Albenga. Efficienza, sicurezza e comfort per i pazienti e i loro familiari, uniti all’alta qualità del servizio e della chirurgia. E con liste d’attesa praticamente ridotte a zero. Concetti chiave che rappresentano la spina dorsale dell’unità operativa di Ortopedia e Traumatologia di Albenga, in gestione al Policlinico di Monza dal 2017.
Un centro specializzato in chirurgia per il trattamento delle patologie ortopediche, allestito al primo piano dell’ospedale Santa Maria di Misericordia, che può contare su 29 posti letto, suddivisi in 15 camere biposto, ideali per l’accoglienza e il riposo dei pazienti, ma che garantiscono anche tutti comfort del caso per i loro familiari. Il reparto, solo nell’anno in corso (2018), ha già messo in atto oltre 400 interventi (specificatamente suddivisi in protesica di ginocchio, anca e spalla, e artroscopia di anca, spalla, ginocchio e caviglia), oltre a tutti gli interventi di sport medicine, che vengono richiesti alla struttura in particolare da un’utenza giovane e con velleità di tipo sportivo, anche agonistico.
Il tutto, ovviamente, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze dei pazienti in una super specialità, rappresentata dall’ortopedia super specialistica di tipo protesico e artoscopico, fornendo prestazioni di altissima qualità ed evitando anche i tempi di attesa, ormai una costante del sistema sanitario pubblico a livello nazionale.

Ad oggi, il Policlinico di Monza è in grado di accogliere i cittadini con tempi di attesa che non superano il mese di attesa per la chirurgia protesica e circa 40 giorni per quanto riguarda la chirurgia artoscopica. Il paziente viene convocato anche prima dell’intervento per effettuare tutti gli esami del prericovero con l’internista, l’anestesista e il cardiologo. Attraverso gli esiti si valuta la fattibilità dell’intervento. La data del ricovero viene mantenuta nel 99,9% dei casi, applicando la metodica del fast track, con il paziente che viene accolto la sera prima dell’intervento e viene informato, passo dopo passo, su ciò che accadrà prima, durante e dopo l’operazione. L’intervento solitamente viene eseguito in giornata e già nel corso della giornata successiva risultano evidenti i benefici dell’operazione. Il quarto giorno, poi, sono previste le dimissioni, con il paziente che viene inviato presso un centro riabilitativo per essere seguito nella fase riabilitativa da fisiatri e fisioterapisti.

Un successo sotto tutti punti di vista, certificato dai numeri e dalla soddisfazione dei numerosi utenti che si sono rivolti e si rivolgono al reparto albenganese gestito dal Policlinico di Monza e reso possibile grazie alla professionalità eccelsa del personale medico, guidato dal professor Ferdinando Priano, direttore scientifico in Ortopedia e Traumatologia – Area Liguria, del personale infermieristico, capitanato dalla coordinatrice degenza dottoressa Martina Zerbone, e di quello amministrativo, gestito in prima persona dal referente dottoressa Federica Figini.

A spiegare i punti di forza, ma anche gli interventi specifici che vengono eseguiti all’interno del reparto di eccellenza albenganese gestito dal colosso lombardo con sede a Monza, ci ha pensato lo stesso dottor Priano, chirurgo ortopedico nato a Genova, che ha sempre lavorato prevalentemente in Liguria, e che, da settembre 2017, riveste il ruolo di responsabile del reparto del Policlinico di Monza presso l’ospedale di Albenga.
“Si tratta di un’unità operativa di alta qualità, all’interno della quale mi sono inserito in maniera molto buona: sono contento di questa scelta. Il reparto offre a tutti gli utenti, liguri e non, un ottimo programma ed un servizio di altissima qualità nella chirurgia ortopedica e in particolare nella chirurgia ortopedica di elezione, ovvero nella chirurgia protesica (anca, spalla, ginocchio e caviglia) e artroscopica (ginocchio, spalla, anca e caviglia). I pazienti scelgono questa struttura proprio grazie all’alta qualità del servizio offerto e della chirurgia, ma anche per via dei tempi di attesa decisamente ridotti rispetto all’ospedale pubblico”.
“Dall’inizio dell’anno abbiamo messo in atto oltre 400 interventi specificatamente suddivisi in protesica di ginocchio, anca e spalla, e artroscopia di anca, spalla, ginocchio e caviglia, oltre a tutti gli interventi di sport medicine, che ci vengono richiesti in particolare da un’utenza giovane con velleità di tipo sportivo anche agonistico”, ha spiegato il direttore scientifico in Ortopedia e Traumatologia – Area Liguria.

Scendendo nello specifico, poi, Priano ha spiegato nel dettaglio il funzionamento di un’anca sana, le principali patologie che possono colpirla e le varie tipologie di intervento che vengono eseguite all’interno del reparto gestito dal Policlinico di Monza.
“La tipologia di intervento che effettuiamo con maggiore frequenza è sicuramente la chirurgia protesica d’anca. Un’anca sana, per dirla ‘alla maniera storica’, è un’articolazione che ci garantisce la deambulazione e ci permette di stare in piedi, stare seduti e accovacciati. È un po’ come dire: ‘Datemi un appoggio e solleverò il mondo’. L’articolazione dell’anca ha come appoggio il bacino e il cotile (una parte del bacino) e, come fase di sostegno, la testa del femore, che garantisce un movimento completo di tutto l’arto. Un’anca per essere sana deve avere un cotile, una testa e un collo del femore assolutamente perfetti. Quando nascono dei meccanismi di tipo degenerativo o infiammatorio si possono formare patologie all’anca come la coxartrosi, la coxalgia da insufficienza muscolare, la necrosi della testa del femore e tutte le patologie del cercine cotiloideo (cioè della componente articolare delle parti molli dell’anca)”.
“Per quanto riguarda l’artrosi dell’anca, esiste una gradualità del trattamento in rapporto all’età del paziente. Nei pazienti giovani si può recuperare la mobilità dell’anca con un’artroscopia o con interventi di tipo mini-invasivo sull’articolazione. Quando l’evoluzione dell’artrosi è tale da determinare un’assoluta distruzione dell’articolazione, invece, sono indicati interventi di chirurgia protesica, che si applicano da anni in tutto il mondo (in particolare nel mondo ortopedico), ma hanno avuto un’evoluzione rapida in questi ultimi 5-6 anni soprattutto grazie al cambiamento dei materiali e nella garanzia di continuità, bontà e durata nel tempo del neo impianto articolare”.
E proprio grazie alle nuove tecnologie, il Policlinico di Monza può contare su impianti di ultima generazione, come ha spiegato Priano.
“Il Policlinico di Monza applica delle metodiche molto innovative nella chirurgia ortopedica dell’anca, che sono regolarmente utilizzate anche qui, ad Albenga. Innanzitutto va specificato che le vie di accesso all’anca possono essere varie: anteriore, laterale e posteriore. Presso il nostro reparto applichiamo tutte le tecniche mini-invasive di accesso all’anca e lo facciamo in maniera completa. Il secondo elemento importante è rappresentato dal tipo di protesi. Oggi le protesi sono state ridotte nelle dimensioni e sono migliorate nella qualità dei materiali. Al Policlinico usiamo tutti i materiali più moderni: tantalio, polietilene con vitamina E, ceramica-ceramica e anche tutte le protesi corte che evitano una resezione del femore molto importante”.
Infine, un focus sulla bontà delle proprietà delle nuove protesi e sulla loro durata nel tempo, con un occhio rivolto al futuro, alle nuove tecnologie che stanno prendendo piede.
“Oggi, in generale, una buona protesi può durare fino a 20-25 anni. Ci sono anche pazienti operati nei nostri centri ormai da 30-35 anni che continuano ad avere una buna funzionalità dell’articolazione. Molto dipende logicamente dalle sollecitazioni a cui il paziente sottopone il suo arto e la sua protesi nell’arco degli anni successivi all’intervento. Ma possiamo ipotizzare una durata anche fino a 25-30 anni. Dal punto di vista delle possibili novità future forse la più probabile e ricercata è la protesi biologica. Si tratta di uno scheletro composto da sostanze biologiche che viene ‘abitato’ dalle cellule del paziente mediante l’utilizzo di cellule staminali stromali e attraverso l’utilizzo di concentrati midollari che permettono la formazione di un neo tessuto osseo e quindi la formazione di una protesi all’anca che in realtà è composta nella maggior parte dei casi da componenti del paziente stesso”.
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