni volgarmente certe”. I preveggenti racconti di Levi diventano un suggerimento illuminante per uno sguardo verso il futuro orientato lungo un itinerario che comunemente viene celebrato con l’ambiguo termine: progresso. È pleonastico ma precisiamolo comunque: il concetto di progresso presuppone l’aver predeterminato l’obiettivo e tutto ciò che avvicina allo stesso può definirsi tale mentre quanto allontana diviene negativo. Bene: ci siamo interrogati davvero con intelligenza al riguardo? Oppure abbiamo dato per scontato che la tecnologia, oggettiva (?), è bene che scalzi la cultura, diveniente e soggettiva?

Sarebbe facile e, visto che il termine va di moda, populista, evidenziare la decadenza della qualità culturale dei nostri studenti per non parlare di ministri e giornalisti che non conoscono il congiuntivo anche se, come ho sentito sostenere purtroppo da molti, “l’importante è che ci capiamo”. Non possiamo sensatamente affermare che tutto questo sia inevitabile, non si tratta di una sorta di depauperamento biologico delle nuove generazioni ma di un “Vizio di forma” dell’attuale sistema. I nostri giovani non sono i responsabili dell’odierna decadenza, ne sono le vittime. Certo, i saggi e lungimiranti “opinionisti” che pontificano dalle nostre televisioni e sui social pongono la perenne interrogazione che pare, in quei contesti, saggia, protesa verso le “magnifiche sorti e progressive” lungo le quali è indirizzato il cammino dell’umanità: “Ma i mercati cosa ne pensano?” A parte che il mercato non pensa, è mai possibile che si sia tutti proni al mercato che noi, forse davvero gli ultimi sapiens, abbiamo costruito per divenirne schiavi? E smettiamola di affermare che non ci sono alternative o che la nostra abdicazione ha per scopo di garantire il benessere ai più. Nulla di più falso, pochi individui esageratamente ricchi reggono le sorti dei destini di miliardi di esseri umani tra i quali moltissimi esageratamente poveri, non solo, i pochi, essendo detentori degli strumenti più utili a condizionare il pensiero unico, riescono a far dichiarare ai molti “ma che bravo, hai visto, ha regalato un sacco di soldi a chi è stato più sfortunato”. Niente di nuovo, una strategia che funzionava già dai tempi di Augusto: “Ti rendo una minima parte di quanto ti ho sottratto ma potrei anche non farlo, quindi ringraziami ed amami ed ammirami, io sono l’Augusto”.

Mi fermo subito, non è questa la direzione nella quale si muove questo intervento né il saggio in questione e nemmeno i racconti di Levi. Una pagina davvero suggestiva è dedicata alle nanotecnologie, altro argomento affascinante è quello delle biostampanti 3 D, e ancora il “teletrasporto biologico”, la lettura del pensiero lo studio della memoria e delle dinamiche del cervello fino a poterne “influenzare o modificare i pensieri”. L’inevitabile epilogo del percorso sarà la creazione di un cyborg, e non manca molto sempre che già non sia stato realizzato, dotato di tutte le capacità umane ed assolutamente potenziate. Sarà possibile, magari ispirandosi al racconto di Levi “Trattamento di quiescenza”, realizzare un interfaccia cervello-macchina, quello che i tecnici del settore chiamano brain-machine-interface. La facile osservazione di qualche “Ultimo sapiens” probabilmente sarà: “Ma questo superuomo cyborg non potrà mai avere sentimenti né tanto meno creare bellezza” . Non credo sia più valida nemmeno questa ottimistica considerazione: risale al lontano 1980 l’Esperiments in Musical Intelligenze (EMI) capace di produrre già nel 1993 inediti di Bach e, negli anni successivi, di Mozart e di Rachmaninoff. Pezzi splendidi che, sottoposti ad un test concepito da Hofstadter sullo schema di quello di Turing, hanno indotto gli ascoltatori ad individuare il brano composto da EMI come originale. Una breve notazione sul Hofstadter, oltre ad amarlo per la sua opera va apprezzato per la sua passione per il nostro paese e per la nostra lingua, alla faccia degli ignoranti del congiuntivo di cui sopra.

Se lo sguardo visionario di Levi ha visto correttamente, il problema della cosiddetta “singolarità” diverrà, o è già divenuto, imprescindibile. Mi riferisco all’ipotesi dell’esistenza di esseri a noi superiori oltre che biologicamente anche per quanto riguarda ciò che abbiamo sempre considerato la nostra peculiarità: l’intelligenza. È l’obiettivo della società fondata nel 2016 da Elon Musk: Neuralink. Con quanto amore e quanta fiducia ho amato l’esortazione nietzscheana: “là guardate, fratelli miei! Non li vedete l’arcobaleno e i ponti dell’oltre uomo?”, ma non era questa l’indicazione del grande filosofo, certo, parlava della cessazione dello Stato ma non per concedersi al controllo globalizzante del mercato, era un messaggio che sognava l’anarchia antropocentrica, non la cancellazione dell’uomo ma la sua affermazione, la sua liberazione, l’autosuperamento affinché potesse raggiungere il suo luogo di elezione, quanto lontano dal percorso che abbiamo intrapreso. Ed in chiusura ancora le parole di Levi a commento dei suoi geniali testi: “In questi racconti si respira un’aura di tristezza non disperata, di diffidenza per il presente, e ad un tempo di sostanziale confidenza per il futuro: l’uomo fabbro di se stesso, inventore ed unico detentore della ragione, saprà fermarsi a tempo nel suo cammino “verso l’occidente”? E ancora una volta mi visitano le parole del tramonto di Zarathustra che: “ora se ne sta qui e attende, e attorno a lui antiche tavole spezzate e anche tavole nuove, scritte solo a metà”.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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