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“Vivere senza glutine non è una moda”: lo spiega Valentina Leporati

La risposta a un video su Facebook in cui veniva paragonata una patologia come la celiachia a una scelta alimentare

Vivere senza glutine non è una moda, lo spiega Valentina Leporati

Valentina Leporati, titolare della pagina web Valentina Gluten Free, è una ragazza di La Spezia che lotta ogni giorno contro pregiudizi e discriminazioni verso una patologia nel 2019 ancora poco conosciuta.

A seguito di un video apparso su Facebook, Valentina ha realizzato un filmato per rendere pubblica una sua opinione:
“Ho deciso di rispondere pubblicamente al video con la speranza che la nostra battaglia arrivi a qualcuno con una voce un po’ più potente della mia che ci possa aiutare a far cambiare le cose in meglio. Questo discorso nasce dall’arrabbiatura della settimana scorsa a seguito di un video che affiancava delle scelte alimentari ad una patologia come la nostra. La seconda arrabbiatura arriva nel momento in cui scopro che in edicola c’è un giornale che titola a caratteri cubitali che la dieta senza glutine fa dimagrire in due settimane. Questa è disinformazione ad alti livelli, è fuorviante ed è oltretutto nociva sia per chi crede in questa cosa sia per noi celiaci che veniamo affiancati ad un capriccio, ad una scelta. Oltretutto nel giornale veniva consigliato a chi è realmente affetto da celiachia di mangiare a casa piuttosto che nei buffet per rischio contaminazione”.

“Ovviamente questo fa mille passi indietro – continua Valentina – rispetto alle battaglie compiute in questi anni per permetterci di mangiare fuori casa tranquillamente e tutelati, ma è lo specchio esatto di ciò che realmente succede. Fondamentalmente non c’è una legislazione esatta che ci tuteli, non c’è informazione e soprattutto è permesso a chiunque di scrivere “cibo per celiaci” sul menù. Vi dico questo perché mi è successo esattamente una settimana fa in un locale in cui era scritto che erano presenti birre e pizze precotte senza glutine, a cui aggiungere tutti gli ingredienti che volevo”.

“Andando avanti nel discorso con il cameriere scopro che su nessun salume che io avevo scelto c’era la dicitura senza glutine. Il cameriere rimane basito perché sono stata la prima a fargli notare questa terribile mancanza, e io mi mangio la mia margherita. Adesso, perché è possibile ed è concesso a tutti scrivere sul menù “pizza per celiaci” quando fondamentalmente mi stai dando una base precotta e non posso aggiungerci niente sopra? Soprattutto in una situazione del genere, voi capirete che io non mi sento per niente tranquilla a mangiare quella pizza, perché non c’è un’informazione necessaria. Io sono sintomatica, ma chi è asintomatico, e viene contaminato e non se ne accorge, come si tutela?”

“Quindi, dov’è e chi è la persona che deve controllare tutto questo? A chi dobbiamo rivolgerci per essere al sicuro quando andiamo a mangiare fuori? Io non pretendo che in tutti i ristoranti, in tutti i bar, in tutti i pub ci sia un’opzione per me, perché so perfettamente che serve un tipo di cucina, un tipo di struttura, che è necessario uno studio e dei corsi per potermi dare da mangiare. Io però chiedo fortemente che se viene scritto che c’è qualcosa per me celiaca, non per me intollerante, questo deve essere perfettamente adatto a me e che io non rischi di sentirmi male o che una persona asintomatica non rischi di avere danni senza accorgersene. Io ho trent’anni, ma un ragazzino, un bimbo, un adolescente, che non sa ancora prendersi cura di sé come so invece fare io, da chi viene tutelato?”

Bisogna smettere di associare scelte alimentari a patologie, bisogna smettere di fare confusione tra intolleranza, allergia e celiachia, bisogna che ci sia un’informazione corretta e maniacale su questo, perché il cibo è la base della vita sociale delle persone e la celiachia non può più essere un’invalidante sociale nel 2019. Lo è stato per me per tanti anni e io combatto ogni giorno perché non lo sia più. Quindi chi deve proteggerci? A chi dobbiamo chiedere una legge precisa che imponga la conoscenza perfetta della nostra patologia ai ristoratori e agli addetti al settore? Perché loro sono i primi confusi, perché se un intollerante si presenta e dice che è celiaco, o se una persona che ha letto che la dieta senza glutine fa dimagrire chiede una pizza per celiaci e poi mangia un dolce glutinoso, il ristoratore si confonde. Quindi cosa vogliamo fare? Vogliamo continuare a vivere in una nebulosa o abbiamo intenzione di fare qualcosa perché le cose cambino in meglio? Ci vuole veramente attenzione e senso critico quando si affrontano certi argomenti.”

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