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Per un pensiero altro

Effetto Barnum

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Generico agosto 2024

“La religione è l’insieme dei rapporti dell’uomo con se stesso. O meglio con il proprio essere, riguardato però come un altro essere […] Tutte le qualificazioni dell’essere divino sono perciò qualificazioni dell’essere umano” scrive Ludwig Feuerbach in L’essenza del cristianesimo del 1841. Preciso sin d’ora, correndo il rischio di essere pleonastico, di non avere alcuna intenzione di scrivere di Feuerbach ma di utilizzare la sua affermazione in una prospettiva parallela e intrecciata ad alcuni aspetti della critica e dell’esegesi letteraria. Nulla di intellettualoide, come vorrebbe sempre essere questo tentativo di un pensiero “altro”, ma lungo la traiettoria indicata da Antonio Banfi nella sua prefazione al testo citato in apertura dove si può leggere: “Del pensiero di Feuerbach si può in un certo modo dire ciò che fu detto di quello socratico: che esso aveva portato la filosofia di cielo in terra. Il suo sforzo fu infatti quello di un’interpretazione umana e umanistica della vita e dei valori di cultura”. L’intento è di ricondurre all’uomo, non inteso come idea collettiva e astratta ma come ogni singolo individuo, il contributo di un pensiero che potrebbe coadiuvare ognuno nella comprensione di sé. Cosa ha a che fare questo con l’esegesi e la critica letteraria? L’idea, sempre libera e che non pretende di essere accolta come classica o istituzionale, è che, se è vero che ogni personaggio letterario è inevitabilmente l’espressione della creazione da parte dell’artista che lo ha colto in sé e rappresentato agli altri, sarà allora ipotizzabile conoscere criticamente lo stesso alla luce del contesto della trasposizione, confrontarlo con precedenti simili studiati dall’autore magari analizzando gli strumenti di comunicazione del momento, infine, sarà forse possibile tentare di indagare anche quella quota di inconscio che interviene nell’atto creativo dell’artista, quello che, ovviamente, nemmeno lui stesso avrebbe potuto illuminare, e così, man mano che si approfondisce la riflessione sul personaggio, si potrà fare altrettanto con lo scrittore.

Nella speranza che la premessa sia chiara e non troppo prolissa, possiamo affermare che Feuerbach sostiene che studiando Dio sarà possibile conoscere i suoi credenti e viceversa, allo stesso modo abbiamo precisato che studiando i personaggi sarà accessibile l’autore e viceversa, l’interrogativo, semplice eppure complesso, sarà allora: è possibile conoscersi analizzando la creazione pubblica di sé, il proprio riflesso nel contesto in cui si vive e, viceversa, comprendere la propria esteriorità riflettendo sul proprio essere più intimo? Mi sembra evidente che l’elemento più critico consista nel fatto che il soggetto dello studio coincida con l’oggetto dello stesso ma siamo sostenuti, nella difficile impresa, da eminenti personalità del settore: Sigmund Freud sosteneva di aver dato inizio alla propria ricerca partendo da una attenta indagine su se stesso, annotando i propri sogni, i lapsus e individuando le più tenaci resistenze interne che lui stesso opponeva alla propria disamina. Anche Erich Fromm, in particolare in L’arte di ascoltare, celebra l’attività dell’autoanalisi raccomandandola come rito quotidiano. Non è certo possibile sperare di avere successo in una sfida tanto complessa se non attraverso un impegno costante, eppure quanto spesso siamo distratti da infinite altre attività trascurando la persona con la quale intrecciamo un’intima relazione come non sarà possibile con nessun’altra. Già il dedicarsi del tempo, come sublime atto d’amore, potrà aiutare in un percorso di conoscenza e di serena convivenza. Prerequisiti fondamentali saranno una assoluta onestà verso se stessi e badare a non lasciarsi inghiottire nel cosiddetto Effetto Barnum”.

Taylor Barnum fu un famoso imprenditore circense del XIX secolo, si occupò con profitto e profondità della promozione delle proprie attività scoprendo che è un ottimo strumento pubblicitario cogliere le attese del pubblico per poter offrire quello che lo stesso, più o meno consapevolmente, si aspetta. La sua astuzia e intelligenza lo portarono addirittura a denunciare se stesso come mistificatore ma a noi interessa per il fenomeno che è stato battezzato col suo nome, poiché denuncia un pericolo serissimo nell’attività di autoanalisi: partire da un’idea di sé, ricercarne conferma e, necessariamente, finire per trovarla. Un simile itinerario non aiuta a incontrarsi davvero ma solo, e ribadisco, pericolosamente, a corroborare un giudizio a priori di sé che, spesso, serve solo a confermarci negli aspetti che di noi meno amiamo o, addirittura, dei quali ci vergogniamo. Paradossalmente siamo i più abili ingannatori di noi stessi e, nello specifico, l’inconsapevole raggiro serve solo a comunicarci sensi di colpa che siamo poi costretti a celare agli altri imparando dolorosamente a conviverci in segreto. Tipica conseguenza di questo approccio è il cosiddetto “rimuginio”, una sorta di sterile borbottio interiore intorno ad avvenimenti che ci hanno fatto del male o che pensiamo di aver gestito scorrettamente o dei quali, in qualche misura, ci reputiamo attori negativi così da non affrontarli o superarli ma da finirne inghiottiti accrescendo il malessere. Una sorta di falso pensare per non pensare davvero! Altro aspetto simile è il “ruminio”, riportare alla memoria l’emozione dolorosa senza mai metabolizzarla ma rimanendo imprigionato nella circolarità di una simile “dinamica sclerotica”. È utile ora sottolineare il primo dei due prerequisiti che abbiamo citato: l’assoluta onestà verso se stessi. Potremmo semplificare affermando che l’autoanalisi più che un ripensare è un costante sperimentare con la precisa consapevolezza che il ricordo è un continuo presentificare e modificare l’accaduto alla luce di chi, nel frattempo, si è divenuti. Se riconosciamo le costanti nel nostro ruminare il passato sarà possibile, certo non facile né sicuro, solo possibile, comprendere cosa si prova ora, interrogarci su come l’emozione sia cambiata, riconoscerne le permanenze e così individuare gli schemi mentali e comportamentali con i quali conviviamo e che costituiscono parte importante del “sé”.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.

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