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Serie D, dentro il disastro Albenga. Il portiere Perucca: “Bisazza deve stare lontano dallo sport, una bugia dietro l’altra”

Gli ultimi cinque mesi, per chi giocava nel club ingauno, sono stati uno strazio: "A dicembre allenamenti senza giubbotti, noi portieri ci allenavamo da soli. Per pulire questa categoria bisogna far giocare chi merita, non chi porta sponsor. Eravamo soli"

perucca

Albenga. Una lunga chiacchierata sui mesi passati ad Albenga quella che l’ex portiere Alberto Perucca ha rilasciato ai microfoni di IVG Sport. Abbiamo ripercorso insieme i 5 mesi, quelli più duri, che ha passato il club ingauno, raccontati da chi effettivamente li ha vissuti da dentro.

Perucca veste bianconero per la prima volta a fine ottobre, e subito si contraddistingue in campo per la mole di parate che riesce ad operare. D’altronde arriva con un curriculum alle spalle importante. Il classe 1995 ha militato in diverse squadre di Serie D, oltre che nel Leganes in Spagna e nel Lugano in Svizzera. Ad Albenga era venuto per cercare di lottare per la salvezza, ma si è trovato in una situazione del tutto surreale.

Alberto, cosa ti ha portato ad Albenga e cosa hai trovato al tuo arrivo?

“Dopo una buona annata, mi erano arrivate diverse richieste in Serie D. È arrivata la chiamata dall’Albenga e, parlando anche con dei miei amici, mi avevano detto che la situazione non era proprio rosea. Ero arrivato poco prima dei vari problemi, ma pensavo di fare la lotta in campo, non contro la società. Pensavo solo di essere riuscito a trovare squadra vicino casa, essendo che oltre a giocare lavoro, ma sono sacrifici che faccio volentieri. Sapevo che sarebbe stato difficile fare dei risultati. Squadra nuova, non avevi tempo di preparare nulla, ma con la società non mi immaginavo mai una situazione così folle. Non avevo troppe informazioni disponibili, più o meno conoscevo la situazione ma non c’erano articoli come adesso. Noi giocatori sappiamo a volte molto poco e siamo anche poco tutelati rispetto ad altri lavori. Come è successo, una persona può ritirare la squadra da un giorno all’altro e può farlo. Sono arrivato ad Albenga senza procuratore essendo che mi autogestisco. Sono molto arrabbiato con la società, perchè per me è stato un danno non da poco, anche se per fortuna io non vivo solo di calcio. Ho anche un altro lavoro che mi ha aiutato, ma pensa chi con i soldi del calcio ci mantiene una famiglia, una ‘giocata’ come quella che ha fatto Bisazza (il quale non ha mai voluto rilasciare dichiarazioni al nostro giornale) ‘ammazza’ un giocatore“.

Ora siete svincolati, hai già cercato una nuova sistemazione?

Secondo le regole della FIGC, noi siamo svincolati, ma non ritesserabili. Abbiamo avuto questa deroga dalla Lega Serie D, ma non cambia la situazione. Il mercato è chiuso e, nel mio caso, essendo un portiere è difficile trovare squadra per quest’anno. Inoltre, questa regola è vincolata anche dalla scelta del Comitato Regionale. Se trovassi squadra in Puglia, per esempio, il Comitato può opporsi al mio tesseramento e non potrei giocare, magari invece in un’altra regione il tesseramento posso farlo. È veramente difficile a questo punto trovare squadra. È una situazione surreale perchè determinate regioni possono dire che si falsa un campionato se poi tu, a poche giornate dalla fine, ti rendi decisivo”.

Il tuo ex compagno di squadra Di Porto ci ha raccontato (qui l’articolo) che era difficile sopravvivere. Tu come hai fatto?

“Sono riuscito a sopravvivere grazie ai soldi del mio lavoro, ma non del calcio. Facendo entrambe le cose ho sempre avuto una giornata molto piena, in più sul campo non arrivavano i risultati per colpa nostra. Facevo un’ora di macchina ogni giorno per allenarmi, e i nostri sforzi non sono mai stati riconosciuti dalla società. Se tu pensi a cosa può comprendere una società di calcio, all’Albenga mancava. Il giorno prima della partita con il Ligorna i ragazzi erano stati quasi sfrattati, ristoranti non pagati, 180 mila euro di debiti con Macron. Era una società che aveva buchi da tutte le parti. Nel male non mi pagare, ma un ragazzo ha diritto di mangiare e avere un tetto sopra la testa“.

E sulla questione minacce dei tifosi prima della mancata presenza contro l’Imperia?

Non ci ha mai minacciati nessuno, ad Imperia non siamo andati per nostra libera scelta. Ai ragazzi feci un discorso: va bene giocare in Serie D, ma nella vita sono altre le cose che contano, come mangiare, bere e dormire. Quello che ho vissuto lì a livello societario era follia. Eravamo un bel gruppo e sono tutti bravi ragazzi e per fortuna, se non lo fossero stati si sarebbe rotto lo spogliatoio e sarebbero successi disastri”.

Hai vissuto una situazione difficile da commentare, ma in Serie D non è la prima volta che una società finisce nel baratro. Cosa bisognerebbe fare per rendere la categoria più sicura e meno instabile sotto certi aspetti?

“La Serie D è un campionato dove si passa da chi prende 7 mila euro al mese a chi non ha i soldi per vivere. Bisogna iniziare a dare spazio alla meritocrazia dei giocatori. Per me deve iniziare a giocare chi merita di stare in campo, non chi porta lo sponsor per fare curriculum. Non capisco come puoi costruirti una carriera giocando un anno in Serie D. Poi bisognerebbe pulire la categoria da certi elementi, così come in Serie C. Ho vissuto una moltitudine di situazioni al limite in queste categorie. In tanti non si espongono perché hanno paura, sono terrorizzati di fare una dichiarazione che potrebbe ascoltarla l’amico del presidente o il procuratore che potrebbe non farli più giocare in certe squadre. Allora è meglio stare zitti e subire? Per pulire il calcio bisogna fare nomi e cognomi, Bisazza non può esistere in una società e non deve più operare in un qualsiasi sport. Non esiste che un presidente tolga la squadra dal campionato a 11 giornate dalla fine”.

Poi ad un certo punto arriva il ritiro della squadra. Come è andato quel momento?

“Il momento del ritiro della squadra è stato strano. Qualche giorno prima Bisazza ci aveva avvertito del fatto che il giovedì ci avrebbe pagato, ma quel giorno è arrivata solo la sua decisione di ritirare la squadra, secondo lui maturata nella notte. Ci ha riempito di bugie e, secondo me, questa decisione è stata ponderata diverso tempo prima. Se questa storia può insegnarci qualcosa, è che Bisazza e il suo entourage devono stare lontani dallo sport. Hanno commesso troppi danni ad una società piena di storia e a ragazzi che hanno voglia di mettersi in mostra e giocare”.

Entrando invece nei meriti della squadra, l’allenamento come si svolgeva?

Noi portieri eravamo soli, abbandonati a noi stessi. Allenavo io i portieri perché il preparatore, essendo che non era stato pagato, aveva deciso di andarsene. Con Galletti ci mettevamo a fare gli esercizi in pochissimo tempo, prima che arrivassero gli altri compagni a calciare. Era tutto tranne che professionale, impossibile allenarsi così. Arrivavo alla domenica consapevole di non essermi allenato in settimana, era veramente difficile arrivare alla partita preparati con una preparazione simile. L’allenatore Massa? Preferisco non parlarne”.

Se avevate un problema con chi parlavate? Avete mai parlato con qualcuno della società che non fosse Bisazza?

Parlavamo solo con Bisazza. Impossibile in Serie D non potersi interfacciare con certe figure della società. Se avevamo dei problemi al campo dovevamo tenerceli. Il magazziniere Agostino cercava di non farci mai mancare nulla, ma a dicembre ci allenavamo solo con la maglietta a maniche corte e una termica, mancavano addirittura i giubbotti per le trasferte. Bisazza un giorno è arrivato con un foglio, dicendo di scriverci le taglie per gli indumenti. Sono mai arrivati? Io non li ho mai visti. Questa scena è stata fatta un paio di volte, alla fine è il gruppo che risolveva questi problemi. Era una bugia dietro l’altra. Se fai il presidente, hai l’obbligo di pagare i tuoi giocatori. Se manchi a questo tuo dovere, viene poi tutto difficile. Non si può pensare di vivere con il nulla, infatti quelli prima di noi sono andati via giustamente. Se in un qualsiasi altro lavoro il capo non mi paga, sfido chiunque a rimanere a lavorare e magari portare il pane a casa. Tanti ragazzi più piccoli sono rimasti per la questione Serie D, ma due o tre partite in più in quelle condizioni non ti portano a niente e non servivano se non per dare ragione a Bisazza. Questo non era calcio, e infatti ci ha lasciato in mezzo ad una strada finendo una stagione senza prendere nemmeno un soldo”.

Cosa ti porti da questa esperienza?

Di tutta questa storia mi porto dentro molto dispiacere. Per i compagni e soprattutto per i tifosi, sono sempre venuti allo stadio e non ci hanno mai abbandonato, oltre ad assistere ad uno scandalo sportivo simile. Nonostante avessi ricevuto offerte dopo essere arrivato ad Albenga, ho deciso di rimanere per il rapporto che avevo ed ho con la città, mi hanno sempre trattato bene dal primo all’ultimo momento, non posso che ringraziarli. Mi spiace inoltre che questa società debba ripartire dall’Eccellenza se non da più in basso, tutto questo è senza senso ed è totalmente gratuito”.

 

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