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Critica cinematografica: “Tredici”

Una grande idea dai buoni propositi, realizzata male e piena di illogicità: meglio guardare solo la prima stagione

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Nata dal romanzo omonimo di Jay Asher, sotto la regia di Brian Yorkey, TH1RTEEN R3ASONS WHY, detta Tredici, è una serie televisiva statunitense iniziata nel 2017 che conta tre stagioni, con episodi della durata di tre quarti d’ora circa.

La terza stagione è ancora inedita in Italia. La recensione parlerà solo delle prime due stagioni.

L’idea di base è a dir poco geniale.

Hannah Baker è una adolescente che vuole suicidarsi, per tredici ragioni, ed effettivamente commette l’atto. Prima di togliersi la vita, però, decide di farla “pagare” a chi “l’ha uccisa” registrando tredici audiocassette, o per meglio dire tredici lati di queste ultime, e ponendole in una scatola con assieme una mappa della città. Ad un suo amico il compito di consegnarle al primo colpevole, che le dovrà ascoltare tutte e poi passarle al successivo colpevole (protagonista della cassetta successiva) e così via, o il loro contenuto verrà divulgato.

Tredici colpevoli, tredici colpe, tredici cassette, così come tredici episodi. Ad ogni episodio, una cassetta, un colpevole ed una colpa.

Una punizione molto particolare, quella di Hannah. Non è una denuncia alla polizia, ma una tortura psicologica, costruita apposta per far soffrire chi le ha fatto del male e per far prendere loro coscienza delle azioni commesse, disdicevoli e malvagie.

Due protagonisti, Clay ed Hannah, l’uno vivo e facente parte dei colpevoli, l’altra la vittima morta. Due, proprio come i filoni della storia, da un lato il passato dai colori accesi dove Hannah vive e dall’altro il presente tetro in cui lei è morta.

Fino a questo punto, solo tanti e sentiti complimenti, una trama bellissima. Peccato per la riuscita.

La trama fa presagire che i motivi siano tutti allo stesso livello, chi più chi meno, nessun vero reato penale ma solo tanti fatti, i quali uniti insieme hanno distrutto la vita della giovane Hannah (un misto di bullismo, delusioni amorose ed insulti, o qualcosa di simile). Allo stesso modo si ipotizza che i colpevoli, come le colpe, siano tredici. La verità è ben diversa.

I colpevoli sono undici, in quanto uno si ripete due volte ed un altro non è proprio colpevole. I motivi sono effettivamente tredici, ma alcuni sono piccolezze mentre altri sono estremamente gravi.

Clay, l’undicesimo colpevole, un ragazzo innamorato di Hannah, avente per tutta la prima stagione un cerotto in fronte (elemento che identifica il presente ma che persiste troppo a lungo), serve nella storia per capire gli avvenimenti, ma viene definito dalla stessa Hannah non colpevole, in quanto l’ha soltanto lasciata sola a piangere, sotto sua precisa richiesta. Il problema è che la sua innocenza viene rivelata solo all’undicesimo episodio, nell’undicesima cassetta. Un colpo di scena certamente considerevole, ma allucinante. Clay finisce quasi per suicidarsi dai sensi di colpa, temendo di aver ferito la sua amata. Lei inoltre, conosceva abbastanza bene la sua personalità e poteva prevedere un simile crollo emotivo. Perciò un atto davvero spregevole quello della vittima, lasciarlo credere di aver fatto chissà cosa per così tanto tempo.

Tra le ragioni del suicidio, l’unica di vera importanza è lo stupro, subito da Bryce. Gli altri motivi sono molto meno importanti. Due amici che la abbandonano, una sua poesia intima rubata e pubblicata, bullismo ed etichetta di “ragazza facile”, ed altre cosette, tra cui uno stalking di breve durata ed una molestia sessuale, perpetrata per pochi secondi.

La trama vuole portare attenzione sul bullismo e denunciare questo atto spregevole, che la serie analizza in molti aspetti. Un intento notevole, ma spesso mal realizzato. Stupro e molestia, questi sono motivi per morire, non il furto di bigliettini con su scritti dei complimenti o il comparire su una lista come “miglior fondoschiena”.

Bisogna precisare che ogni singola colpa denunciata da Hannah è effettivamente una colpa, su questo non si discute, ma la ragazza le denomina come motivi che l’hanno spinta al suicidio, assimilandoli allo stupro. Per questo molti dei tredici perdono valore. Tutte le colpe sono nulla in confronto all’atto di Bryce, ma Hannah non sembra vederla così e questo non ha senso.

Tanti colpevoli, inoltre, sono alla fine delle brave persone, emarginati o vittime delle circostanze, che hanno commesso brutte azioni ma non per questo vanno condannati come fossero degli assassini.

Si pensa che tutti i colpevoli siano ragazzi, ed invece no, l’ultimo è un adulto, psicologo della scuola, che non ha aiutato Hannah e che, ad essere sinceri, non poteva nemmeno fare più di tanto. Senza un nome, come poteva aiutare una ragazza violentata?

La serie commette un altro grave errore, proprio nella realizzazione della vittima, ragazza che al ballo viene invitata a ballare, che ottiene appuntamenti, si comporta spesso e volentieri da bulla, rifiuta Clay come fidanzato e soprattutto non lascia nemmeno due righe ai genitori, coloro che la amavano più della loro vita. Non proprio una santa o una emarginata insomma.

Nonostante gli svariati errori di Tredici, la serie non è assolutamente brutta o noiosa, al contrario fa riflettere, esplica i suoi concetti (denuncia del bullismo per lo più) in modo abbastanza chiaro, risulta piacevole ed anche scorrevole, interessante nella psicologia dei vari personaggi, tutte comparse certo ma non per questo poveri di caratteristiche.

Purtroppo, la serie perde valore non terminando con il tredicesimo episodio. Una volta scoperto l’ultimo colpevole e l’ultimo peccato, ed essendo la ragazza già morta, la serie doveva terminare. Lista completata, malefatte chiare, cassette sentite e considerato tutto una bella serie.

La seconda stagione risulta totalmente inutile, confusa e sbagliata sotto ogni punto di vista. Continua una storia praticamente finita, diventando però un caso di tribunale, una storia legale e perdendo tutto il mistero su cui la prima si basava. Le comparse diventano importanti, il film diviene corale, Brice lo stupratore resta praticamente l’unico cattivo mentre ogni altro colpevole diventa buono.

Hannah è il fantasma della serie, una allucinazione costante di Clay. I genitori della ragazza suicida fanno causa alla scuola, come se fosse l’unica vera colpevole, senza darsi la colpa di non aver capito cosa succedesse alla figlia.

Bryce viene condannato ma ad una pena effimera, lo stalker si trasforma in un aspirante serial killer di massa che però non commette nessun omicidio, il doppio colpevole Justin viene adottato dalla famiglia di Clay e molte altre cose accadono nel corso degli episodi. Tanti avvenimenti, storie e ricordi di un passato mai scoperto nella prima e che sarebbe stato importante conoscere, tante cose che però non stanno bene nella cornice di Tredici.

Finale della serie, si scopre una lista di undici motivi per cui vivere, scritta da Hannah. La ragazza aveva scritto due liste. Ed ecco che la prima stagione viene uccisa, perché la suicida ha deciso di morire dato che i motivi per tagliarsi le vene superavano di due quelli per vivere, e molti dei motivi per farla finita sono stupidi.

La terza stagione parlerà di questa seconda lista, probabilmente, e di chissà cos’altro, ma potrebbe essere ancora meno interessante della seconda, se non capace di far odiare Hannah, che aveva ben undici ragioni per vivere.

Naturalmente i motivi per vivere potrebbero essere stupidaggini come molti di quelli per morire. Oppure potrebbero riguardare le persone che le volevano bene, i genitori, Clay, l’amico che diffonde le cassette.

Tredici. Una grande serie televisiva, considerando solo la prima stagione, sicuramente da vedere; un errore colossale considerata nel suo complesso.

Per concludere, una serie da vedere e da amare, fermandosi però alla prima stagione.

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