Concludiamo con la composizione che ha dato la notorietà a Mussorgskij grazie al cartoon “Fantasia” di Walt Disney: “Una notte sul Monte Calvo” il cui titolo originale era “La notte di San Giovanni sul Monte Calvo”.
Come tutte le composizioni di Mussorgski, anche questa ha una storia complicatissima, conclusasi con la revisione dell’amico Rimsky-Korsakov.
Della «Notte sul Monte Calvo» si ha la prima notizia in una lettera del settembre 1860 in cui Mussorgski annuncia a Balakirev la volontà di comporre un’opera dove un intero atto fosse dedicato a «un sabba di streghe, diversi episodi di stregoneria, una marcia trionfale di tutta questa roba, finale – glorificazione del sabba».
Poi, per qualche anno il Nostro non riparlò più delle «Streghe», come le chiamava Mussorgski e la partitura è conclusa solo nel 1867, utilizzando anche un frammento di «Salambò» un’ altra opera rimasta incompiuta. Il lavoro, secondo la testimonianza di Rimski-Korsakov, era stato a un certo punto previsto per pianoforte e orchestra, sotto l’influenza di “Totentanz“ di Liszt.
Nel darne il programma («Raduno delle streghe, loro discorsi e bisbigli; corteo di Satana; glorificazione oscena di Satana e Sabba»), Mussorgski sottolineò: «Forma e carattere del mio lavoro sono russe e originali».
A cacciare quest’opera nel dimenticatoio provvide Balakirev, che espresse tali e tante critiche da far rinunciare Mussorgski a pubblicarla o ad eseguirla. Nel 1872 si parlò di un’opera-balletto, «Mlada», su musiche di Mussorgski, Rimski, Balakirev e Cui: la «Notte di S. Giovanni» fu modificata per esserci introdotta, ma anche anche questa volta il progetto naufragò. Negli ultimi anni di vita di Mussorgski, questo pezzo sfortunatissimo fu rielaborato come intermezzo per «La fiera di Sorocinski», altra opera non finita. In quest’occasione Mussorgski aggiunse il finale, «Poco meno mosso», dove il rintocco della campana scaccia le forze diaboliche annunciando l’alba.
Alla morte di Mussorgski, e al pari del “Boris” e della “Kovancina”, la “Notte di S. Giovanni” fini nelle mani di Rimski-Korsakov, che la rielaborò e riorchestrò: In questa versione, cui fu dato il titolo con il quale è oggi nota e la sua pubblicazione fu nel 1886; tre anni dopo, a Parigi, Rimsky-Korsakov la fece conoscere al pubblico occidentale e da allora è entrata stabilmente nel repertorio di tutti i direttori d’orchestra.
Per concludere queste poche parole su un genio immenso, l’arte di Mussorgskij era molto in anticipo, rispetto al suo tempo, sia sul piano ritmico che su quello armonico. In particolare, nei fraseggi vocali e strumentali si riscontra la tendenza a riprodurre le inflessioni del parlare quotidiano della lingua russa, quella del popolo, in particolare al quale il Maestro si sentiva legato indissolubilmente.
La scomparsa della madre e della donna amata, fecero precipitare Mussorgskij in uno stato depressivo, che aggravò ulteriormente il suo vizio del bere. In seguito a un attacco epilettico del quale soffriva, e a solo quarantadue anni, s’accasciò per strada. Non fu soccorso immediatamente, scambiato per un ubriacone in preda a una sbornia. Fu condotto in un ospedale militare e lì abbandonato, dove morì in solitudine. Pare che le sue ultime parole furono: «Tutto è finito, il dolore sono Io!». La sua tomba si trova al nel Cimitero Tikhvin del Monastero di Aleksandr Nevskij di San Pietroburgo.
Massimo Carpegna è direttore d’orchestra, critico musicale e compositore, con partiture lirico sinfoniche diffuse in mondovisione. E’ stato docente presso il Conservatorio di musica di Modena ed è Visiting Professor alla London Performing Academy of Music. Con “Classica&Dintorni” porterà i nostri lettori alla scoperta della musica classica e delle figure che ne hanno segnato la storia. Clicca qui per vedere tutti gli articoli.