Sciopero gentile

Sciopero degli ombrelloni nel savonese, il grido di dolore dei bagni marini: “Non avere certezza del futuro è drammatico” fotogallery

Ad Alassio c'è chi è operativo ininterrottamente dal 1910: "Sapere che l'anno prossimo potremmo non esserci fa effetto". Adesioni oltre l'80%, ma c'è anche chi è perplesso dalla protesta: "Se ne accorgono in 12..."

Savona. “Noi abbiamo ricevuto proprio quest’anno il certificato di ‘azienda storica d’Italia’, siamo qui dal 1910. Sapere che l’anno prossimo potremmo non esserci fa effetto… la storia della balneazione di Alassio verrà interrotta bruscamente per una legge che riteniamo assolutamente non applicabile alla nostra categoria. E gli indennizzi non servono a nulla“.

A parlare è Pierfranco Gandolfo, dei bagni Selin di Alassio. E’ uno dei tanti gestori di stabilimenti balneari che questa mattina, nel savonese, ha deciso di aderire allo “sciopero degli ombrelloni”: una protesta di due ore per protestare contro l’applicazione della normativa Bolkestein e la “fine” delle concessioni balneari come le conosciamo oggi.

Le ragioni della protesta

La protesta, di carattere nazionale, è stata annunciata nei giorni scorsi da Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano Balneari aderente a FIPE/Confcommercio, e Maurizio Rustignoli, presidente di FIBA/Confesercenti: “Governo e Parlamento non hanno emanato alcun provvedimento legislativo chiarificatore che salvaguardi la balneazione attrezzata italiana tutelando il nostro lavoro e le nostre aziende. Sono rimasti inascoltati tutti gli appelli provenienti non solo da noi, ma anche da Comuni e Regioni di ogni orientamento politico. La messa a gara delle nostre aziende non è una eventualità ma una realtà, lo hanno già fatto decine di Comuni senza direttive legislative e con modalità diverse, perlopiù in assenza di alcuna tutela dei concessionari attualmente operanti. “E’ lo scenario peggiore che gli imprenditori balneari potessero avere. Di fronte a tutto questo è impossibile restare in silenzio, ma doveroso protestare”.

Le testimonianze nel savonese

In provincia di Savona, come aveva già annunciato il presidente del Sib Enrico Schiappapietra, la protesta ha coinvolto la grande maggioranza dei balneari: “Siamo oltre l’80% di adesioni – annuncia – Noi chiediamo regole chiare e applicabili, ormai da 14 anni. Lo facciamo per noi, per le nostre famiglie e quelle dei nostri dipendenti. Anche se abbiamo costruito un’azienda su un terreno dello Stato lo abbiamo fatto con fatica, ed è anche giusto che, nel momento in cui lo Stato decide di mettere a gara questo terreno, il nostro lavoro ci venga riconosciuto. Se io parcheggio una vettura su un posto auto, e il Comune mette a bando quel posto, non posso regalare le chiavi della vettura a chi vince quel parcheggio”.

“Dopo tante promesse, purtroppo siamo dovuti arrivare a questo punto – racconta Franco Beiso, presidente gruppo Bagni Marini di Celle Ligure – Uno ‘sciopero gentile’, che incide poco, ma con speranza per il futuro”. Un futuro che definisce “molto ingarbugliato: stiamo sempre aspettando l’Europa che però, per il momento, non si fa viva”.

Gli fa eco Paolo Guastavino, presidente della “gemella” associazione Bagni Marini di Celle Ligure: “Noi vogliamo sensibilizzare il Governo perché faccia qualcosa per risolvere questo problema, che si trascina da 15 anni. Non è una protesta ‘contro’ il Governo, è solo una sensibilizzazione per cercare di sveltire il più possibile le pratiche. Come stiamo vivendo questi mesi? Assolutamente malissimo: non avere certezza del futuro è drammatico, per noi e per le nostre famiglie”.

“Noi oggi volevamo dare un segnale – aggiunge Emanuele Schivo, presidente dell’Associazione Bagni Marini di Alassio – Trovare un momento di riflessione con i nostri clienti per far capire che potrebbe essere l’ultimo anno che ci trovano su queste spiagge. Sono decenni che viviamo con loro, li abbiamo visti crescere e loro hanno visto noi, erano piccolini, ora sono adulti, hanno figli. Ci sentiamo dentro questa attività. Quello che sta succedendo ha un lato oscuro che vorremmo in qualche maniera portare alla normalità”.

“Nonostante si sia ottenuta una mappatura – prosegue – dalla quale è emerso che le coste non sono piene di concessionari, che il signor Bolkestein quando era venuto in Italia aveva detto che noi non c’entriamo nulla con la direttiva servizi, nonostante sentenze della Corte Europea, ci troviamo con una scadenza al 31 dicembre 2024 e con alcuni soggetti che dicono che già quest’anno non dovremmo esserci. Cercare a qualunque costo di estromettere i concessionari rispetto a uno qualunque diventa qualcosa di complicato e pericoloso, anche a livello sociale: noi siamo tutte famiglie molto piccole, micro imprese. La mia impresa viene gestita da me, mio fratello, mia moglie e sua moglie. Se l’anno prossimo non saremo qua, saremo disoccupati. E non è detto che i nostri dipendenti poi trovino lavoro ancora qui. Mi auguro che almeno loro possano continuare, ma non è detto perché il personale potrebbe essere portato da fuori”.

Adesione particolarmente alta a Loano, dove si supera il 90%: “Siamo molto arrabbiati col Governo, che ha lasciato sia noi balneari che i Comuni completamente soli e abbandonati – spiega Marco Zappa, presidente del Sib loanese – Non è possibile non avere ancora il decreto attuativo con le linee guida per le gare a pochi mesi dalla scadenza delle concessioni. Per prepararsi occorre tempo per prepararsi e senza linee guida il rischio è che i Comuni, che dovranno preparare le gare, siano esposti a decine di ricorsi. Il Sib aveva già previsto altre due azioni di protesta, il 19 e 26 agosto, ma le ha sospese perché il Governo ci ha promesso che qualcosa farà”.

“Noi non vogliamo fare casino a tutti i costi – aggiunge – ma arrivare al decreto attuativo a settembre potrebbe essere comunque tardi. Il rischio è il disastro, con ricorsi e possibile danno erariale a carico dei Comuni. Perché ricordiamo che non ci sono solo le spiagge ma anche chioschi e giostrine e molto altro in ballo. Certo, la categoria potrebbe organizzarsi in autonomia per promuovere le gare con i Comuni, ma senza indicazioni comunque si rischia di sbagliare e, come detto, essere oggetto di ricorsi”.

C’è anche chi è perplesso

Non mancano comunque anche i concessionari non convinti, se non apertamente contrari. C’è chi pensa che senza una partecipazione totale non valga la pena fare nulla. C’è chi vorrebbe un’azione più forte: “Io avrei dato un messaggio molto più potente, non aprendo proprio a inizio stagione” ci sussurra un altro gestore di stabilimento ad Alassio. E chi, più semplicemente, ritiene ingiusto penalizzare i clienti (privati di un servizio regolarmente pagato).

Tra questi ci sono ad esempio i Bagni Sergio, ad Alassio, proprio accanto ai Selin. Il contrasto tra ombrelloni aperti e chiusi è evidente. Teoricamente anche i Selin “dovrebbero” averli aperti: “Ad Alassio ci sono due associazioni, e io appartengo a quella che ha deciso di non aderire alla protesta. Ma partecipo lo stesso contravvenendo alle direttive – spiega Gandolfo – secondo me, se lo sciopero va fatto, devono farlo tutti. Queste divisioni non portano mai da nessuna parte”. Anche se la formula scelta, secondo lui, ha un difetto: “La chiusura fino alle 9.30 toccherà ben poco i bagnanti, che di solito arrivano abbastanza tardi a spiaggia”.

Anche gli storici Bagni Savona, nel capoluogo, aderiscono con qualche perplessità: “Questo sciopero ha senso, peccato però che se ne accorgano 12 persone – spiega Marcello Rocchieri, titolare dello stabilimento da 40 anni – ma magari il prossimo sarà più ‘pesante’ e se accorgeranno tutti. Questa è un’azienda a tutti gli effetti, che dà lavoro a 15 persone; in 40 anni abbiamo investito tanto, abbiamo ristrutturato i i bagni 4 volte. Se l’associazione organizzerà un secondo sciopero noi certamente aderiremo”.

Ombrelloni chiusi anche in tutti gli stabilimenti vicini, il litorale del Prolungamento a Savona si presenta stranamente “off”. Ma l’impressione, parlando con i vari addetti ai lavori, è che lo sciopero sia più “scenografico” che reale: i bagnanti sono ancora pochi, molti ombrelloni sarebbero chiusi comunque, e la sensazione di diversi gestori è che sia sostanzialmente inutile. “Abbiamo aderito allo sciopero come tutti ma l’orario non lo condivido, è troppo presto – racconta Vico Piccinaglia, da 20 anni ai Bagni Aurora – La gente ormai viene più tardi, non sono più mattinieri. Se ne accorgeranno in pochi di questo sciopero”.

Questo sciopero serve a poco – fanno eco ai Bagni Iris – solo a creare problemi alle poche persone che vengono la mattina cioè anziani e bambini. Andrebbe fatta una manifestazione che crei ‘problematiche’ al Governo, non ai clienti che hanno già pagato la stagione”. Anche qui però l’emergenza è sentita: “Purtroppo la Bolkestein crea problemi da 15 anni, i concessionari non avendo certezze non investono più perché non sanno se il prossimo anno ci saranno. Il rischio, ora, è che arrivino i grandi colossi ad investire e sarebbe un problema. Queste sono vere e proprie aziende, che danno lavoro a intere famiglie, e questa cosa va riconosciuta”.

Allineata la posizione di Giacomo Puppo, la cui famiglia è proprietaria dei Bagni Nilo dal 1958: “Abbiamo aderito a questo sciopero, come tutti, ma fatto in queste ore della mattina serve a poco”. Che sulla Bolkestein dice: “Se aumentassero la quota almeno per noi non sarebbe un problema, pagheremmo quello che c’è da pagare. Penso che anche tutti gli altri concessionari condividano questo pensiero. Poi, è chiaro, andrebbero adeguati i prezzi di ombrelloni, cabine e lettini”.

“Non riusciamo ad investire da anni – denuncia – perché ogni volta ci dicono questo è l’ultimo. Noi abbiamo dovuto pagare, quest’anno, 30 mila euro di danni per la mareggiata: come facevo ad investire in altro sapendo della scadenza del 31 dicembre? Non siamo tutelati, queste sono vere e proprie aziende e il minimo sarebbe darci un indennizzo come concessionari uscenti. Se parteciperò alla gara? Certo”.

A Loano, uno stabilimento non iscritto al Sib (e che preferisce restare anonimo) ha deciso di non aderire, nutrendo seri dubbi rispetto all’utilità della protesta: “Che senso ha che io crei un disagio alla mia clientela? Perché dovrei costringere una donna anziana, magari venuta qui presto apposta per evitare il caldo delle ore centrali della giornata, a stare sotto il sole perché io devo tenere l’ombrellone chiuso? La vera protesta sarebbe stata quella di tenere gli ombrelloni chiusi per una giornata intera. Ma in ogni caso partecipare sarebbe stato impossibile. A giugno e luglio il tempo è stato tutt’altro che buono e la perdita economica è stata considerevole. Per non parlare dei ponti di primavera. In questa fase non ce lo possiamo permettere“.

Il balneare allarga poi il discorso descrivendo l’impatto della messa a bando delle concessioni: “Un esempio concreto. Fino a una quindicina di anni fa le aziende italiane specializzate nelle forniture per le spiagge erano poco meno di una ventina. Ora il loro numero si è ridotto drasticamente. Perché nessuno ovviamente si sente più di investire in nuovi lettini o nuovi ombrelloni. Calcolando quante aziende balneari ci sono nel nostro Paese, quanto incide questo sul Pil e sull’economia italiana, sull’occupazione?“.

Cosa dicono i clienti

E poi ci sono i clienti. La gran parte non si fa intervistare, ma qualcuno parla: “Noi veniamo qui da tantissimi anni, per noi ormai è come una famiglia – ci racconta una coppia ad Alassio – Se l’anno prossimo non dovessero esserci più gli attuali gestori, per quelli nuovi potremmo essere solo dei numeri“. Mentre per altri il timore è quello di perdere i propri “privilegi”, come i posti assegnati da tempo – magari in prima fila – e uguali tutti gli anni: i clienti sono abituati a routine che potrebbero cambiare.

Certo, c’è chi proprio felice dello sciopero non è: “Non sapevo nulla dello sciopero – racconta Francesca, a Savona – io guardo poco tv ma non c’erano nemmeno cartelli fuori dagli stabilimenti. Se lo avessi saputo sarei venuta più tardi sicuramente, non allo smonto notte pensando di riposare sotto il sole”. Scontenta anche Mafalda (“Non sapevo nulla di questo sciopero, e non credo serva a molto se non a crearci un disguido. Ora vado in acqua a farmi un bagno, e se non apriranno alle 9.30 me ne torno a casa: sotto il sole non ci sto”) e Enrica: “Questo sciopero mi crea disagi certo, sono in acqua da un’ora. Certo fa caldo e si sta bene coi piedi a mollo, ma avrei voluto stare anche sotto il mio ombrellone all’ombra“.

La maggior parte dei clienti, comunque, sembrano solidali con la protesta dei gestori: “Sapevamo dello sciopero certo, basta seguire i telegiornali o leggere, e non ci ha creato tutto questo disguido – spiegano Marcello e Graziella, marito e moglie – Non fa così caldo da non poter resistere un’ora e mezza. Chiaro che a nostro parere serve a poco, perché c’è poca gente in spiaggia a questi orari. Se volevano veramente creare un disservizio dovevano farlo nell’ora di pranzo”.

La pensa così anche Ivo: “A questo orario non serve a nulla, certamente un pochino di disagio me lo crea ma non troppo. Sopporto il caldo stando in acqua. Però, se posso dire una cosa, quando io scioperavo, scioperavo come lavoratore. Qua i bagnini e i gestori di bar stanno lavorando, non sono in sciopero, per cui è solo un disservizio al cliente e basta. Se si volesse scioperare veramente dovrebbero scioperare tutti, gestori compresi, e non chiudere solo gli ombrelloni. Cosa mi rappresenta? Senza tenere conto che pochi sanno il perché”.

Il futuro

I balneari erano pronti a ripetere la protesta anche il 19 e il 29 agosto, ma proprio ieri le due iniziative sono state revocate in attesa che, nei prossimi giorni, il consiglio dei ministri si pronunci in materia. In realtà, dietro le quinte, il governo italiano è al lavoro da tempo per evitare la piena applicazione della direttiva sui servizi, che enfatizza la necessità di una concorrenza anche nel settore balneare. Gli interessi in gioco non sono pochi (basti pensare che in Italia sono state assegnate oltre 12mila concessioni). Vista dalla prospettiva degli imprenditori, la questione non è solo “non voler mollare l’osso”, anche perché in ballo ci sono investimenti, posti di lavoro e “tradizioni di famiglia”, che ora rischiano di essere cancellati con uno “colpo d’asta”. Proprio per questo martedì, in una nota del Governo, è stata ribadita la volontà di inserire la modifica normativa in uno dei primi consigli dei ministri nel mese di settembre.

La speranza dei balneari è che alle dichiarazioni di intenti seguano i fatti: “Cosa succederà l’anno prossimo è un rebus molto difficile – spiega Schiappapietra – Le regole non esistono, quelle che ci sono non sono chiare tanto è vero che ci sono tantissime contestazioni e ricorsi”. “Il futuro? E’ tutto da scoprire – conclude Gandolfo – se non interverrà una normativa che tutti aspettiamo e che il governo si rifiuta di fare, questo per noi sarà l’ultimo anno”.

*hanno collaborato Nicola Seppone, Luca Berto, Paola Gavarone, Giulia Magnaldi, Gaia Cifone, Andrea Chiovelli

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