domenica
10
Febbraio
2019

Celebrazione del Giorno del Ricordo in piazza Mameli

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Febbraio
2019
Savona ricorda la tragedia delle Foibe
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Domenica 10 febbraio ricorre il Giorno del ricordo, istituito con la legge n. 92/2004 per “conservare e rinnovare – recita il provvedimento – la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra (1943 – 1945) e della più complessa vicenda del confine orientale”.

A partire dal 2006 la solennità civile viene celebrata ogni anno con convegni, dibattiti nelle scuole e cerimonie pubbliche. A Savona, in particolare, il vescovo emerito monsignor Vittorio Lupi celebrerà alle ore 17 nella cappella delle Figlie di Nostra Signora della Neve in via Manzoni a Savona una Messa per gli esuli giuliano dalmati. Alle ore 18 in punto, alla presenza delle autorità civili e militari cittadine e dello Stato, la campana del Monumento ai Caduti “Rintocchi e Memorie” di piazza Goffredo Mameli scandirà i rintocchi della memoria e una tromba suonerà il Silenzio. Seguirà la deposizione di una corona. La Corale Alpina Savonese intonerà poi “Va’ pensiero”, canto verdiano che era sulla bocca degli esuli mentre il piroscafo Toscana lasciava il porto di Pola, nell’attuale Croazia, e li portava via per sempre.

Con “foibe” si intende il fenomeno delle stragi perpetrate dai partigiani jugoslavi tra il settembre 1943 e il maggio ‘45 gettando le vittime nelle cavità carsiche o attraverso annegamenti con pietra al collo (“foibe d’acqua”), fucilazioni e impiccagioni con maltrattamenti durante le deportazioni. Esse non furono, se non in minima parte, gesti vendicativi, al contrario fu violenza di Stato con un disegno politico preordinato: l’epurazione preventiva degli oppositori al regime comunista e all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia e l’eliminazione della classe dirigente.

Dopo la morte di migliaia di innocenti si ebbe l’esodo di 350mila persone. Gli esuli giuliano dalmati subirono diverse ingiustizie e una delle più rilevanti riguardò il loro patrimonio personale: i profughi persero tutti i loro beni immobili (case, appartamenti, terreni, aziende) e parte di quelli mobili, dato che le autorità jugoslave operarono confische, espropri e nazionalizzazioni ai danni dei proprietari. Successivamente i trattati internazionali imposero all’Italia di pagare le riparazioni di guerra alla Jugoslavia utilizzando i beni “abbandonati”.

Inoltre per quasi sessant’anni gli autori dei testi scolastici di storia non hanno mai descritto tali vicende, su cui è calato un oblio tale da far dire al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2007: “Dobbiamo assumerci la responsabilità di aver negato la verità per pregiudizi ideologici”.

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