Sensibilizzazione

Giornata contro la violenza sulle donne, a Loano doppia cerimonia alle Panchine Rosse: a Palazzo Doria l’opera dell’artista Piter Wolf fotogallery

Presenti le autorità del territorio, le associazioni e gli studenti di Falcone e istituto comprensivo

Giornata contro la violenza sulle donne, le celebrazioni a Loano

Loano. Oggi, lunedì 25 novembre, il Comune di Loano ha celebrato la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e che ricorre ogni 25 novembre: in questa data le Nazioni Unite invitano governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani.

A partire dalle 8.45 si è tenuta una doppia commemorazione presso le Panchine Rosse situate accanto a Palazzo Kursaal e in piazza Italia (quest’ultima dedicata anche ai minori vittima di violenza assistita). Alla breve cerimonia hanno partecipato il sindaco di Loano Luca Lettieri con i membri dell’amministrazione comunale, il questore di Savona Giuseppe Mariani, i consiglieri regionali Sara Foscolo ed Angelo Vaccarezza, i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e di Anpi, il centro antiviolenza “Artemisia Gentileschi” e una delegazione di studenti dell’istituto Falcone e dell’istituto comprensivo di Loano-Boissano.

A seguire, nell’atrio di Palazzo Doria, si è tenuta la presentazione dei tre monoliti realizzati dall’artista Piter Wolf su invito del critico d’arte Pierluigi Luise. Wolf ha creato tre monoliti concepiti per deteriorarsi progressivamente sotto l’azione del sole e delle intemperie. Queste opere, destinate a un’inevitabile auto-distruzione, rappresentano per l’artista l’aspirazione a un futuro in cui la violenza contro le donne sia completamente cancellata, sparita come piaga sociale. Un messaggio simbolico e potente che, attraverso la dissoluzione lenta della materia, trasmette la speranza di una società veramente libera dalla violenza di genere.

Si legge su uno dei tre manufatti: “La violenza contro le donne è una piaga sociale che va combattuta con determinazione. Ogni donna merita di vivere libera dalla paura e dalla violenza; il rispetto per le donne è essenziale per una società moderna. Dobbiamo unirci per porre fine a questa ingiustizia e creare un mondo in cui ogni donna possa prosperare senza paura”.

Spiega il critico d’arte Pierluigi Luise: “I monoliti simboleggiano l’origine della razza umana, rappresentando metaforicamente le donne e le cicatrici che esse hanno portato con sé, inflitte nei secoli da uomini privi di empatia e rispetto. L’autore dell’opera Piter Wolf, intende denunciare il degrado umano e l’assenza di rispetto nei confronti della donna, utilizzando il monolito come simbolo della sofferenza inflitta, ma anche della resistenza. L’opera suggerisce che, così come il tempo consumerà fisicamente il monolito, anche questa piaga sociale possa un giorno sparire dalla faccia della Terra, lasciando spazio a un futuro di uguaglianza e dignità per tutti. Ogni atto di violenza su una donna è una cicatrice sulla coscienza dell’umanità, un crimine che avvelena chi lo compie e sfigura il volto di tutti noi. Ignorarlo è come sporcarci le mani di quel sangue.”

E ancora: “La violenza contro le donne è condannata pubblicamente a livello globale, ma tale condanna spesso resta confinata a slogan e dichiarazioni formali che raramente si traducono in azioni efficaci e durature. Le istituzioni esprimono solidarietà in occasione di giornate internazionali e di momenti di particolare emergenza, ma, in molti casi, destinano risorse limitate ai centri antiviolenza e ai programmi di supporto. Questa carenza di impegno concreto vanifica la promessa di protezione alle vittime e lascia spazio a un vuoto istituzionale che le espone a continui rischi. Anche il sistema giudiziario, fondamentale per garantire la tutela delle donne, non sempre risponde adeguatamente: sentenze troppo lievi e un’attenzione insufficiente ai segnali di abuso (sebbene spesso chiaramente individuabili) rendono possibili tragiche conseguenze. Anche i media contribuiscono a questa ipocrisia. Pur promuovendo campagne di sensibilizzazione, spesso raccontano episodi di violenza come atti legati a ‘gelosia’ o a ‘passioni incontrollate’, banalizzando il fenomeno e mancando di inquadrarlo come una problematica sociale e culturale. Sul piano sociale, inoltre, persiste una cultura di colpevolizzazione della vittima. Frasi come ‘perché non ha lasciato prima il partner violento’ riflettono un atteggiamento giudicante che rende difficile per molte donne trovare comprensione, supporto e un sostegno reale”.

“Superare questa ipocrisia richiede un impegno autentico e multidimensionale, che coinvolga le istituzioni, la cultura e l’educazione. Solo con azioni concrete e un profondo cambiamento culturale possiamo sperare di costruire una società in cui le donne vivano libere dalla paura e dalla violenza”, conclude Luise.

Il centro antiviolenza “Artemisia Gentileschi” si occupa di accoglienza, consulenza, sostegno, protezione a favore di donne vittime di maltrattamenti, violenze, abusi. E’ un’associazione che basa la propria azione sull’impegno volontario delle associate. E’ uno spazio aperto a tutte le donne, senza distinzioni di religione, etnia, politiche e sessuali, il cui scopo è favorire la crescita di un soggetto femminile autonomo. L’accesso al centro avviene attraverso un primo contatto telefonico: i numeri 0182.571517 e 019.670184 sono attivi 24 ore su 24; una volontaria gestisce l’accoglienza telefonica e diretta dando alla donna un appuntamento per l’ascolto di persona in una delle sedi operative. Tutte le operatrici volontarie hanno una specifica formazione sulla metodologia dell’accoglienza e dell’ascolto. Durante il colloquio di accoglienza, le volontarie presenti in turno ascoltano la donna e comprendono il suo disagio e l’esperienza negativa vissuta; chiarificano le sue richieste, indirizzandola ai servizi offerti dall’associazione come ad esempio la consulenza legale o psicologica o, nei casi più gravi, l’allontanamento e l’inserimento in una casa rifugio.

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