Laigueglia. Venerdì 23 luglio alle ore 21:15 nella Chiesa San Matteo si svolgerà “Il figlio dell’uomo”, una rappresentazione teatrale sacra della compagnia I Cattivi di Cuore sul copione “La passione” di Giobatta Martini, per l’adattamento e la regia di Giorgia Brusco e sullo scenografico e grande cartelame della parrocchiale (i posti sono limitati).
Riscoprire le antiche tradizioni del territorio ancora vive negli animi è lo scopo di un progetto che va oltre la semplice idea di spettacolo ma si costituisce nei termini di una vera ricerca di identità culturale. Così come nel Medioevo la Chiesa fu luogo di rinascita del rito teatrale, oggi ne diviene custode e promotrice, luogo eletto in cui divino e umano s’incontrano e in cui passato e presente si fondono in un solido legame attraverso l’arte.
Con i suoi apparati effimeri a formare una vera e propria cortina teatrale la Chiesa San Matteo sembrava solo richiedere la presenza fisica dell’attore, in grado di ridare vita nel qui e ora ad antiche tradizioni e riti propri di una specifica collettività. La storia narrata è quella della Passione di Cristo, le parole che danno vita all’azione scenica sono quelle della Passione di Giobatta Martini, scritta a partire dagli antichi testi del ‘600 con una struttura classica di endecasillabi.
“Nel nostro concetto riscoprire la tradizione non vuol dire riproporla nelle stesse forme: ciò sarebbe come costruire un falso storico privo di senso e fondamento – spiega Bursco – La scelta è stata fondere alcuni elementi storici con elementi propri del fare teatro contemporaneo. La struttura tradizionale del testo si contrappone alla dinamica contemporanea dell’allestimento in cui le suggestioni visive, restituite soprattutto dalle coreografie dei corpi, e le impressioni sonore, sottolineano il rapporto tra modernità e tradizione, sacro e profano, verità e narrazione”.
Il testo porta vivi in sé antichi retaggi delle rappresentazioni medievali, in cui attimi di vita terrena della Passione di Cristo erano contrapposti a momenti ultraterreni popolati da personaggi demoniaci che tessono le trame del Male, descritti in modo grottesco e quasi giullaresco. “Abbiamo deciso di rendere omaggio alla più antica tradizione della commedia dell’arte facendo diventare questi demoni maschere dalle fattezze animalesche, prendendo spunto da alcuni suggerimenti che l’autore mette in nota al testo”, prosegue la regista.
“Sono proprio il sentimento, l’emozione, la vita interiore dei personaggi a divenire protagonisti della scena e averci donato la chiave per una lettura modera del testo – conclude – Senza intaccare la struttura metrica la parola viene eletta a protagonista ma sfrangiata di tutte le possibili sovrastrutture ridondanti e resa spoglia, vera, essenziale nella sua forma di azione, in grado di vibrare nell’aria per unire i sentimenti di pubblico e attori. Così la scena è nuda, spoglia: solo i corpi degli attori e pochi elementi scenografici popolano lo spazio scenico per portare l’accento non sull’estetica ma sul messaggio”.
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