Un’esposizione che raggruppa alcuni tra i più significativi artisti del novecento, che attraverso le loro ricerche hanno dato origine a correnti artistiche di rilevanza nazionale e internazionale.
Una mostra che testimonia la pluralità degli approcci, e delle tecniche, di un secolo complesso e articolato come quello del Novecento. In mostra sono rappresentate ricerche più figurative come quelle di Mario Sironi e Mimmo Paladino, fino a quelle aniconiche di Toti Scialoja e Schneider Gerard; sino ad arrivare alle espressioni più contemporanee come le opere di Rotella e Kounnellis.
Tra gli artisti presenti in galleria Mario Sironi, che fu uno degli artisti che diedero vita al movimento artistico Novecento nel 1922 a Milano passando prima dal futurismo e l’arte metafisica. Biasi Alberto è legato alla stagione di massima popolarità dell’arte ottico-cinetica, grazie alle sue creazioni artistiche costruite sulla base di precise illusioni ottiche. I suoi quadri presentano in genere superfici che cambiano aspetto a seconda dell’angolo di osservazione, dando quindi la sensazione illusoria del movimento.
Insieme con Gianni Colombo e Getulio Alviani è unanimemente considerato dalla critica come il più autorevole rappresentante italiano di questo tipo di arte. Toti Scialoja è pittore e poeta italiano e testimonia le ricerche artistiche segnico gestuali che caratterizzano gli anni cinquanta. È stato definito artista originale e poliedrico. Dopo un periodo espressionista, si è orientato verso un linguaggio pittorico astratto-concreto con una forte carica materica. Dal 1961 ha iniziato un’attività originale di poeta, dedicandosi al nonsense e al limerick, illustrando le sue stesse poesie. Proprio dalle ricerche di Scialoja presero le premesse della carriere di Janis Kounnellis che fu influenzato dell’espressionismo astratto che insieme all’arte informale costituisce il binomio fondamentale dal quale prende le mosse il suo percorso creativo. Rispetto ai suoi maestri, Kounellis mostra subito un’urgenza comunicativa molto forte che lo porta al rifiuto di prospettive individualistiche, estetizzanti e decadenti e all’esaltazione del valore pubblico, collettivo del linguaggio artistico.

Nelle sue prime opere, infatti, dipinge dei segni tipografici su sfondo chiaro che alludono all’invenzione di un nuovo ordine per un linguaggio frantumato, polverizzato. Risalgono al 1967 le prime mostre ideologicamente vicine al movimento dell’arte povera nelle quali l’uso di prodotti e materiali di uso comune suggeriscono per l’arte una funzione radicalmente creativa, mitica, priva di concessioni alla mera rappresentazione. Evidenti sono anche i riferimenti alla grecità delle sue origini. Un’altro grande protagonista che segnò le ricerche degli anni sessanta è Mimmo Rotella emblema delle ricerche del Nouveau Realisme.

Proprio nel 1953 comprende che il mezzo pittorico non è più un mezzo adatto per l’espressione della sua poetica e ha improvvisamente quella che egli definisce “illuminazione Zen”: la scoperta del manifesto pubblicitario come espressione artistica. Così nasce il décollage: Rotella preleva dai muri di Roma e incolla sulla tela pezzi di manifesti strappati per strada rielaborandoli poi in studio, adottando il collage dei cubisti e contaminandolo con elementi mutuati da una matrice informale vicina ad Hans Arp e a Jean Fautrier e con il ready-made dadaista. L’opera di Mimmo Paladino testimonia l’approccio neo figurativo che caratterizza alcune delle ricerche artistiche che iniziarono a germinare proprio negli anni sessanta. Il 1968 coincide con la sua prima esposizione presso la Galleria Carolina di Portici (Napoli). In quest’occasione viene presentato dal giovane Achille Bonito Oliva, che lo affiancherà criticamente nel corso di tutta la sua carriera artistica, includendolo nel novero degli artisti della Transavanguardia.

Nel 1977 partecipa all’esposizione “Internazionale Triennale für Zeichnung”, a Breslavia, dove si avvertono i primi segnali del cambiamento artistico degli anni successivi. È di questo anno infatti la realizzazione del dipinto “Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro”, che oggi i critici considerano il quadro simbolo del ritorno degli artisti alla pittura dopo la lunga stagione delle proposte concettuali dei decenni precedenti. Tra gli artisti presenti anche Schifano Mario che insieme a Franco Angeli e Tano Festa rappresentò un punto fondamentale della Pop Art italiana ed europea. Perfettamente inserito nel panorama culturale internazionale degli anni sessanta, era reputato un artista prolifico, esuberante ed amante della mondanità. Molti dei suoi lavori, i cosiddetti “monocromi”, sono realizzati con uno o due colori, applicati su carta da imballaggio, poi incollata su tela. Punto di rilievo nella sua vasta produzione sono i dipinti nei quali riprende marchi pubblicitari (Coca-Cola ed Esso), quanto i “Paesaggi anemici“, le “Vedute interrotte“, “L’albero della vita“, “Estinti” e i “Campi di grano“.

La mostra è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.30, la domenica dalle 10.00 alle 12.30. Per maggiori informazioni potete consultare il sito internet: www.galleriavicospinola.it oppure la pagina Fcaebook “Galleria Vico Spinola”.
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