L'incontro

Giorno della Memoria: davvero i giovani non ricordano?

Presso la sala punto d’incontro soci Coop si ricordano le vittime della Shoah e si riflette sull’importanza del ricordo anche e soprattutto tra le nuove generazioni

“La storia è amorale: i fatti sono successi. La memoria invece è morale; ciò che ricordiamo consapevolmente è quello che ricorda la nostra coscienza”. Con questa citazione di Anne Michaels, si apre il dibattito condotto dal professor Angelo Maneschi dal titolo “La strada verso Auschwitz – dalla persecuzione dei diritti alla persecuzione delle vite”, svoltosi giovedì 24 gennaio nella Sala Punto d’incontro dell’Ipercoop Il Gabbiano di Savona.

Il professor Maneschi, insegnante presso il liceo O. Grassi di Savona ci proietta indietro nel tempo, nel 1935, agli albori delle leggi di Norimberga, punto d’inizio di un percorso atroce che si concluderà nelle camere a gas del campo di Auschwitz.

Il piano era semplice nella sua disumanità: definire un capro espiatorio, privarlo dei diritti, isolarlo e infine eliminarlo al fine di purificare la razza tedesca da qualsiasi parassita che ne potesse minare l’integrità. Ma non bisogna sottovalutare il modus operandi con il quale questo progetto venne attuato; liquidazioni sistematiche e razionali in una macchina di morte efficiente e brutalmente produttiva.

Piani meticolosamente organizzati, camere a gas, gruppi d’élite di intellettuali incaricati dei rastrellamenti nelle retrovie; con queste premesse non è possibile parlare di follia nazista. La follia è un’alienazione, una demenza ma qui ci troviamo di fronte ad un’estrema ratio e ad una coerente applicazione dell’intelligenza di un gruppo di saggi che si sono messi al servizio di barbari carnefici.

Ed è questo uno dei principali motivi per cui è fondamentale oggi ricordare le brutalità attuate ormai più di 80 anni fa. Noi ci crediamo superiori, intellettualmente evoluti rispetto a coloro che si sono macchiati di tali crimini; ma ciò non è universalmente vero. L’umanità e l’istruzione non procedono sempre parallele. Uomini intelligenti, laureati, saggi si sono persi nei meandri di un’ideologia allucinatoria che nella sua insensatezza poteva quasi apparire giusta.

Questa è l’inerzia delle ideologie: in momenti di crisi emergono forze che riescono a fare leva sui sentimenti istintivi e sulle emozioni negative. Nessuno di noi è vaccinato contro l’odio; è un morbo terribile che affligge chiunque, anche i più giovani.

Il quadro che si prospetta è piuttosto disarmante: si dice che i ragazzi non abbiano più ideologie, un qualcosa in cui credere e per cui battersi. Si potrebbe pensare allora che i giovani siano al sicuro, che siano puri e incontaminabili. Questo potrebbe essere vero ma potrebbe anche verificarsi il contrario e cioè una maggior predisposizione a seguire un leader forte e sicuro in grado di promettere certezze.

È facile oggi dimenticare: la guerra si è fatta ormai un’esperienza lontana, le testimonianze si fanno via via meno frequenti e spesso si sente la necessità di provvedere a problemi percepiti come più urgenti. Ma i giovani non hanno dimenticato. E non potranno farlo finché avranno dalla loro parte una delle armi più potenti contro la sfrenata ideologia: la curiosità.

Il genuino interesse verso la nostra storia, il nostro passato e le nostre radici ci impedirà di ripercorrere gli stessi passi e gli stessi fatali errori.

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