Savona. Per una volta non sono gli automobilisti a tremare davanti a loro ma, in questo caso, tocca a loro farlo, di fronte ad una sentenza. Stiamo parlando di tutor e autovelox che sono finiti nel mirino dopo una sentenza della Corte di Cassazione che metterebbe di fatto fuorilegge centinaia di migliaia di autovelox e impianti per la rilevazione della velocità in tutta Italia.
È quanto suggerisce la vicenda di un avvocato di Treviso che ha vinto la sua battaglia legale contro il Comune veneto. Il principio sancito nell’ultimo grado di giudizio, in sintesi, sarebbe questo: per poter operare regolarmente un dispositivo deve essere omologato, e non solo approvato dal ministero dei Trasporti. Di conseguenza, le multe prodotte con apparecchi privi di omologazione sarebbero tutte impugnabili e passibili di annullamento.
Tremano, di conseguenza, anche i Comuni del savonese, dove sono presenti velox e tutor, vecchi e nuovi, divenuti autentico incubo per gli automobilisti: dagli storici velox sul Cadibona fino ai più recenti installati a Vado Ligure; dal velox di Cosseria, in Valbormida, fino al doppio controllo della velocità tra Pietra Ligure e Borgio Verezzi.
Entrando nello specifico, si tratta di procedure differenti, almeno in teoria: con l’approvazione viene autorizzato il prototipo secondo gli standard previsti dalla legge, con l’omologazione si accerta che l’apparecchio rispetti tutti i requisiti tecnici e si consente la riproduzione in serie. L’omologazione, inoltre, dovrebbe risultare indicata nei verbali di contestazione notificati ai trasgressori.
Di certo sul punto è stata fatta molta confusione negli anni. Ancora nel 2020 una circolare del Mit indirizzata ai produttori di dispositivi e ai comandi di polizia spiegava che nell’articolo 192 del regolamento di esecuzione del codice della strada “la terminologia usata dal legislatore porta inequivocabilmente a sostenere la totale equivalenza delle procedure di approvazione e omologazione, laddove i due vocaboli vengono utilizzati sistematicamente in correlazione tra loro”. Secondo il ministero la differenza è minima: per l’omologazione “esistono le relative norme tecniche di riferimento, europee e/o italiane, specifiche” per quel sistema, per l’approvazione no. Ma questo non significa – si legge nel testo – che gli impianti non omologati non si possano usare per accertare infrazioni.
Tuttavia non è la tesi dei giudici di Cassazione, che hanno aperto un precedente pericolosissimo per le casse dei Comuni italiani. “Le entrate prodotte da autovelox e simili cubano circa 6-7 milioni di euro all’anno, cifra che risulta dal rendiconto finanziario”, spiega l’assessore al Bilancio Pietro Piciocchi. Secondo dati del Codacons il capoluogo ligure sarebbe la terza città italiana per quota di incassi dai sistemi automatici di rilevamento della velocità. La redazione Genova24 ha provato a contattare l’assessore alla polizia locale Sergio Gambino per chiedere chiarimenti, ma finora non ha avuto risposta.
È invece improbabile che la decisione della Corte suprema possa dare il via a una raffica di ricorsi. Infatti, come ricorda proprio il Codacons, “la legge stabilisce criteri e tempi precisi per impugnare le sanzioni: dalla data di contestazione o notifica della violazione, 60 giorni davanti al Prefetto, ricorso gratuito ma che determina il pagamento del doppio della sanzione qualora l’istanza venga respinta, o 30 giorni dinanzi al giudice di pace, ma pagando il contributo unificato. Per le multe già pagate o quelle per cui siano scaduti i termini, non è possibile proporre ricorso“.
“Nel caso in cui sia ancora possibile contestare la sanzione, per avere certezze circa l’omologazione del dispositivo autovelox che ha accertato la violazione, occorre presentare istanza d’accesso presso il Comune dove è installato l’apparecchio e, una volta ottenuti gli atti, analizzare le specifiche tecniche sull’autovelox – prosegue il presidente Carlo Rienzi -. Una prassi tutt’altro che semplice, e che in ogni caso non porta all’annullamento automatico delle sanzioni. Siamo da sempre contrari all’uso indiscriminato degli autovelox come strumento per alimentare le casse comunali, ma il rischio è che la decisione della Cassazione sia interpretata come una bocciatura degli strumenti di rilevazione automatica della velocità e come un via libera al superamento dei limiti sulle strade, con conseguenze negative sul fronte della sicurezza stradale”.