Thriller

La Bettola – capitolo 6: “Angeli rosso sangue”

Il thriller a puntate di IVG/young

La Bettola

 

Alberto ordinò al compagno di tavolo Matteo e allo Spettro Arianna di seguirlo verso una chiesa sconsacrata, abbandonata da anni, in mezzo a una radura, lontani quanto bastava dalla città per poter parlare senza temere di essere sentiti.

Alberto li fece entrare a gran fretta e subito chiuse la porta. La luce era fioca a causa dei vetri sporchi. Matteo e Arianna si sedettero sulle vecchie panche polverose, sperando di digerire quel pranzo rimasto indigesto per la corsa. Oltre a quello c’era stata la storia lugubre di Costantino.

Gaia aveva chiamato tutti a raccolta e il sopravvissuto aveva narrato l’accaduto. L’Inquisitore ora voleva uccidere tutti per un loro “errore”. Non provava dolore o fatica ed era forte come un demonio. E soprattutto aveva fatto un nome, Carlo Serfi, sconosciuto alla Bettola.

Alberto afferrò una sedia e si sedette al centro della chiesa, con Matteo alla sua destra e alla Arianna alla sinistra. Ambedue lo fissarono, aspettando che parlasse. Poi Matteo decise di rompere il silenzio tombale.

“Allora? Perché siamo qui? Che devi dirci?”

Alberto lo guardò con le lacrime agli occhi. Cercò di riprendersi il prima possibile, si asciugò le lacrime e poi cominciò a parlare, con un tono talmente basso che era quasi impercettibile persino a loro due.

“La lista di nomi era il primo indizio. Un messaggio facile. I sei dovevano morire. Ma ora lui ha compreso che la Bettola è unita e la lista si è allargata. Ora comprende tutti noi.”

“Lo sappiamo” disse sprezzante Arianna.

“Ciò che non sapete è chi è lui. Il suo nome è il secondo indizio, vale a dire Inquisitore. Ricorda la chiesa, perché il nostro nemico è un prete ed il suo nome è Antonio Serfi!”

“Cosa?” chiesero all’unisono i due ascoltatori.

“Carlo Serfi era un nome che non sentivo da tanto tempo. Era entrato per sbaglio in un brutto giro che lo condusse alla Bettola, nell’orario in cui ci lavoravo e ci lavoro io. Sono il finanziatore!”

Arianna lo guardò male: “Sapevo che non ci si poteva fidare di te. Sei il Soldo Nero! Fai vivere la Bettola solo per usarla come base dei tuoi traffici!”

“Soldo Nero… così mi chiama Gaia. Comunque, durante quel pagamento, c’è stato un guaio ed è iniziata una sparatoria. L’ho ucciso io. Ho ucciso Carlo Serfi, alla Bettola!”

Arianna si alzò sconvolta: “Sei tu la causa! L’Inquisitore ci incolpa per un tuo errore!”

“Non è il momento di puntare il dito, Spettro. Ascoltatemi. Voi due potete fermarlo, insieme. Un hacker e uno sbirro! Si Matteo, ti ho scelto perché sapevo chi fossi, e chi sei tutt’ora.”

Matteo e Arianna si fissarono per qualche secondo. I loro segreti erano svelati e ora Alberto gli stava dando un compito terribile, vale a dire fermare chi stava mettendo in ginocchio la Bettola, la tana di Satana, il colosso delle tenebre.

“Potete farlo perseguitare dalla polizia o molto peggio e dovete farlo.”

“Perché non lo fermi tu con i tuoi soldati?!” domandò Arianna piena di rabbia.

“Perché morirò oggi!”

Le lacrime ricominciarono a scendere. Alberto guardò i suoi alleati e vide che erano rimasti sconvolti.

“Gaia è l’unica che sa di questa storia. È un’assassina, eccellente nell’avvelenare le sue vittime. Mi ucciderà oggi, qui. So che mi ha seguito dal momento in cui vi ho chiesto di seguirmi. Ora scappate, prima che vi trovi. Vi darò il tempo di fuggire. Siete la mia unica speranza.”

“Cosa accadrà alla Bettola?” chiese Matteo preoccupato.

“Mi sono assicurato la sua sopravvivenza. La Bettola non cadrà, né sotto l’Inquisitore né nuovamente sotto Gaia. Ora non preoccupatevi per la Bettola. Andate, fermate Antonio Serfi!”

Sentirono dei rumori provenire da fuori. Qualcuno stava per entrare, e quel qualcuno non era di certo da solo. Matteo e Arianna precipitarono verso l’uscita posteriore correndo a perdifiato, mentre Alberto gli diceva l’ultima frase:

“Scappate! Satana sta arrivando per me!”

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