Pallare. “Sono arrivato alla fine di un percorso, ora un’altra avventura“. Dopo sette stagioni finisce il rapporto tra la Cairese e Sergio Soldano, figura di riferimento del calcio ligure giovanile e non solo. Esperienze professionistiche ed internazionali, conoscenze di livello e un amore viscerale e incondizionato per questo sport.
L’ex responsabile del settore giovanile gialloblù si mette subito in gioco ma lo fa in una prima squadra: è lui il nuovo allenatore del Pallare, ripartirà dalla Seconda Categoria: “Noi argentini vediamo ogni categoria come la nostra Serie A“.
Mister, prima di tutto un tuffo nell’ormai passato. Cosa ti ha lasciato dentro la Cairese e come mai si è arrivati ad una separazione?
La mia esperienza con la Cairese è stata molto bella. Sono contento per la quantità di ragazzi che hanno esordito in Prima Squadra, quello era il mio compito. Devo solo ringraziare la società e la famiglia Boveri. Posso esserle solo grato e le faccio i complimenti per la vittoria dei playoff, di cui mi sono sentito un pochino partecipe. Dopo 7 anni è giusto anche cambiare. Una scelta mia. La società ha altre idee e allora ho preferito farmi da parte tranquillamente. Non c’è stato nessuno scontro. Sono arrivato alla fine di un percorso, ora vado per ora un’altra avventura.
E la tua nuova avventura si chiama Pallare
Conosco da una vita i dirigenti del Pallare. L’idea di portarmi con loro ce l’hanno sempre avuta. Quando ero andato via dalla Loanesi ero venuto qua a dare una mano, quando era presidente Bertone. L’ambiente lo conosco perfettamente. Matteo Siri lo conosco da quando aveva sei anni. Ci siamo sempre detti di fare le Prime Squadre insieme ed ora c’è l’occasione. Lo faccio soprattutto per amicizia con Mattia Sanna e Mauro Isnardi, ma anche per lo stesso Matteo. Un ragazzo molto determinato, a volte fin troppo. Tanti ragazzi li conosco avendoli anche allenati in precedenza.
Che cosa proverai a mettere a disposizione della squadra per affrontare il prossimo campionato di Seconda Categoria?
A me è sempre piaciuto formare. Anche se questi ragazzi sono già grandi e lavorano, per me si tratta sempre di fargli capire il senso del gioco. Così possono divertirsi, il nostro obiettivo. Ricordiamoci che siamo in Seconda Categoria. Vogliamo passare bene le giornate di allenamenti, cercando di imparare sempre qualcosa di nuovo. Non penso esista un’età dove si smette di imparare. Non è importante il risultato, ma il percorso. L’esperienza di nove anni di professionismo in Argentina segnano, così come quelle in Italia avute da calciatore, allenatore e dirigente. Noi argentini vediamo ogni categoria come la nostra Serie A. Basta vedere i ragazzi argentini della Cairese, Sogno e Gargiulo. Hanno vinto con l’Albenga e sono andati a Cairo per vincere di nuovo. Ce l’abbiamo nel sangue.
Sembri estremamente motivato
Io ho sempre avuto motivazione. Vedere i bambini che giocano in un campo da calcio mi fa andare subito a giocare con loro. Per noi argentini questo sport è tutta un’altra cosa rispetto alla sua concezione generale. C’è un grande filosofo in Argentina a cui hanno chiesto che cosa sia il calcio. Lui ha risposto: “La disputa tra 22 fratelli per colpa della mamma”, ovvero la palla.