Celle Ligure. “Andavamo sempre, ogni mattina, in quel posto dopo il Bouffou, dove il mare soffia. Anche ieri ci siamo spinti fino lì”. È un risveglio freddo per Celle. Ci si mette il tempo, con le temperature di poco al di sopra dello zero, ci si mette il dramma che ha spezzato un intero paese, solo poche ore fa.
E, in questa mattina di inizio dicembre, con il sole che non vuole riscaldare niente e nessuno, ci parla chi ha visto Renato Zunino per l’ultima volta, ieri. Poco prima che di lui si perdessero definitivamente le tracce.
“Come ogni giorno ci siamo visti. Leggermente in ritardo rispetto alle abitudini. Le solite chiacchiere, quelle di sempre, lo stesso percorso, le stesse tappe di questi anni. Il nostro posto, al Bouffou. Poi, veniva tardi, e dai Piani, siamo tornati perché dovevo andare a lavorare”. È naturalmente commosso, la voce si spezza di tanto in tanto nel racconto di un addio che pesa enormemente a Franco Abate, lui, l’amico di Renato, l’amico di una vita e a una comunità che ancora oggi è incredula.
“Eravamo come fratelli“. Un epilogo patito fino all’ultimo istante quando veramente le speranze di un’intera giornata sono svanite. E Franco continua il racconto di quell’ultima passeggiata. Lo ascolto e mi commuovo. “Siamo tornati in centro, l’ho accompagnato a prendere il pane”.
Qual è l’ultima immagine impressa negli occhi, di Renato Zunino? “Lui che attraversa la strada e va verso il suo ufficio“. Poi il nulla.
Renato che torna ai Piani. Verso il mare. Quel mare “che soffia”. Un afflato scuro e gelido come la notte, quando non ti vuole fare dormire. Quel soffio nostalgico che ha restituito Renato alla sua Celle.