Vado L. Lo sport, si sa, fa bene alla salute e – anche in caso di patologie – deve sempre essere supportato da personale qualificato e competente. In tutto il mondo, in particolare, una persona su quattro non svolge attività fisica secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). In Italia solo il 33,6% delle persone con età compresa tra 18 e 69 anni è classificato come sedentario, cioè non fa un lavoro pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero (PASSI 2014-2017), mentre tra i bambini solo il 18% pratica sport per non più di un’ora a settimana (Okkio alla salute 2016).
Se da un lato è vero che tutti possono e devono fare sport per il proprio benessere, dall’altro lato è altrettanto vero che qualsiasi tipo di sportivo non deve mai sottovalutare gli aspetti medici legati alla propria attività (anche quando si tratta della visita medico sportiva annuale, importantissima e spesso sottovalutata). La promozione dell’attività fisica richiede un approccio multidisciplinare, con un ruolo centrale del settore sanitario, ma con grande interazione con altri settori, come l’istruzione, lo sport e la cultura, i trasporti, l’urbanistica e l’economia. L’esercizio fisico è un intervento sanitario efficace nel trattamento di numerose patologie croniche e, in termini di riduzione della mortalità, determina benefici simili a quelli ottenuti con interventi farmacologici nella prevenzione secondaria di patologie coronariche, nella riabilitazione post-ictus, nello scompenso cardiaco e nella prevenzione del diabete. Anche in patologie meno severe, come il mal di schiena e l’artrosi, i benefici dell’esercizio fisico sui sintomi e sulla qualità di vita sono molto rilevanti.
Il fisioterapista, dopo un’attenta valutazione delle condizioni cliniche del paziente, elabora un programma riabilitativo di esercizio terapeutico finalizzato al raggiungimento del migliore stato di salute possibile. Gli esercizi vengono eseguiti sotto il costante monitoraggio del fisioterapista durante la fase acuta, per poi impostare un programma di attività da eseguire al domicilio per aumentare l’autoefficacia. In letteratura la proposta migliore è rappresentata da programmi di attività con sovraccarichi che, secondo uno studio pubblicato nel 2014 sulla prestigiosa rivista British Journal of Sport Medicine (Lauersen et al., 2015) riducono il rischio di infortuni e inoltre hanno effetti positivi sia diretti (aumento della capacità di carico sia dei tessuti che delle articolazioni) sia indiretti (miglioramento della coordinazione e della tecnica).
Una tipologia di allenamento ad alta intensità (mirato al miglioramento di forza, resistenza, funzione motoria e ossigenazione) è rappresentata dal CrossFit, che consiste in un lavoro a corpo libero (piegamenti, salto della corda, corsa, trazioni alla sbarra) e con l’ausilio di bilancieri, manubri, kettlebell e altre attrezzature si effettuano diverse modalità di esercizi, in gruppo e sempre sotto l’occhio attento degli allenatori (coach). È una disciplina relativamente recente, nata negli Stati Uniti, che negli ultimi anni si sta diffondendo in tutto il mondo con una rete capillare di istruttori, debitamente formati e palestre (box) autorizzate. In una recente revisione sistematica della letteratura di Meyer et.al che include risultati di 2326 atleti, gli autori concludono che il CrossFit non è più pericoloso di altri sport riguardo al numero di infortuni.
Il fisioterapista è uno specialista del Movimento con una profonda conoscenza dell’anatomia e della fisiologia umana. Tante volte rappresenta la professione sanitaria di primo contatto e, a dispetto dei luoghi comuni, non cerca di risolvere i problemi vietando alle persone le attività sportive che amano. Al contrario, il fisioterapista aiuta l’atleta a capire come utilizzare al meglio il proprio corpo negli sport che pratica. Il fisioterapista, collaborando con i coach di CrossFit, può giocare un ruolo importante nel miglioramento delle prestazioni e nella gestione degli eventuali infortuni.
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